Via! Ai cestini del pane!


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Incappare in un librettino dal titolo “Galateo” può essere dirompente: anni passati credendo di “sapersi comportare” per poi scoprirsi cialtroni inopportuni. Certo, leggere tante e tali regole di bon ton fa sorridere, addirittura sghignazzare. Il libretto è una sorta di vademecum del galateo: una “piccola bibbia” in formato tascabile da portare sempre in borsa, per non fare figuracce (Galateo – Ed. Assaggi). Non si sa mai: Willy e Kate potrebbero invitarci alla festa per il primo anniversario e vorremo mica farci trovare impreparati? Il libretto apre con una parte dedicata al “galateo a tavola” ed oltre alle “classiche” regole base, che sono familiari anche ad un bambino di quattro anni (per intendersi “non si parla con la bocca piena”, a meno di non essere Jim Carrey in una scena di “Scemo e più Scemo”), ce ne sono alcune davvero perentorie ed articolate. La prima, per esempio, è semplicissima ma insidiosa: “non si mangia il pane prima di essere serviti o tra una portata e l’altra”. Bene, certo. E’ una di quelle regole tacite che tutti conoscono ma che nessuno – e dico nessuno – ha mai messo in pratica: chiunque si sieda al ristorante ignora i primi minuti di conversazione pensando insistentemente “quando diavolo porteranno il pane… chissà se ci sarà anche della focaccia o dei grissini… speriamo sia fatto da loro e magari caldo…”.

Restare lì, a guardare il cestino del pane senza allungare la mano (cosa che solo i forzati delle diete riescono a fare in automatico), sarà anche galateo ma è decisamente arduo. Con la prossima regola bisogna concentrarsi: “quando interrompiamo il pasto per parlare, la forchetta con le punte all’ingiù, ed il coltello – che molti sbandierano ai quattro venti muovendo le mani, tipo direttore d’orchestra o, peggio, “ tizio che si è fatto prendere da un raptus assassino al ristorante” – vanno appoggiati sul piatto con i manici divaricati e le punte che si toccano; a fine pasto le posate devono essere messe unite sul piatto con i manici verso destra”. Il gioco si fa impegnativo: questo Monsignor Giovanni della Casa, al quale pare dobbiamo l’impareggiabile primo trattato sul Galateo, non era per le mezze misure ed ha voluto fare le cose sul serio.  Sappiate che “una donna seduta al tavolo non si alza mai per salutare le persone che arrivano o si avvicinano”. Ebbene, questa terza regola è veramente dura da mandar giù. Per anni abbiamo creduto che rimanere incollate alla sedia fosse cosa da evitare e ci siamo alzate con slancio (lasciando cadere minimo il tovagliolo) per poi scoprire, mestamente, che abbiamo sbagliato tutto . D’altra parte, non è mica l’unica fregatura che abbiamo preso: “se i commensali sono numerosi si inizia a mangiare appena viene servito il piatto caldo, senza dover aspettare che venga servito a tutti”. Avete capito bene: tutte le volte che ci siamo sentiti dire  “tu intanto mangia che si raffredda”, avremmo potuto tranquillamente rispondere “si” anziché rimanere a fissare, inermi, il succulento piatto nella sua rovinosa strada verso il raffreddamento! Va detto, a onor del vero, che moltissime regole le conosciamo perfettamente senza averle mai lette perché, semplicemente, fanno parte della nostra educazione. Magari non tutti sanno che “l’ospite più anziano e di maggior importanza dovrà sedere alla destra della padrona di casa ed il secondo ospite d’onore alla sua sinistra; il padrone di casa avrà a destra l’invitata di maggior importanza e a sinistra la seconda, mentre i padroni di casa prenderanno posto l’uno di fronte all’altra”, ma si può decisamente viver bene senza questa “gerarchia del posto a tavola”. Naturalmente nel libretto c’è una parte dedicata alla “mise en place” che non finisce più: non avete idea di quante ne avete sbagliate apparecchiando la tavola! Che poi, mica facile essere uno studioso di galateo! La “questione del tovagliolo”, per esempio, è da anni dibattuta: un tempo si metteva a sinistra ma i nuovi guru dell’arte del ricevere lo preferiscono a destra.  Sono questioni epocali, non robetta da prendere alla leggera. Inutile sottolineare come l’essere educati e soprattutto di piacevole compagnia, sapendo scegliere, con arte, tra i propri pensieri quelli più funzionali alla buona riuscita della conversazione, ha ben poco a che vedere con questo apparato di regole ferree. D’altra parte, se leggiamo Mark Twain quando dice che “la buona educazione consiste nel nascondere quanto bene pensiamo di noi stessi e quanto male degli altri”, viene da pensare che per essere educati basta molto poco. Così, al ricevimento per l’anniversario della regal coppia, basterà evitare, per esempio, di fare al fantastico Willy battute di bassa categoria sul suo taglio di capelli e di dire alla bella Kate quanto sua sorella ne abbia oscurato il fascino: conquistata in questo modo la benevolenza dei padroni di casa, via! Ai cestini del pane!

 



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