Cuori nel pozzo


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XXL’Italia non brilla per memoria. Tante pagine amare della nostra storia sono cancellate o tenute nell’oblio. Roberta Sorgato ha avuto il merito di pescare, dal pozzo dei ricordi “dimenticati”, le vicende dei nostri minatori in Belgio e di scrivere “Cuori nel pozzo” edizioni Marsilio, sottotitolo: “Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone”.

Leggendo questo romanzo – verità, scritto in maniera incisiva e con grande e tragico realismo, si ha l’impressione di essere calati dentro i pozzi minerari, tanto da poter avere una visione intima e “rovesciata” del titolo (“Pozzi nel cuore” potrebbe essere il titolo “ad honorem” per un lettore ideale, così tanto sensibile a questi temi).

Un lettore che ha quest’ardire intimista di seguire la scrittrice dentro queste storie commoventi, intense, drammatiche – e che non tengono conto dell’intrattenimento letterario come lo intendiamo comunemente – è un lettore che attinge dal proprio cuore ed è sospinto a rivelarsi più umano e vulnerabile di quanto avesse mai osato pensare.

In questo libro vige lo spettacolo eterno dei sentimenti umani; e vige in relazione alla storia dell’epoca, integrandosi con essa e dandoci un ritratto di grande effetto.

Qui troviamo l’Italia degli anni cinquanta che esce dalla guerra, semplice e disperata, umile e afflitta dai ricordi bellici.

Troviamo storie di toccanti povertà; così, insieme a quell’altruismo che è proprio dell’indigenza, e al cameratismo che si fa forte e si forgia percorrendo le vie drammatiche della guerra, si giunge ai percorsi umani che strappavano tanti italiani in cerca di fortuna alle loro famiglie.

L’emigrazione verso i pozzi minerari belgi rappresentava quella speranza di “uscire dalla miseria”. Pochi ce l’hanno fatta, molti hanno pagato con una morte atroce. Tutti hanno subito privazioni e vessazioni, oggi inimmaginabili.

Leggere di Tano, Nannj, Caio, Tonio, Angelina e tanti altri, vuol dire anche erigere nella nostra memoria un piccolo trono per ciascuno di loro, formando una cornice regale per rivisitare quegli anni che, nella loro drammaticità, ci consentono di riflettere sull’“eroismo” di quelle vite tormentate, umili e dignitose.

Roberta Sorgato, fa dire a uno dei personaggi (zio Toni): “Forse bisogna scendere all’inferno per capire quanto è brutto il diavolo”.

E mi viene da dire che “forse solo le discese negli inferi possono regalarci un libro così toccante e ben fatto”.

 

In fondo al pozzo

 

“Uomini in cambio di carbone” deriva dal trattato economico italo – belga del giugno 1946: l’accordo prevedeva che per l’acquisto di carbone a un prezzo di favore l’Italia avrebbe mandato 50 mila uomini per il lavoro in miniera.

Furono 140 mila gli italiani che arrivarono in Belgio tra il 1946 e il 1957. Fatti i conti, ogni uomo valeva 2 – 3 quintali di carbone al mese. Questo sciagurato accordo non fu che “l’avvallo politico” alle tragedie minerarie che seguirono e che costarono

la vita a 867 italiani (e vi sarebbero da aggiungere le morti “silenziose” dovute alla silicosi). La terribile contabilità ha il suo estremo nella tragedia di Marcinelle dell’8 agosto 1956: 262 morti di cui 136 italiani.

 

Danilo Stefani



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