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In Turchia, un salto indietro nella storia

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turchiaFine Giugno 1990. Venne il turno della Turchia, una nazione che si stava industrializzando velocemente, era sempre stata una camera di decompressione tra Est e Ovest, una terra carica di leggende epiche e di storia, dalla casa della Madonna alla città di Troia, dalla città di San Paolo e anche luogo dell’innamoramento tra Antonio e Cleopatra a Galata, il quartiere genovese a Costantinopoli, dalla capitale dell’Impero Romano d’Oriente all’Impero Ottomano.

Ero già stato in Turchia, la prima volta da Odessa a Istanbul, via mare, la seconda direttamente in aereo ad Ankara, la capitale per un affare concluso positivamente. Quella volta avevo apprezzato il modo di fare delle persone, educate e rigide, alla tedesca e la cucina turca, in special modo l’”ayran” la bevanda di yogurth fresco salato.

Negli ultimi tempi avevo ricevuto molte richieste di macchine e informazioni, distribuite in tutto il Paese, per cui decisi che era giunto il momento di uno studio a fondo del mercato. Non avevamo agenti, ma una ditta di Ankara si era offerta, l’avrei visitata nel corso del viaggio che avevo deciso di fare in macchina.

Avevo spiegato il mio programma di viaggio al Principale e l’avevo anche preavvisato che c’era anche la possibilità che mi sarei fatto una decina di giorni di ferie.

Telefonai a un cliente e amico d’Istanbul che mi riservò una stanza all’Hilton, con uno splendido panorama sul Bosforo, poi presi l’aereo e mi trasferii.

Quella sera, l’amico m’invitò a cena sul Bosforo, ci conoscevamo da qualche anno, aveva nostre macchine ed era un simpaticone, mi venne a prendere con la fidanzata che presto avrebbe sposato, una ragazza molto bella e simpatica che conoscevo già.

Parlammo del mio viaggio, mi ci voleva una mezzo di trasporto per prima cosa, che poi avrei consegnato all’aeroporto di Ankara alla fine del viaggio; il mio amico mi disse di non preoccuparmi, il titolare della maggior società di noleggio era un suo cliente e mi avrebbe dato la macchina migliore, in previsione del lungo viaggio. Il giorno dopo mi avrebbe accompagnato lui stesso, dopo aver telefonato.

Ero felice, il maggior problema era risolto, dal noleggiatore avrei trovato anche le carte stradali aggiornate. Mentre chiacchieravamo in amicizia, c’era tra noi un accordo perfetto, la fidanzata del mio amico sollevò un problema: come me la sarei cavata all’interno della Turchia? Parlavano solo in turco e un piccolo dizionario portatile non avrebbe risolto il problema. Mi suggerì di trovarmi un interprete, sinceramente non ci avevo pensato, mi disse di attendere che avrebbe fatto una telefonata. Tornò sorridendo dicendo che l’interprete sarebbe arrivata subito, era una sua compagna d’università che aveva bisogno urgente di lavorare e allontanarsi per un poco da casa, avrebbe accettato un’offerta minima, parlava bene l’inglese ed era molto simpatica.

Arrivò l’amica, Amira, alta, capelli lunghi neri, jeans attillati e un sorriso da far risuscitare i morti. Incominciammo a parlare, raccontò che da tempo meditava di andare a vivere da sola o con un’amica nelle sue stesse condizioni; in casa l’atmosfera era abbastanza pesante per cui voleva allontanarsi prima che venisse in mente al padre di farla sposare con qualche vecchio, in cambio di un bel mucchietto di denaro. Avevo fatto i miei conti, sarei riuscito a darle 30US$ al giorno più vitto e alloggio. Al cambio con la valuta locale, era una bell’offerta che per me era facile da giustificare, bastava che invece di alberghi a cinque stelle, dormissi in quelli a quattro ed evitassi i ristoranti di lusso.

Fu molto facile familiarizzare, anche con l’aiuto dei miei amici, accettò con piacere la mia offerta e ci aggiornammo per la mattina successiva, presso il noleggio macchine, non voleva che l’andassi a prendere a casa.

Mi accompagnarono tutti all’albergo dove, molto soddisfatto, quasi non riuscii a dormire, per eccitazione della nuova avventura.

