La casa di Gioacchino Rossini è la prima tappa di un percorso che a Pesaro non può che concludersi con un pranzo o una cena al ’59, il ristorante creato da Nardo Filippetti sul Lungomare Nazario Sauro.
E’ qui infatti che si possono trovare alcuni fra i più noti piatti creati dal grande compositore, proposti dall’Executive Chef Massimo Cardinali.
Fra questi i famosi tournedos alla Rossini il cui nome pare legato alla richiesta al cameriere di “tourner le dos” rispetto ai commensali per nascondere il segreto della lavorazione finale di questa ricetta messa a punto insieme al cuoco parigino Marie-Antoine Carême.
I piatti “rossiniani” proposti dal ’59 seguono le complesse indicazioni dell’autore, ritrovandone l’accuratezza e l’aspetto passionale. “Il concetto di rivisitazione sarebbe da attribuire proprio a Rossini, vero gourmet ante-litteram” spiega Cardinali “Ripercorrere le sue indicazioni è affascinante ma certamente oggi sarebbe impossibile abbondare di panna e fois gras come faceva lui, mentre facciamo in modo di ritrovare appieno l’intensità di aromi e sapori che tanto gli stavano a cuore!“
In questa visione il tacchino -fra i must di Rossini- al ’59 viene preparato su prenotazione, ripieno di prosciutto crudo, uova, verdure e naturalmente tartufo! Viene servito affettato caldo e nappato con la sua salsa di cottura.
E’ possibile anche chiedere i suoi amati maccheroni! Nella versione del ’59 i cannelloni di pasta sono farciti con ricotta e spinaci, conditi con besciamella, parmigiano e tartufo nero e presentati con la croccante gratinatura.
Aperto nel 2011 il ’59 richiama nel nome la data in cui nasceva l’Hotel Excelsior ma anche un “manifesto” stilistico, che -nelle intenzioni del fondatore- vuole riportare a Pesaro il piacere dei sapori perduti e di un’epoca in cui il garbo e il saper vivere erano valori condivisi.
E se i piatti di Rossini sono quasi un obbligo per chi -come Filippetti- è particolarmente legato a Pesaro e alla sua storia, la cucina del ’59 è caratterizzata dalla ricerca di sapori semplici, espressione della cultura e dei prodotti del territorio, col suo straordinario mix di mare e terra, pesce, carni vini e tartufo.
“Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di questa opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma d’una bottiglia di champagne. Chi la lascia fuggire senza averne goduto è un pazzo.”








