Il rococò finisce con Maria Antonietta


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La raffinata estetica del rococò, che ci ha fatto sognare dame teneramente graziose, inizia a vacillare sul finire del XVIII secolo. Le gonne di corte  diventano improvvisamente larghissime e grazie al panier, si gonfiano sui fianchi. Le acconciature, alte ed imponenti, sembrano essere improntate alla massima artificiosità. Si potrebbe dire che proprio le colossali pettinature, le enormi parrucche e le incredibili decorazioni che le abbellivano, parevano ingigantire le ombre di ciò che stava per accadere. La Rivoluzione era alle porte e con lei moltissimi cambiamenti, anche nel modo di vestire, sarebbero ben presto arrivati. A dispetto di un futuro aspro e difficile, proprio in questo periodo inizia a farsi strada una figura che potrebbe essere considerata tra gli avi dello stylist contemporaneo. I marchands des modes (cioè i merciai), che vendevano le decorazioni per le acconciature e per gli abiti, cominciarono a godere di una grande importanza presso le corti e le dame iniziarono a chiedere loro soluzioni originali e personalizzate. Questi personaggi divennero così i creatori delle tendenze di moda. Stravaganze ed eccessi a corte, semplicità e naturalità nella vita quotidiana. Gli scavi delle rovine romane di Ercolano nel 1738, contribuirono a far rivivere l’interesse per l’antichità greca e romana e l’influenza si fece sentire anche nell’abbigliamento: la stessa Maria Antonietta, giovane e anticonformista, decise di indossare semplici abiti di cotone, spesso portati con un cappello di paglia. Inutile dire che i suoi abitini diventarono immediatamente moda, con il nome di chemise à la reine. Se nel marchand de mode possiamo individuare la moderna figura dello stylist, nella giovane regina si intravede uno dei primi esempi di trend setter: presto scopriremo anche  le magie legate alla figura del couturier, il papà degli stilisti di oggi.

Aspettavamo curiosi le prime storie di couturier alle prese con dame esigenti e stoffe sontuose ma dobbiamo ancora fare i conti con la più volte nominata Rivoluzione. Il più evidente cambiamento nel modo di vestire che questo periodo di capovolgimenti sociali portò con se fu l’immediata sostituzione della seta con il cotone che raggiunse ben presto il primato su tutti gli altri materiali. Una scelta, questa, dettata non solo da ragioni di comodità o di ristrettezze economiche: i rivoluzionari vollero attestare la loro appartenenza alla Rivoluzione anche attraverso l’uso del vestiario tipico del ceti più bassi della popolazione e, al contrario, chiunque indossasse abiti di seta veniva considerato un nemico.

 

Al posto dei famosi pantaloni al ginocchio i rivoluzionari iniziarono ad indossare pantaloni lunghi e per questo presero il nome di “sanculotti” (non pensate male, significa solo “senza culottes”).

In questa caotica situazione sociale ci fu, comunque, chi penso di osare una moda estrosa e decisamente fuori dai canoni: i “muscardins” viaggiavano all’epoca del Terrore indossando eccentriche giacche nere con grandi risvolti mentre i cosidetti “incroyables” animavano la già fervente epoca del Direttorio con colletti altissimi, panciotti dai colori molto intensi e come copricapo un bicorno al posto del tradizionale tricorno. Le loro “corrispettive” femminili, dette “merveilleuses” portavano invece abiti leggeri e trasparenti, senza busto ne sostegno: erano le “habit-chemises”, antenate dell’ancora oggi usatissima “chemisier”.

Espressione di gusti, passioni e addirittura ideali, la moda scandisce la Rivoluzione e si prepara ad ulteriori, grandissimi cambiamenti. Meravigliose creazioni e grandi idee aspettano ansiose di venire scoperte nel nostro cammino attraverso la moda.

La semplicità nell’abbigliamento imposta dalla Rivoluzione Francese portò alcune conseguenze anche nei primi anni dell’Ottocento. Il primo ed importante cambiamento riguardò la sostituzione quasi totale della seta con il cotone il che, in brevissimo tempo, portò ad una crisi imponente dell’industria della seta di Lione, caposaldo dell’economia francese. Napoleone, incoronato  imperatore nel 1804, non poteva certo stare a guardare e così, con scelte che nei decenni successivi avrebbero influenzato enormemente la moda tutta, impose l’obbligo di indossare abiti di seta per le cerimonie di corte. Possiamo considerare questa scelta dell’Imperatore come uno dei rari esempi in cui la moda viene dettata da scelte economico – istituzionali. Nei primi anni dell’Ottocento, albori dell’epoca del Romanticismo, iniziò a tornare in auge anche l’uso di biancheria preziosa e comparve, per la prima volta, l’antenato dell’attuale reggiseno, la cosidetta “brassière”. Piano piano il fasto dell’intimo venne riportato anche negli abiti e dopo il breve predominio post- rivoluzionario del cotone, la seta fece il suo grande ritorno.

Verso la metà degli anni ’20, in pieno Romanticismo, fece la sua ricomparsa il famoso taglio “stile Impero” caratterizzato dalle grandi maniche “à gigot” (a prosciutto) che tuttavia vennero abbandonate nel decennio successivo. Le gonne, intanto, continuavano ad aumentare di ampiezza assumendo, negli ultimi anni del secolo, la “famosa” forma voluminosa nella parte posteriore ed appiattita nella parte anteriore (grazie all’uso della “tournure”): la loro smisurata proporzione era vista, infatti, più come segno tangibile di ricchezza che come impedimento alla libertà di muoversi.

Il nostro pensiero va immediatamente alla rivoluzionaria minigonna che, tuttavia, dovrà aspettare ancora un secolo di costumi e cambiamenti per essere raccontata.

Fine seconda puntata



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