Chiavarina vs Thonet, vince l’artigianalità


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“Una sedia è un oggetto molto difficile. Un grattacielo è quasi più semplice” affermò l’architetto tedesco Mies van der Rohe in un articolo del Time nel febbraio del 1957.  Doveva pensarla così anche l’allora presidente della Società economica di Chiavari, il marchese Stefano Rivarola, quando nel 1796 lanciò una sfida ai mobilieri e agli ebanisti della città a ricercare nuove forme di successo. Così nel 1807 nacque la Chiavarina, creata dall’ebanista Giuseppe Gaetano Descalzi detto il Campanino che rielaborò modelli di sedie francesi riducendo gli elementi strutturali e gli donò una caratteristica leggerezza, robustezza e una certa sobrietà. Fu un grande successo. La Chiavarina fece innamorare persino Antonio Canova, Napoleone e Carlo Alberto di Savoia. Giò Ponti trasse ispirazione dal sistema strutturale della sedia di Chiavari per la sua sedia Superleggera del 1955 prodotta da Cassina

Ma la sua fortuna declinò per l’avvento delle austriache sedie Thonet,  bene presto prodotte in serie, meno costose, e costituite di pochi elementi facilmente smontabili ma certamente non più paragonabili all’eccellenza artigianale che la rese famosa.

Nonostante la destabilizzazione portata dall’era industriale, la Chiavarina non smise mai di esistere e alcune botteghe  producono ancora  oggi la Signora sedia di Chiavari (considerata una vera rarità) con metodi e materiali tradizionali, come è consueto fare per la ditta Levaggi e la  Pedestà riconosciuta addirittura dalla  Regione Liguria e dalla Camera di Commercio di Genova col marchio di CLASSE SUPERIORE “Artigiani in Liguria – sedia di Chiavari”.

La città di Chiavari è impegnata nella creazione di una struttura museale dove la Chiavarina troverà il suo momento più alto.



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