Archivio

News

Gli ultimi articoli pubblicati

Antikythera:l’isola dei pirati

Antikythera:l’isola dei pirati
Add to Flipboard Magazine.

“Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo” (Johann Wolfgang von Goethe)

Siamo in Grecia a sud-est del Peloponneso, in pieno Mar Egeo dinanzi a Citera, su un isolotto di circa 20 chilometri quadrati posto a nord ovest rispetto all’isola di Creta. Benvenuti nella meravigliosa Antikythera. Anticamente chiamata Aigila o Ogylos, Antikythera ha un territorio roccioso con spiagge scoscese su cui spirano forti venti da nord e insenature naturali che nascondono storie piratesche. Alcune ricerche mostrano ad esempio che la cala di Xeropotamos si insinuava profondamente nel territorio generando un piccolo porto nascosto dietro una collina, la cui posizione, offriva riparo dall’impetuoso vento ma soprattutto dalle navi nemiche. Crocevia tra le rotte dal Mediterraneo occidentale verso l’Egeo e dalla Laconia verso l’isola di Creta, Antikythera tra il IV ed il I secolo veniva usata come covo e base da gruppi e comunità di pirati. Numerose sono le iscrizione trovate nelle isole limitrofe, testimonianti l’esistenza effettiva di scorribande tra i pirati di Antikythera e le navi da guerra dei popoli vicini. Arriviamo nei pressi della Baia di Xeropotamos, nella parte nord dell’isola.

Procedendo all’arrembaggio ci imbattiamo nella suggestiva fortezza di Kastro che ha delle mura davvero ben conservate e che raggiungono in certi punti anche i sei metri di altezza. Si notano numerose ed enigmatiche porte, edifici e misteriose scalinate di accesso alla città alta. Le rovine di questa città fortificata risalirebbero all’età ellenistica, costruite alla fine del IV-inizi del III secolo a.C., coprendo una superficie di circa trenta ettari. Le sue dimensioni fanno pensare che l’insediamento potesse ospitare tra le 800 e le 1000 persone. Procedendo nella nostra avventura entriamo in un “neosoikos”, una sorta di rifugio a mare scavato nella roccia dove solitamente gli impavidi pirati nascondevano le proprie navi mettendole al sicuro da sguardi indiscreti. Secondo alcuni studiosi il castello era un avamposto, una zona di sorveglianza della celeberrima città di pirati cretesi di Phalasarna. Tale considerazione può essere corroborata dalla disfatta che le comunità di pirati sia di Phalasarna che d’Antikythira subirono in contemporanea tra il 69 ed il 67 a.C quando cioè la potenza romana decise di sradicare una volta per sempre la pirateria nel Mar Mediterraneo. Una prima distruzione della roccaforte è sicuramente avvenuta nel secondo quarto del III secolo a.C., la seconda invece si è verificata all’inizio del I secolo a.C. in occasione della soppressione, ad opera di Roma, della rivolta del popolo di Creta. Tra i numerosi reperti rinvenuti durante gli scavi avvenuti nella città fortificata effettuati dall’equipe guidata dall’archeologo greco Aris Tsaravopoulos, sono emersi numerosi ed interessanti elementi che testimoniano con forza e con suggestione tutto quello che avveniva nelle scorribande dei pirati. Infatti si notano numerose punte di frecce, proiettili per le fionde e pesantissime palle di pietra da catapulta, colpi di piombo da fionda dalla caratteristica forma a mandorla che spessissimo riportavano particolari iscrizioni utili al riconoscimento del mittente. Ma quali erano i tratti salienti della pirateria nella Grecia antica? Quali tipi di imbarcazioni utilizzavano? Scopriamolo insieme. I pirati della antica Grecia giravano in lungo e in largo per il Mediterraneo usando delle imbarcazioni a trireme( a tre file di remi) costruite per la prima volta nel IV secolo a.C. ed usate dai greci solo nel V secolo. Per i pirati greci il Mar Egeo era il luogo ideale per le loro attività poiché era molto facile nascondersi tra le innumerevoli isolette ivi presenti, avvistando e depredando con più facilità  le malcapitate navi che passavano per quel lembo di mare. Le navi ricche di mercanzie erano solite navigare vicinissime alla costa e non amavano avventurarsi in mare aperto. In questo modo i pirati riuscivano con estrema facilità a svuotare e a saccheggiare le diverse imbarcazioni ricche d’ogni bene. Spessissimo i pirati attaccavano i villaggi prendendo in ostaggio gli abitanti per poi chiedere un riscatto o commercializzarli come schiavi. Il trasporto di oro e materiali preziosi a quel tempo era molto frequente, quindi molte popolazioni decisero di attrezzarsi per difendersi dagli attacchi dei pirati utilizzando le cosi dette galee da guerra. Le galee o galere erano navi che si muovevano solo grazie alla forza propulsiva dei remi e del vento, grazie all’ausilio conferito dalla frequente presenza a bordo di alberi che sostenevano le vele quadre o latine. Il termine galea deriva dal greco γαλέας (galeas), e vuol dire pesce spada poiché ne ricorda la forma. La caratteristica foggia allungata di tali imbarcazioni le rendeva davvero instabili durante le battaglie navali. Tra le diverse tipologie troviamo la pentecotera che ospita cinquanta rematori disposti su due file in gruppi da venticinque per lato, la liburna stretta e non molto grande, le quadrireme per poi arrivare alla mastodontica quinquereme che con le sue dimensioni impressionava i nemici.

 

redazioneBonVivre

Articoli correlati

Lascia un commento

Read also x