Il giorno dopo, mi chiamò l’amico dicendo che non c’era bisogno di andare dal noleggiatore, sarebbero venuti insieme portando anche la ragazza, la macchina sarebbe stata una sorpresa!

Avevo nel frattempo evidenziato, su una cartina geografica ottenuta in albergo, i nomi delle città in cui erano i clienti da visitare, ne era uscito un bel zigzagare della Turchia, ma avevo tempo, fino a due mesi, prima di rientrare.

Preparai la valigia e con la fida borsa da lavoro, tipo pilota d’aereo, saldai il conto e scesi nella “lobby” ad attendere la macchina. Arrivarono presto, la macchina fu una sorpresa, essendo solo in due, il mio amico aveva trovato una bellissima BMW Z3 spider, di colore blu, con tettuccio morbido alloggiato dietro lo stretto sedile posteriore con soli 80 Km, a un prezzo veramente ridicolo.

Firmai il contratto di noleggio e salimmo a bordo, dopo aver salutato l’amico che, come ultimo segno d’amicizia, mi aveva portato una SIM turca per il telefono cellulare.

Consegnai la cartina ad Amira e partimmo in direzione della prima tappa, Bursa. La strada era buona e ci muovevamo bene, la macchina era ottima e mi godevo il sole e il vento senza correre. Amira era una compagna di viaggio magnifica, quasi mi distraeva dalla guida, parlava continuamente e aveva un viso molto bello, che spuntava dalla cortina degli splendidi capelli neri. Mi raccontò che desiderava viaggiare, conoscere il mondo e questa mia offerta di lavoro era capitata a proposito, a casa sua cercavano di combinare il matrimonio con un vecchio ricchissimo, ma lei lo odiava perché, mi disse, non appena i suoi genitori li lasciavano soli, lui ne approfittava per palparla come se fosse un cammello in vendita!

Ci fermammo per un rapido pasto a Izmit e poi proseguimmo verso Bursa dove giungemmo nel tardo pomeriggio. Nel borsone Amira aveva un libro che elencava tutti gli alberghi della Turchia, mentre guidavo lei sceglieva l’albergo, telefonava e prenotava due stanze, si presentava come mia segretaria! Inoltre si metteva in contatto con i clienti, era bello lavorare così, pensai subito di aver fatto un buon affare.

Anche quella sera cenammo con i clienti, ma fu solo un incontro di cortesia, andammo a dormire presto, il giorno successivo avevamo in programma di partire molto presto, la tappa successiva era Izmir, cioè Smirne, ma avevo intenzione di fare una sosta vicino alla città di Canakkale, per vedere le rovine di Troia.

Ci fermammo due giorni a Smirne dopo aver visto le rovine di Troia, anche Amira era appassionata di archeologia, per cui andavamo molto d’accordo. Gli incontri con i clienti scorrevano veloci, tutti uguali, differivano solo dalle facce dei partecipanti.

Partimmo da Izmir, breve tappa a Denizli e poi verso Antalya, di nuovo sul mare. Sulla strada di montagna, piena di curve e controcurve per Denizli, ci fermò la polizia, Amira disse a me di non aprir bocca e lasciar fare a lei. Prima di noi i tre ceffi stavano esaminando un’altra macchina, la mia compagna di viaggio chiese dieci dollari che infilò dentro il libretto e si fece consegnare la mia patente di guida internazionale. Venne il nostro turno e, quando si resero conto che non parlavo la lingua turca, si degnarono di parlare con la ragazza. Lei spiegò che era la mia segretaria e la nostra destinazione. Bastò che aprissero il libretto della macchina, che i dieci dollari scomparvero nelle capaci tasche del capo-pattuglia, mi salutarono e mi fecero cenno di proseguire. Le donne non erano molto considerate, parlavano con lei solo perché con me non c’era dialogo…

Questo fu un argomento di cui parlammo durante il resto del percorso per Denizli. Mi sembrava di capire che la Turchia aveva due anime: una filoeuropea, che tendeva alla democrazia e alla parità dei sessi; e la Turchia asiatica, conservatrice e orientaleggiante.

Anche la sosta a Denizli fu breve, solo il tempo necessario per parlare con un cliente.

