Tra semplicità e perfezione della forma. Matisse incontra Michelangelo


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Se c’è un aspetto di Henri Matisse che mi ha sempre affascinato è la semplicità. Una semplicità estrema fatta opera d’arte che è riduzione del tratto pittorico, linearità delle forme, corporeità delle figure. Non è quindi semplicità intesa come essenzialità priva di decoro della struttura formale o della composizione pittorica ma è quella semplicità che corrisponde alla purezza dei colori saturi o meglio, alla bellezza naturale ed autentica delle immagini che, in quanto tali, non hanno bisogno di  alcun ornamento. La storia e il percorso di questo artista, raccontano di una ricerca costante dell’equilibrio tra linee e volumi, tra colori e segni, decorativismo e minimalismo, pittura e scultura.

La grande mostra “Matisse. La seduzione di Michelangelo” aperta al pubblico fino al 12 giugno, al Museo Santa Giulia di Brescia, raccoglie centottanta lavori dell’artista francese, tra dipinti, sculture, disegni incisioni e gouaches découpées. L’evento espositivo bresciano indaga sull’affinità elettiva, sul legame sottile eppure solido, che congiunge Matisse al genio artistico di Michelangelo, un percorso inedito ed originale che consente allo spettatore di trovare le tracce della memoria del Buonarroti tra i numerosi lavori esposti nelle sale del museo. Che cos’è infatti la semplicità se non armonia delle linee, simmetria delle forme e  proporzione dei volumi ?  Se Michelangelo si avvicina al divino scolpendo la leggiadria delle figure marmoree, la torsione delle muscolature e l’intensità delle espressioni facciali, Matisse non può che rimane abbagliato, sedotto e  talvolta ossessionato dall’aspirazione michelangiolesca al raggiungimento di un ideale di equilibrio delle forme e perfezione dei corpi. Un ideale che si concretizza nelle sue opere innovative, gouaches découpées (collage creati con ritagli di carta dipinta), in cui combina una sintesi tra materia pittorica ed elementi scultorei. Matisse emerge artisticamente nei primi anni del novecento a Parigi, con il gruppo dei Fauves, che si caratterizzano per l’intensità  del gesto espressivo, per l’azione aggressiva del tratto pittorico selvaggio ed istintivo, e per le pennellate piatte. Il Fauvismo nasce per contrastare il movimento coevo dell’espressionismo tedesco ma inevitabilmente, ne acquisisce il carattere indomito ed eversivo che Henri Matisse prontamente, fa suo per poi plasmarlo con l’armonia di corpi sinuosi fino a sprigionare energia di colore puro che si materializza nella splendida tela della Danza, presto diventata l’opera più emblematica della firma matissiana. Ma l’attenzione per il processo scultoreo e l’aspetto tridimensionale delle forme, si ripercuote in tutta la sua carriera e da qui il confronto e la suggestione del maestro Buonarroti evidenziato dall’esposizione al Museo Santa Giulia attraverso opere provenienti dalle più importanti istituzioni museali. Il corpo di lavoro esposto, mostra la dedizione di Matisse per la maestria rinascimentale ma rivela anche la suggestiva evoluzione dell’artista che inizia studiando il rivoluzionario pittore Seurat, che ammira Van Gogh e viene influenzato da Gauguin e che porta sulla tela l’eleganza delle linee stilizzate giapponesi, le forme orientaleggianti e il primitivismo africano fino a concepire i collage di ritagli di carta colorata che evocano il mare blu, i tramonti arancioni e le spiagge dorate di Nizza, città tanto amata dall’artista.

Come lo stesso Matisse ha affermato: ‘Il mio obiettivo è rappresentare un’arte equilibrata e pura, un’arte che non inquini né turbi. Desidero che l’uomo stanco, oberato e sfinito ritrovi davanti ai miei quadri la pace e la tranquillità’.

Ebbene, guardando le morbide figure del nostro artista francese, ci rendiamo conto che il suo obiettivo è stato egregiamente raggiunto.

Michela Cella



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