SPLASH TV. La tecnologia come strumento di dominio


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Da Porta a Porta di giovedì. Si parla di tagli e tasse. Scorrono i parametri dell’Imu, riportati – dice Vespa – dal Sole 24Ore, e sono dolori per quanto dovrebbero pagare gli italiani su case e immobili d’impresa. Ma l’esperto in collegamento li smentisce senza tema, riportandoli, da inquietanti che erano, a una scala lillipuziana, e sottolineando che il panico creato è ingiustificato, o forse giustificato solo per le aziende piccole e medie. Renzi, il sindaco di Firenze, in un altro scampolo di dibattito, dice che il capo della Polizia gode di un mega-stipendio, circa 500mila euro l’anno. Vespa insorge: ne guadagna solo 308mila. Sempre Renzi attacca il presidente della regione Piemonte, il leghista Cota, dicendogli che in tanti anni di governo non sono stati in grado di realizzare l’agognato federalismo. Cota lo smentisce: il federalismo è stato approvato ed era pronto a partire, ma Monti lo ha bloccato. Non va meglio sui debiti che lo Stato avrebbe nei riguardi delle industrie del paese. Volano cifre e almanacchi di contabilità. Ci si trova più o meno d’accordo sui 30-35 miliardi, ma sembra che possano essere 18, alcuni giornali – si dice – riportano l’allarmante conto di 100, l’esperto da fuori studio sintetizza in circa 20 ma al netto delle detrazioni fiscali. Sulla spesa sanitaria è guerra fra elettrocateteri e defibrillatori. La tabella sullo schermo gigante riporta escursioni di prezzi fra varie regioni. Il Piemonte risulterebbe più spendaccione. Ma Cota all’arrembaggio corregge: quelli forse sono dati del 2009-2010, ora sono diversi…

Ciò che perversamente, insomma, la televisione fomenta e struttura non è solo un generico regime di “chiacchiera” e di salottiera conversazione che non affonda più di tanto nel ventre molle dei problemi che attanagliano un’intera comunità, cosa che sul piano dell’informazione è già largamente lesiva dei diritti di auto-comprensione di una società. Il livello ulteriore, e più pericoloso, è quello dell’inverificato, del laissez faire, della “tolleranza distruttiva” (Baudelaire) all’interno della quale ogni contenuto è equipollente a quello contiguo, non ci sono parametri dirimenti di oggettività e, nello scivolamento più totale, nella liquefazione di ogni dialettica reale, ogni affermazione può essere smentita da quella successiva, ancora peggio può cedere a grida più acute, violenze verbali più sopraffattorie, seduzioni più sofisticate, e non per la forza delle argomentazioni razionali o delle conoscenze specifiche. Problematica già fin troppo nota al Marcuse di un saggio del ’67 Critica della tolleranza (Mimesis) quando dice: “Ma con la concentrazione del potere politico ed economico e l’integrazione degli opposti in una società che usa la tecnologia come strumento di dominio, il dissenso effettivo è bloccato là dove potrebbe liberamente emergere: nella formazione dell’opinione, nell’informazione e nella comunicazione, nei discorsi e nelle riunioni”. Se, dunque, “è il corso degli eventi amministrati” a prender possesso delle coscienze, ammaestrarle, tramortirle e spegnerne la carica rivoluzionaria, si può concordare con il filosofo della Scuola di Francoforte quando, poco oltre, afferma: “in una democrazia con organizzazione totalitaria, l’obiettività può svolgere una funzione del tutto differente, cioè, incoraggiare un’attitudine mentale che tenda a scordare la differenza fra vero e falso, informazione e indottrinamento, giusto e sbagliato… Il risultato è una neutralizzazione degli opposti”.

In un senso filosofico classico, la verità si misura con la libertà, si appartengono reciprocamente, producendo come fine naturale la giustizia. Trovare la verità, farla affiorare senza infingimenti realizza la libertà  nel senso più alto. Ciò che è finto viene schiacciato, spiccano le responsabilità, grano e ortiche vengono separati una volta per tutte, disponendo il bene e il male nelle caselle che competono loro. La televisione fa il contrario. Dissolve le antinomie. Disinveste il negativo. Diluisce i dualismi. Anche Striscia cade da un po’ in queste trappolette facili facili. Che mantengono alti lo share, l’attesa, il cialtronesco di certe immagini a cui abbeveriamo la nostra più vile brama di scivolare senza freno. Meglio una soap dilazionata che un giudizio ultimativo che evita la melassa delle opinioni. Capita così di vedere un servizio che ancora una volta va a rimestare nelle disgustose manie di protagonismo dell’avvocato Canzona, quello del finto scoop della donna che abortì dopo il naufragio della Costa. E’ stato avvistato a fare il benzinaio a Roma. Interrogato da Moreno Morello, il proprietario del distributore dice che è tutto vero. Canzona lo smentisce, dicendo che non trattasi di povertà da lavori umili ma dell’aiuto occasionale di una giornata. Morello incalza e propone un confronto fra i due, Canzona non vuole. E il servizio finisce così. Senza un punto di sintesi chiaro e assertorio. Per Wittgenstein il “fatto” era tatsache: azione sulla cosa. Ecco, basterebbe questo: andare sul luogo della “cosa” con le proprie gambe e verificare…

Carmine Castoro

 



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