Avevamo fretta di raggiungere Antalya, splendida località turistica, di cui avevo già sentito parlare da un amico. Il viaggio era abbastanza lungo, ma Amira mi teneva buona compagnia, non pensavo che una ragazza turca potesse essere così occidentalizzata di pensiero e di costume, le chiesi cosa significasse il suo nome, mi disse che significava “Principessa”.

Finalmente arrivammo ad Antalya, la mia compagna di viaggio aveva prenotato un albergo che si affacciava su un mare bellissimo, frequentatissimo da barche a motore e caicchi a vele spiegate.

Avevamo due stanze contigue con terrazzo in comune, ci ritrovammo entrambi a guardare il mare dal terrazzo, Amira era eccitata come un bambino e mi chiese se poteva andare a fare il bagno, l’acqua era veramente invitante. Le dissi che le avrei tenuto compagnia e scendemmo alla spiaggia, sabbiosa.

Amira si tuffò e si mise a nuotare, aveva stile, mi tuffai anch’io e la raggiunsi, ero sempre veloce. Ci appoggiamo a una roccia, si stava d’incanto. Mi divertivo, Amira era una compagnia fantastica e, in due pezzi, era uno spettacolo! Ma dovevo stare tranquillo, il nostro rapporto doveva rientrare nei limiti del lavoro.

Quella sera, dopo una bella cena a base di pesce, andammo a passeggiare sulla spiaggia, Amira si scusò e mi prese a braccetto, ma non potevo certo dirle che piacere mi faceva!

Il giorno successivo, dopo aver visitato due clienti, andammo ancora a passeggiare sulla spiaggia, c’era una luna piena bellissima che dava al paesaggio notturno una luce irreale. Ci sedemmo in riva al mare, era un incanto. Amira si appoggiò alla mia spalla e io le passai il braccio sulle spalle. Non rientrava nei miei programmi mettermi ad amoreggiare con la segretaria, ma indubbiamente ogni sua mossa era un invito. Quando ci alzammo per andare a dormire, fui in piedi per primo e le porsi le mani per aiutarla ad alzarsi. Lei prese lo slancio e mi piombò tra le braccia, avevamo le bocche vicine, fu un attimo, un lungo bacio rallegrò la luna che ci guardava. Tornammo in albergo tenendoci per mano, entrammo nelle rispettive stanze ma non erano passati nemmeno dieci minuti che mi bussava alla porta del balcone, “Voglio dormire con te” mi disse, l’accontentai con piacere, quello che successe quella notte e le successive fa parte della storia umana.

Il giorno successivo: destinazione Konya sull’altipiano dell’Anatolia. Mi arrivò una telefonata dell’amico d’Istanbul, “So tutto!”. Amira aveva telefonato all’amica tutta contenta!

Incominciammo a salire con la macchina, la città era importante e i clienti erano ben quattro, ma in due giorni riuscimmo a visitarli tutti. Amira si stava comportando benissimo, leggermente ossequiosa di fronte ai suoi compatrioti, amorevole quand’eravamo soli. Riuscimmo anche a trovare qualche ora per visitare Konya, città colma di storia, persino S.Paolo l’aveva visitata e Goffredo di Buglione l’aveva conquistata.

Quando ripartimmo, le parlai della mia intenzione di fare almeno una settimana di ferie, Amira ne fu felice e mi chiese dove saremmo andati, la sorpresi ancora una volta: “In Cappadocia” le dissi. Mi diede un bacio mentre guidavo con grande sdegno delle macchine che c’incrociavano.

Ritornai sul discorso del lavoro e le dissi che da Ankara saremmo passati nel viaggio di ritorno, lei fu felice della mia programmazione, significava che avremmo passato insieme qualche giorno in più.

Finalmente arrivammo in Cappadocia, a Nevçehir in quella splendida regione patrimonio dell’UNESCO.

Giungemmo finalmente a Goreme, Amira volle scegliere l’albergo e volle andare a parlare per le stanze mentre posteggiavo e prendevo il bagaglio.

Amira mi aspettava con un carrello per le borse e una chiave in mano, salimmo ed entrammo in una splendida camera, le chiesi se la sua camera era vicina, mi rispose che era tanto vicina che si sovrapponeva con la mia. Più tardi, a cena in una tipica grotta, a lume di candela, mi spiegò che le sembrava di rubare i soldi alla mia azienda, per cui da quel momento avremmo preso una sola stanza.

