Il barbone non è il clochard


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Il termine “barbone” riconduce al clochard, ossia a colui che vive senza fissa dimora, quasi sempre per scelta. C’è chi non sopporta di vivere in una società con delle regole che spesso tramutano la vita in un incubo, e gettano la spugna, preferiscono vivere alla giornata e senza comodità.  I senza tetto appunto hanno ispirazioni ultralibertarie e nel corso della storia troviamo nomi anche di illustri personaggi, dal matematico russo Grigori Perelman a  Ettore Majorana, da George Orwell, a  Pablo Picasso che girovagava per Parigi all’epoca del Blue Period tra il 1901 e il 1904.  Io stessa ho potuto constatare, in un periodo che operavo come volontaria in Croce Rossa, che la maggior parte dei clochard con cui entravo in contatto durante il servizio erano persone spesso colte, ho incrociato persino dei medici, dei professionisti, degli imprenditori, filosofi, artisti. Persone molto intelligenti che soffrivano di “mal de vivre”, il loro amore per la vita si scontrava con una quotidianità e un sistema che non potevano accettare.

Nel nord – ovest dell’Italia invece per “barbone” si intende tutt’altro.

La teoria del barbone che condivido pienamente, è configurata da un essere privo di sensibilità, votato all’ingenerosità, alla volgarità, alla pigrizia cronica, al lassismo oltre ogni limite, al non amore per la vita e soprattutto per il bello.  Il barbone non ha amici perché nessuno desidera la sua compagnia. Se si tratta di un barbone simpatico e si fa accettare da alcuni, mira tassativamente a scroccare cene, aperitivi e quant’altro sia possibile. In questo caso è evidente la malattia del barbone,  antitesi del bon vivre.

Il barbone non ha sesso, ma le donne sono le peggiori. Annusano la propria preda con freddezza e dopo la constatazione amichevole dei benefici che può ottenere,  procede senza un briciolo di dignità ad assorbire ogni sostanza, interiore o no, offrendo un concentrato di nulla in cambio.

Il barbone classico è colui che pur avendo introiti che gli permetterebbero di vivere bene, viaggia con la macchina  tanto sporca da poterci piantare il prezzemolo, si veste con abiti stropicciati, sgualciti e magari non proprio puliti, lascia che la barba diventi come quella di Noè, porta capelli unticci e soprattutto, giusto per non smentire il suo stile di vita, non offrirebbe mai un caffè a nessuno.   A tavola  lascia che il suo telefono squilli e senza un briciolo di rispetto non esita a propagandare gli affari suoi ai commensali, si pulisce il naso con il tovagliolo e magari non usa correttamente le posate (ossia mangia gli spaghetti con il cucchiaio e la pasta in brodo con la forchetta).  Il suo dialogo preferito consiste nel farti notare quanto è potente e prepotente, quanto vale l’orologio che ha al polso e quante donne ha ai suoi piedi facendo rigorosamente nomi e cognomi.

Il barbone non appartiene a una classe sociale specifica, ma ha uno stile di vita dettato dalla sua povertà interiore, dalla sua pochezza.

Ci sono persone povere che hanno una casa perfetta, pulita e nel limite delle proprie possibilità, accogliente. Magari non si vestiranno con abiti strepitosi ma la loro dignità la mostrano avendo rispetto per gli altri, si presentano sempre gentili, ordinati e la loro persona profuma di buono. Nonostante che magari non nuotino nell’oro, se li inviti a cena non arrivano a mani vuote, e se li incontri per strada sono i primi a offrirti un caffè.

Nei rapporti sociali tra persone intelligenti conta poco lo status economico, ciò che conta è saper vivere. Cosa sempre più rara.

Il barbone è in agguato, se lo riconosci lo eviti.

D.R.



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