L’arte che pensa


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Giuseppe Pellizza da Volpedo - Panni al Sole 1894A partire dalla metà dell’Ottocento fino al secolo scorso, cioè, da quando l’uomo ha cominciato ad organizzarsi e a cercare soluzioni per risolvere i problemi della sua stessa esistenza e/o sopravvivenza, gli artisti da Van Gogh a Warhol non hanno mancato di registrare quel mondo trasformando la loro stessa arte.

Già, perché un vero artista è l’unico in grado di percepire profondamente le ansie del suo tempo.

Così, nel corso di poco più di un secolo, l’attenzione dell’arte passa da un osservazione incantata della realtà ad una visione d’impegno intellettuale.

Indagando ed osservando ricordiamo, quasi a caso,  Gustav Klucis ed il suo manifesto “Lenin e la Ricostruzione Socialista” del 1927,  Philip Evergood “La lettera di licenziamento” 1937 e Wladimir Baranoff-Rossiné con la sua “La ferriera”datata 1911.

Insomma, per oltre un secolo fino ai giorni nostri il cambiamento della funzione del lavoro ha appassionato tutte le avanguardie, da Van Gogh, già citato, a Pellizza, da Boccioni a Grosz, da Malevia a Léger, fino a toccare persino il mondo della fotografia e del cinema, da Lumière fino ai nostri Olmi e Pasolini, da Hide a Salgado a Gursky  in loro lo sforzo è stato quello di evidenziare i mutamenti con animo attento e critico.

Ci troviamo, quindi, di fronte all’arte che pensa, chiede, denuncia. E che denuncia!

Questo ripercorrere attraverso i dipinti, le immagini, le fotografie, le sculture ed i film ciò che è stata l’immane fatica, il sudore, la robotizzazione, la globalizzazione dell’uomo rispetto ad una società troppo rapidamente mutabile e mutata in antitesi, quasi, allo stesso passo del singolo individuo.

Oggi, riflettendo, ci chiediamo: questo uomo lavoratore precario contemporaneo è ancora disponibile a farsi manipolare? E’ già stato robotizzato sufficientemente dai media? Riesce ancora ad immaginare un futuro? Ha assorbito realmente tutti i cambiamenti  della globalizzazione? O il suo lato più animale, sensibile, umano, forse, “Troppo umano” come scriveva Nietzsche nasconde consce ed inconsce paure?

L’arte che pensa e fa pensare è arte amara come sono amari i tempi in cui viviamo. E gli artisti  hanno colto questa profonda metamorfosi prima, molto prima di noi, comuni mortali.



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