Per la pace: la lezione di Erasmo da Rotterdam


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Ogni giorno da molto tempo, troppo tempo, ci si domanda: perché non si riesce ad ottenere la pace in questa o in quella parte del mondo. I fautori della pace non riescono ad ottenere risposta, anzi!  Non si tratta, come spesso il pacifismo ha affermato, di identificare di chi è la colpa, per far cessare una guerra. L’errore principale di costoro è che  ritengono la pace una questione politica, ottenibile attraverso una lotta o, quando va bene, per via diplomatica. Una posizione che assuma, infatti, un simile concetto non realizza la Pace, ma propone uno scontro politico nel quale si coinvolgono coloro che invece possono proporla.   La pace non è un obiettivo né politico, né appannaggio di una forza che si ponga come destabilizzante verso gli equilibri dei “signori della guerra”. La lotta contro il dominio, la lotta contro chi ideologicamente è considerato patrocinatore della guerra,  per esprimerci con  termini cari a tutta una letteratura pacifista e dei pacifisti di parte, che hanno nel loro codice genetico la violenza come elemento di lotta politica, non è costruzione della pace. La pace non è la risultante di una contrapposizione dialettica tra diverse forze, una magari più forte dell’altra, ma ha un’importanza e un fondamento che deve essere considerato come elemento a priori della vita dell’uomo, della vita in società e negli Stati. Non sono più sufficienti, oggi, le prospettive di diritto internazionale, le violazioni non sono facilmente punibili, ma la prospettiva vincente è la ragione e una prospettiva che non sia solo umana.

In questa direzione il più grande esponente della necessità della pace è l’umanista fiammingo Erasmo da Rotterdam, che dalla sua prima opera “l’Orazione intorno alla pace ed alla discordia contro i faziosi”, (Piovan, Abano T. 1991), scritta all’età di circa vent’anni, fin quasi all’ultima, “Preghiera per la pace della chiesa” (Ass. Genitori de “ la Nostra famiglia” Vicenza 2001),  per tutta la vita ha affermato che la Pace non si costruisce con i trattati, ma  deve essere una condizione di vita, uno stile di vita.  In essa, Erasmo richiama nella sua opera “Il Lamento della Pace” (Piovan Ed. Abano T. 1991),  il gran tragico greco Euripide delle Supplici, vi è il fiorire delle arti e della ricchezza, non si deve essere stolti e votare per la guerra, pensando che i danni saranno solo per i nemici. La pace non è nemmeno la fine della guerra, troppo volte i trattati di pace contengono in realtà i presupposti di future guerre, come ha ben dimostrato il trattato di Versailles nel 1919, che fu fatto non per la pace, ma contro la Germania. Così si gettano i semi di future guerre. Per non parlare poi degli attentati terroristici. Un altro importante filosofo, Immanuel Kant nello scritto “Per la pace perpetua”, sosteneva che se si vuole la pace, non si devono compiere atti che pregiudicano la pace futura possibile. Gli attentati dei kamikaze sono di questo genere e chi ha avuto un morto senza lo scontro bellico, difficilmente riuscirà a pacificare il proprio animo, com’è anche accaduto in Kossovo con i numerosi, troppi stupri. La guerra è produttrice di guerra, afferma Erasmo;  la pace si addice all’uomo, la guerra alle fiere, sostiene Ovidio. Troppo poco negli ultimi secoli, a parte i pontefici romani, abbiamo riflettuto appieno sulla guerra, siano ancora figli di Hegel che affermava la legittimità della guerra d’offesa o del fondatore di molte posizioni di sinistra Marx, che afferma la possibilità della violenza in politica. Solo un atteggiamento, uno stile, si diceva, di pace, costruisce la pace e prima di tutto dobbiamo rivolgerci alla dimensione stessa dell’uomo, che sa con il proprio natural lume individuare che cosa sia il bene della pace, se non si rifugia in particolarismi o in posizioni d’assolutismo. Soprattutto coloro che non sono parte in causa debbono adoperarsi per la pace, porla a priori delle proprie azioni sia personali sia sociali. Il significato della pace non è però solo umano, avverte Erasmo, ma ha un’oggettività ed una validità che è superiore agli stessi uomini, e per l’umanista la pace è Gesù Cristo stesso. Se gli uomini non comprendono con la propria ragione è perché la fanno serva di particolarismi e contingenze, se invece danno a loro stessi un significato al di là della pura terra, allora si apre autenticamente un mondo di pace, possiamo costruirlo se lo vogliamo, cioè se sapremo consacrare e santificare l’uomo e la sua vita in ogni angolo della terra, ma ne saremo capaci?

 

Italo Francesco Baldo

 



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