Da Canterbury a Roma sull’antica via Francigena


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Dove il culto, l’arte e la natura sono accompagnate dal fascino della storia e dal gusto di antichi sapori. Un percorsa segnato da migliaia di pellegrini nel corso dei secoli. Da Canterbury a Roma, lungo la via francigena, si trova l’itinerario che portava i penitenti verso i luoghi Santi della religione Cristiana, attraversava l’Inghilterra e la Francia, passava le Alpi in Valle d’Aosta e l’asse principale valicava, successivamente, l’Appennino in territorio parmense. Il passaggio da Parma era vitale poiché rappresentava un’importante centro di sosta e di preghiera attestato sin dal 1005 come sede di diocesi. A testimonianza della cultura romanica europea troviamo il Duomo, costruito sulle ceneri della basilica paleocristiana, nel 1074, edificata da Guibodo. La Cattedrale di Parma è il luogo e il simbolo della fede, dove la comunità si riunisce in nome di Dio ma anche come insieme di elementi architettonici simbolo di un percorso cristiano, che dal battesimo giunge alla resurrezione.

Il fedele entra nel giardino della resurrezione, la chiesa, per mezzo del portale d’ingresso simbolo di Cristo e del battesimo, per poi rivivere interiormente la passione di Cristo sull’altare di marmo rosso, quando avviene la consacrazione del pane e del vino. Il percorso fisico e interiore procede verso la resurrezione, espressa dall’ambone, luogo dell’annuncio della buona notizia della vita senza fine, per giungere in seguito alla consapevolezza della costante presenza di Cristo nel mondo, simboleggiato dalla cattedra, dalla quale Dio attraverso il ministero del Vescovo, presiede la sua Chiesa. Sul territorio parmense si riconoscono numerose altre testimonianze dell’arte romanica, appena fuori le mura della città si incontra la Chiesa di Santa Croce, si proseguiva poi per Vicofertile che conserva nella Chiesa dedicata a San Geminiano,dove si trovano una serie di capitelli della fine del XII secolo decorati con figure umane e fantastiche e un fonte battesimale circolare, dello stesso periodo, su cui sono scolpite quattro figure che rappresentano momenti della celebrazione del battesimo, due chierici portano il cero, uno la croce processionale e il turibolo mentre il celebrante mostra il libro delle Scritture aiutato da un servente. Si raggiunge poi Collecchio dove una pieve dedicata a San Prospero, viene citata per la prima volta nel 1230, come pieve cui fanno capo otto chiese minori. L’antico percorso sale a Talignano dove una splendida piccola Pieve si trova in posizione panoramica rispetto al Parco Regionale dei Boschi di Carrega. La Pieve di San Biagio, ad aula unica coperta con volta a botte unghiata e presbiterio absidato, sorge su un colle, in un alternanza tra prati e boschi in un contesto simile al paesaggio medioevale. Si arriva quindi a Fornovo situato in un importante nodo fluviale, noto fin dall’epoca dei Liguri, risulta essere un’importante centro romano e medioevale. La sua Pieve è un interessantissimo testo del sistema romanico, anticamente era un luogo di sosta prima di intraprendere la salita verso Bardone. La Pieve di Santa Maria Assunta è stata costruita  a metà dell’XI secolo, la chiesa ha tre navate e tre absidi, la sua struttura è stata la base dell’edificio attuale, unica  parte superstite della facciata originaria è il portale, di cui rimangono due capitelli e due figure nell’arco. Paesaggi affascinanti avvolgono l’antica via dei pellegrini, ancora oggi si prova l’emozione di chi ha percorso con fede e speranza quella via. Si possono vivere momenti straordinari in quei caratteristici, festosi e laboriosi paesini che hanno reso l’Emilia la regione Italiana più “gustosa”. Gente semplice che ha saputo creare l’impero della gastronomia italiana, rispettando le tradizioni e la propria cultura. Oltre al notissimo “Crudo di Parma”di cui abbiamo già parlato nel nostro numero scorso, anche il Parmigiano Reggiano con i suoi otto secoli di storia hanno portato l’Italia nei piatti di tutto il mondo. Il gusto inimitabile e perfetto ottenuto con l’amore dell’uomo e la mano di Dio, quella coesione indispensabile che crea una combinazione di circostanze agro-geo-ambientali ed umane fondamentali, per dare origine a un formaggio eccezionale. Otto secoli di storia confermati da  testimonianze  che rendono noto come già nel 1200-1300 il Parmigiano-Reggiano avesse raggiunto quella tipizzazione perfetta che si è conservata sostanzialmente immutata fino ai nostri giorni. Il che significa che esso ha sicuramente origini molto più antiche, potendosi ragionevolmente supporre che le caratteristiche peculiari del prodotto fossero state raggiunte molto tempo prima, man mano che dai formaggi eccellenti, ma non tipicizzati, citati dagli autori latini, la spontanea evoluzione e il perfezionamento delle tecniche di caseificazione arrivarono a definire quei caratteri che oggi sono divenuti anche per legge lo “standard” del Parmigiano-Reggiano. Un commento cinquecentesco ad Apicio riporta: ” due sono oggi in Italia le specie di formaggio che si contendono il primato: il “marzolino”, così chiamato dagli Etruschi perchè si fa in Etruria nel mese di marzo e il Parmigiano nella regione cisalpina, che si può anche chiamare “maggengo” , dal mese di maggio”.  Una delle citazioni più significative si trova addirittura nel Decamerone e –  per le parole stesse con cui è espressa – non lascia dubbi che il Parmigiano, a cui Maso si riferisce nel descrivere al credulo Calandrino, il paese di Bengodi, è esattamente lo stesso formaggio che oggi si fregia del nome di Parmigiano-Reggiano: “et eravi una montagna di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli.

 



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