20 Novembre 1989/2019: Leonardo Sciascia, la Sicilia come metafora del mondo


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Trent’anni fa si spegneva una delle coscienze del XX secolo

Quanti giovani fino ai trent’anni hanno mai ascoltato la voce sommessa di quel genio siciliano, italiano, europeo e mondiale che fu Leonardo Sciascia? Temo siano una minoranza. Ricordiamolo quindi, questo Grande così schivo, una delle rare coscienze del secondo Novecento, a trent’anni esatti dalla sua morte.
E lo vogliamo fare sfogliando le pagine della sua biografia scritta da un uomo tanto più giovane di lui, che ebbe il privilegio di essergli amico, Matteo Collura (Il maestro di Regalpetra/Vita e opere di Leonardo Sciascia, La nave di Teseo, 2019, 18€).

Non solo scrittore

Sciascia non fu solo scrittore, ma anche politico. Antifascista della prima ora, fu come l’amico e quasi coetaneo Pier Paolo Pasolini, un comunista eretico. Un comunista senza partito e un cattolico senza Chiesa.
Nel 1975, però, quando Achille Occhetto era segretario della Federazione regionale del PCI, sotto l’entusiasmo della vittoria nel referendum sul divorzio, Sciascia si presentò come esterno nella lista del PCI nelle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Palermo e risultò secondo, dietro solo allo stesso Occhetto, quanto a numero di suffragi.

Ma la luna di miele con il Partito Comunista durò solo un anno e mezzo, perché lo scrittore non condivideva la linea berlingueriana del compromesso storico con la Democrazia Cristiana.
A questo proposito il biografo ricorda un passo gattopardesco del romanzo Il Contesto: “Voi sapete qual è la situazione politica; della politica, per così dire, istituzionalizzata. Si può condensare in una battuta: il mio partito, che malgoverna da trent’anni, ha avuto ora la rivelazione che si malgovernerebbe meglio inseme al Partito rivoluzionario Internazionale”.

L’infatuazione di Sciascia per i comunisti era la stessa che aveva contagiato quei milioni di Italiani “onesti” che nelle elezioni politiche del giugno 1976 avevano fatto confluire i loro voti sul PCI, portandolo per la prima volta a ridosso di quelli otttenuti dalla Democrazia Cristiana.
Anche il successivo rifugio politico dello scrittore siciliano era quello condiviso da questa stessa mobile e nobile minoranza: il Partito Radicale di Marco Pannella.
Memorabile l’impegno di Leonardo Sciascia nella Commissione parlamentare sul caso Moro, del quale si era già occupato nel pamphlet L’Affaire Moro, e il disgusto da lui provato nei confronti di Giulio Andreotti: “riunisce in sé il peggio, nei secoli della storia d’Italia. Già vedo i libri di storia del futuro: sotto il governo dell’onorevole Andreotti, la corruzione della vita italiana raggiunse il suo massimo, mentre la vita umana valeva quanto ai tempi di Cesare Borgia”.
Perché tanto odio verso il Divo Giulio? “Per il suo machiavellismo paranoico, per il cinismo che ha ereditato dalla curia romana, lo stesso cinismo rappresentato dai sonetti del Belli e dai personaggi di Alberto Sordi. La miopia verso il bene e la presbiopia verso il male”.
Parole che solo un Pasolini redivivo avrebbe potuto pronunciare.
Somigliava al grande critico Giovanni Macchia, Leonardo Sciascia, per il suo inesausto rielaborare e dare nuovi titoli alle opere che aveva cominciato a scrivere fin da ragazzo. La sua misura era quella del racconto o del romanzo breve. Il meglio della sua produzione è ora raccolta in due Meridiani Mondadori.
Le sue opere più famose sono Il Giorno della Civetta, di cui scrisse anche il soggetto per il film di Damiano Damiani con Franco Nero e Claudia Cardinale, A Ciascuno il Suo, Il Contesto, Todo Modo, La Scomparsa di Majorana e Una Storia Semplice.
La sua penna di polemista trovava terreno fertile nella collaborazione a quotidiani e periodici. In particolare L’Ora, La Stampa e il Corriere della Sera. Questi ultimi due, a differenza del Messaggero, che ha Matteo Collura tra i suoi collaboratori, hanno completamente ignorato la ricorrenza del trentennale. In compenso, il Corriere “dei Piccoli” riserva un paginone all’Oroscopo del 2020.
Quando si dice le priorità!

Giancarlo De Palo



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