Mi piacerebbe dilungarmi sulle bellezze della Cappadocia, ma dovrei scriverci un libro. Ci divertimmo moltissimo, visitammo molte caverne e addirittura mi venne voglia di portare Amira in un volo sul pallone aerostatico, incredibile!

Non mi dilungo a parlare della Cappadocia, erano ferie!

Ripartimmo a malincuore, destinazione Mersin e poi Adana, città importante. Anche a Mersin me la cavai velocemente e partimmo per Adana, ma sulla strada feci una piccola deviazione per visitare, nella regione della Cilicia, la città di S.Paolo, un omaggio a uno dei miei santi preferiti.

Arrivammo ad Adana, altri due giorni di lavoro abbastanza monotono e all’alba del terzo giorno ripartimmo per la tappa più lontana Graziantep, quasi al confine con la Siria e l’Iraq.

Qui c’era un unico cliente che visitammo in giornata, poi a cena. Eravamo abbastanza stanchi, malgrado avessimo anche fatto una vacanza, io poi avevo perso la nozione del tempo.

Quella notte dormimmo poco e male, ci svegliammo a causa di un forte rumore metallico proveniente dalla strada e di una vibrazione dell’edificio, corsi alla finestra e guardai fuori: una colonna di carri armati stava transitando a tutta velocità verso il confine siriano o iracheno.

Amira accese la TV e cercammo un canale di notizie:  CNN avvisò che l’Iraq aveva invaso il Kuwait e che si mettevano in sicurezza i confini dell’Iraq.

Amira era in ansia, ma non lo dimostrò, eravamo troppo vicini al confine. Decidemmo di partire subito per Ankara, almeno tre giorni di viaggio ma era meglio tornare verso casa subito.

Partimmo e ci dirigemmo con la macchina verso ovest, volevamo raggiungere il centro dell’altopiano anatolico. Arrivammo a Malatya dove ci fermammo per dormire. Amira scoperse che da lì si poteva andare al Monte Ararat, quello dell’arca di Noè. Decidemmo per la deviazione, eravamo lontani dai pericoli e avevo ancora due settimane di tempo prima di tornare in ufficio. Mi dispiaceva già il pensiero di dover lasciare Amira.

Ci volle qualche ora ma arrivammo al monte, dove dopo qualche anno avrebbero trovato i resti dell’Arca, così lessi. Uno spettacolo d’imponenza, poco distante c’erano i resti diroccati di un tempio ittita. Mi trovavo a mio agio: natura splendida, storia e una bella ragazza a fianco.

Proseguimmo il viaggio nell’Anatolia, la strada scorreva tra enormi campi di grano maturo, c’era caldo ma Amira non volle alzare il tettuccio della BMW. Un’altra tappa fu vicino a un albero frondoso circondato da cespugli, c’era una sorgente che portava l’acqua entro un mezzo tronco scavato in una vasca di legno. L’acqua era gelida, ottima da bere, non c’era nessuno nel raggio di qualche chilometro, l’avremmo visto. Mi spogliai e mi lavai con l’acqua gelida, un gran refrigerio; Dopo qualche esitazione Amira m’imitò. Era bellissima, sembrava una dea.

Proseguimmo il lungo viaggio e infine arrivammo nella capitale, ancora tre giorni e avremmo dovuto partire. Finite le visite ai clienti, riuscii persino a vendere una macchina, andammo all’aeroporto dove lasciai la BMW, pagai e prendemmo l’aereo per Istanbul.

Avevo già prenotato la coincidenza per Roma, dovevo aspettare un paio d’ore e Amira restò con me. Le liquidai le sue spettanze del lavoro di segretaria e le feci un regalino per ricordo dei bei giorni passati insieme.

Venne il momento di partire, il nostro fu un saluto bagnato di lacrime, continua a piangere ancora per una mezz’ora in volo.

Tornai a Istanbul e la cercai dall’amica, mi disse che era scappata di casa ed era andata in America, lontana dalle voglie della sua famiglia, non ne sapeva più nulla.

La Turchia è un bel Paese ed è un vero peccato che questi movimenti integralisti lo vogliano distruggere.

Ma per altri motivi, è rimasta nel mio cuore: per qualche settimana, ho avuto la mia Principessa.

Sandro Emanuelli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

redazioneBonVivre

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