Giulio Turcato: il pittore del viaggio


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Viaggiare per Turcato ( 1912 – 1995) costituiva una vera e propria “categoria” del pensiero, una sorta di struttura mentale con la quale una idea captata si trasformava nei suoi dipinti in un evento conoscitivo. Senza alcuna differenza se il viaggio fosse interiore o comportasse spostamenti fisici.

Tra i suoi viaggi reali ricordiamo le sue prime trasferte a Parigi nell’immediato dopo guerra dettate più che altro dalla ricerca di una sorta di confronto intellettuale. Le sue visite negli studi di Magnelli, Matisse, Mirò, Vasarely ed altri furono vissuti da Turcato come una sorta d’ispezione ed ebbero l’effetto di rinfrancarlo nella sua determinazione artistica. Segue il viaggio in Polonia nel 1948 in una Varsavia devastata dalla guerra che ebbe un impatto tra i più visivamente riconoscibili nelle sue opere.

Qualche anno dopo nel 1956 è la scoperta della Cina a produrre in lui una produzione creativa sempre più feconda tra cui ricordiamo la grande tela “Il deserto dei Tartari” ( visioni e percezioni dall’osservazione della terra all’aeroplano) e “ Mosche Cinesi” impressioni dall’osservazione di ideogrammi.

E poi il salto, agli inizi degli anni ’60 Turcato  arriva negli Stati Uniti, dando vita ad una serie di dipinti dall’atmosfera rarefatta tra cui “Ricordo di New York” e “ La pelle”. Poco più tardi è la volta dell’Egitto dove trova l’ispirazione per realizzare una serie di tele gigantesche tra cui “Porte d’Egitto” che riflettono la percezione della grandiosità e bellezza dei monumenti visitati.

Il viaggio e la ricerca hanno caratterizzato tutta l’opera di Turcato e la sua scatenata curiosità lo porta al di là: quando, più tardi,  i primi astronauti, tornati sulla terra raccontano di aver visto colori straordinari nel cosmo, il pittore trova una risposta alla sua sete di conoscenza e di luce.

Così nascono opere come “Superfici lunari” che, attraverso l’uso di gommapiuma contaminata da crateri in cui s’intravedono interventi di vernice ed altri materiali riuscì  ad anticipare le sensazioni e le emozioni che poi tutti provammo assistendo allo sbarco dell’uomo sulla luna.

Negli ultimi anni della sua vita Turcato cominciò a sperimentare anche l’uso del computer che temperava con interventi manuali. E chissà quali e quanti splendori inaspettati potrebbe ancora rivelarci la sua mano sapiente.

Turcato, il pittore della curiosità, del viaggio, della scoperta per tutto quello che lo circondava e che riusciva a materializzare attraverso il suo lavoro. Lui  viaggiava con il suo lavoro, anzi,  il suo girovagare per terre e spazi  era il suo lavoro, l’unica cosa, forse, che lo rendesse davvero felice e completo.

Turcato ha scritto: “ Queste immagini, sensazioni, materiali, memorie, illusioni, allucinazioni, forme, itinerari sono il mio bagaglio aperto alla dogana del prossimo millennio…”

 

Daniela Berti



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