“Swap party” o no?


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foto: © Bake it prettySe è vero che oggi anche lo shopping può diventare un’occasione di socializzazione, lo “swap party” è un modo abbastanza immediato e riuscito per raggiungere questo fine. Molto meno scontato è, invece, il raggiungimento dell’obiettivo per cui uno “swap party” viene organizzato, ovvero lo scambio di abiti ed accessori.
Lo “swapping”, termine inglese che sta per “barattare”, ha preso piede in America e in Inghilterra qualche mese fa: si tratta semplicemente di ritrovarsi con le amiche e scambiare, attraverso un’asta, i capi e gli accessori che non mettiamo più da anni. In pratica funziona così: la prima parte della “festa baratto” consiste in una presentazione di ciò che sarà poi battuto all’asta.


Dal momento che non ci sono scambi di denaro, ad ogni pezzo proposto viene assegnato un punteggio (nel caso specifico il valore e la bellezza di un oggetto vengono attestati da piccoli cerchi: da uno a cinque) cosicché al momento dello scambio non ci siano disuguaglianze tra i capi barattati: una borsa di Fendi per un paio di Superga, ad esempio, non sarebbe esattamente uno swapping di successo e si cerca, quindi, di evitarlo. Dopo aver individuato il punteggio dei vari oggetti d’asta (e dopo aver bevuto un paio di bicchierini, probabilmente per togliere quel sapore ridicolo che la situazione sembra assumere lentamente) inizia la fase del baratto. A dire la verità, l’ipotetica occasione di risparmio che questo tipo di esperienza sembra sottendere è solo fittizia: è molto difficile, infatti, che tra gli oggetti presentati dalle amiche o aspiranti tali ci sia qualcosa di cui si ha veramente bisogno. In poche parole, se noi ci presentiamo nel tentativo di liberarci delle nostre “inutilità” dismesse, le altre fanno esattamente lo stesso ed il risultato è quello di farci tornare a case un tantino alticce e per questo felici di tenere tra le mani “un inutile nuovo” che finiremo per non mettere mai. Ovviamente anche l’idea di fare spazio nell’armadio rimane potenziale a meno di non scambiare solo in funzione del volume.

Per le più pigre esistono molte occasioni di swapping anche on line e come nelle esperienze reali, oltre alla funzione di baratto, rimane ben evidente quella di “social network”: in questi siti, infatti, occorre creare un profilo, esprimere preferenze e gusti in campo di moda e scambiare opinioni con le altre iscritte. Due esempi tra tutti, www.swapstyle.com e www.swapmystyle.com.au.

Anche in questo caso, se l’obiettivo è quello di rinnovare il guardaroba risparmiando, conviene guardare altrove, ad esempio in siti di shopping on line che oggi rappresentano una validissima alternativa al prèt a porter, con costi decisamente contenuti.

Da citare sicuramente www.topshop.com, sito dell’omonima catena londinese di abbigliamento ed accessori. Da qualche stagione Kate Moss disegna una linea per Topshop che, oltre ad essere disponile on line e nei punti vendita del brand, si trova anche nei più importanti e griffati negozi del mondo, vedi Corso Como 10 a Milano. La cosa davvero piacevole è che, per una volta, questo non significa prezzi esosi ma capi ben fatti, molto attuali ed accessibili. Decisamente glamour anche le altre collezioni proposte: molte star e starlette amano vestirsi proprio da Topshop ed i risultati sono davvero “haute couture – low priced”.

Da citare anche il sito www.asos.com che propone una vastissima scelta di abbigliamento, accessori e bijoux, griffati e non, a prezzi davvero competitivi.

Infine www.yoox.com: abiti firmati di stagioni precedenti o stoccati dalla stagione in corso e venduti con sconti progressivi, fino al 70%. Da notare che l’acquisto on line a prezzi modici è dedicato anche all’uomo: ognuno dei siti citati offre un ampio spazio alla moda maschile.

E vero che, rispetto ad uno “swap party”, comprare attraverso questi canali non consente alcuna forma di socializzazione ma restano pur sempre gli aperitivi e presentarsi con un vestito nuovo ed alla moda (pagato pochissimo) ci renderà probabilmente ancora più socievoli.

Claudia Rossi



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