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AFRICA: SEE YOU, SEE ME

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Trentatré fotografi internazionali daranno voce alla scena artistica africana dagli anni 60 ai giorni nostri. Dal 4 maggio al 4 giugno alle Officine Fotografiche saranno esposte le opere provenienti da 14 Paesi del mondo. Un progetto itinerante, a cura di Awam Amkpa, che illustra le influenze della fotografia africana post-coloniale sul linguaggio visivo nella rappresentazione dell’Africa e della sua diaspora. La mostra si apre con una presentazione alla quale parteciperanno il curatore, diversi fotografi ed esperti del settore.

«Nessuna destinazione, perché affrettarsi; La giustizia è la ricchezza del povero; Il mondo non è solo per te», sono alcuni messaggi di speranza e frustrazione che corrono lungo le strade dissestate africane a bordo dei Mammy Wagon. Furgoni che ogni giorno offrono, insieme ai cibi e alle bevande, una ricca sequenza di immagini che racchiudono le aspettative per una società migliore. Africa: See You, See Me prende in prestito il nome proprio da un’opera impressa su un Mammy Wagon. La mostra usa la pratica fotografica per attirare l’attenzione sui modi con cui gli africani rappresentano se stessi e la loro crescente influenza nel plasmare le modalità contemporanee con cui l’Africa viene fotografata. Trentatre sguardi rivolti ad un Paese grande e controverso che ha imparato a guardare se stesso e a farsi scrutare attraverso le sue molteplici sfumature e gli obbiettivi dei fotografi che arrivano da Algeria, Camerun, Etiopia, Ghana, India, Mali, Marocco, Nigeria, Portogallo, Senegal, Sud Africa, Trinidad, Stati Uniti. Cui si aggiunge un gruppo di italiani profondamente connesso alle tematiche del progetto espositivo. Un percorso itinerante, tuttora in corso d’opera. Dopo l’inaugurazione al Museu da Cidade di Lisbona e la prima tappa italiana a Firenze, presso la Fondazione Studio Marangoni, l’esposizione toccherà anche Roma, alle Officine Fotografiche dal prossimo 4 maggio al 4 giugno. I fotografi africani, nel tempo, hanno ereditato modelli di rappresentazione mutuati dagli archetipi coloniali che raffiguravano loro stessi come brandelli di una storia di cui facevano parte ma sulla quale non avevano pieno controllo. Questo progetto «racconta la storia di questa fotografia e la sua influenza sull’immaginario non africano – scrive il curatore della mostra, docente e direttore del dipartimento di Studi africani della New York University Awam Amkpa – nonché la diaspora, in tutte le sue diversità. Le fotografie allo stesso tempo sono testi di soggettività africane, archivi di storia e di società in via di sviluppo e metodi per comprendere come le immagini contribuiscono all’emancipazione. Criticano le patologie dell’Africa post-coloniale e neocoloniale – continua Amkpa – rappresentando le comunità del continente che si liberano da Stati repressivi. Altre fotografie documentano invece la partecipazione degli africani agli affari pubblici, altre ritraggono la formazione di comunità volontarie post-nazionali come metodo di emancipazione», conclude il curatore della mostra. Tra i fotografi si segnalano sia presenze storiche come Malick Sidibé, Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2007, noto a livello internazionale per le sue immagini in bianco e nero che ritraggono i giovani, le feste e le famiglie di Bamako a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, o dell’italiana Maïmouna Patrizia Guerresi che concepisce le sue fotografie in forma autonoma, quasi scultorea. Alla mostra, anche testimonianze di nuova generazione come quelle dell’artista Zanele Muholi, che cerca una rottura radicale con le classiche narrazioni stereotipate sulla condizione della donna africana, o della marocchina Majida Khattari, che mette in scena look ispirati alla realtà femminile islamica del terzo millennio. L’esposizione fotografica è divisa in tre parti. Nella prima sezione, una serie di ritratti in esterno di africani alle prese con la realtà urbana nella quale sono emigrati. Nella seconda, vengono presentati i primi ritratti etnografici che suggerivano un’immagine dell’Africa come luogo selvaggio popolato dai primitivi dell’Europa. La sezione finale, realizzata da fotografi non africani, è infine dedicata alle foto contemporanee di questo continente e dei suoi abitanti, rigorosamente scattate da artisti non africani. Africa: See You, See Me, diventa quindi l’occasione per conoscere e ammirare questa difficile e complessa area del mondo da un prospettiva diversa e originale, rispetto ai soliti punti di vista.

redazioneBonVivre

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