La rinoplastica che permette un risultato più stabile e duraturo si ottiene con gli ‘innesti’ di cartilagine


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La rinoplastica più moderna che permette un risultato più stabile e duraturo si ottiene con gli ‘innesti’ di cartilagine e osso: ne parla il Professor Mario Dini, Chirurgo Plastico, Ricostruttivo ed Estetico.

Solo il 30% in Italia rispetto all’70% degli USA in cui è praticamente usata di routine. I motivi? Serve una manualità di alto livello.

La rinoplastica è il terzo intervento più richiesto nella fascia di età 18 – 30 dopo la mastoplastica additiva e la liposuzione e il primo per il sesso maschile nello stesso range anagrafico, ma soprattutto è l’operazione più antica nella storia della chirurgia plastica: a partire dal XV secolo con i Branca di Catania e con il chirurgo bolognese Tagliacozzi a metà del ‘500 si iniziarono ad operare i nasi di persone ferite al volto, colpite dalla sifilide o vittime di amputazioni. Ancora oggi la tecnica ricostruttiva messa a punto dal chirurgo italiano è in uso con nome di ‘lembo italiano’. Un intervento delicato e piuttosto complesso tecnicamente, anche per la coincidenza tra aspettative del paziente e risultato ottenibile, in quanto la forma del naso nuovo dovrà essere inserita armonicamente nella fisionomia complessiva del viso. Le tecniche per rimodellare il naso infatti non solo devono garantire un risultato estetico ottimale ma rispettare la delicata funzionalità di un apparato complesso e raffinato. Non a caso proprio per questo intervento si conta il maggior numero di interventi secondari e terziari per ovviare ad un risultato non soddisfacente o a complicazioni che insorgono nella respirazione.

“Le tecniche vengono principalmente ricondotte a due grandi categorie di rinoplastica: a ‘cielo aperto’ (meglio conosciuta come “rinoplastica open”) e ‘chiuse’ (o anche chiamate ‘endonasali’), ma anche in questa branca chirurgica ci sono novità estremamente interessanti che stanno progressivamente prendendo piede” spiega il Professor Mario Dini, Specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica a Firenze e Milano (www.larinoplastica.itwww.chirurgia-plastica-estetica.it )

“La più importante, attuale e in sviluppo è l’utilizzo di ‘innesti’ ossia parti di cartilagine e/o osso dello stesso paziente (quindi autologhi) che vengono trapiantati nel naso per creare delle zone di appoggio e di resistenza o colmare perdite di tessuto e ripristinare una ‘impalcatura’ sottocutanea, ad esempio nel caso di lesioni traumatiche” spiega il chirurgo. La piramide nasale infatti è formata prevalentemente da ossa (ossa proprie del naso e processo nasale dell’osso frontale) mentre la punta è costituita interamente da strutture cartilaginee (alari, triangolari, quadrangolare). Derivata dalla chirurgia ricostruttiva, ad esempio per restituire forme e volume nei piccoli pazienti affetti da ‘labiopalatoschisi’ dove mancano vere e proprie parti di tessuto che formano una deformità, da alcuni anni la tecnica con innesti è stata estesa con successo al settore estetico.

Le rinoplastiche con ‘innesti’ sono applicate nell’70% degli interventi negli Stati Uniti e in circa il 30% dei casi in ItaliaAncora pochi se pensiamo ai vantaggi” racconta il Professor Dini “gli innesti rendono il risultato migliore dal punto di vista estetico, più duraturo nel tempo (spesso la punta con gli anni tende a scendere per effetto della forza di gravità) e migliora gli aspetti funzionali legati alla respirazione. Il chirurgo durante l’intervento preleva la quantità di cartilagine ncessaria dallo stesso paziente: ci sono infatti riserve nella zona posteriore il padiglione auricolare dove basta una incisione di pochi millimetri, oppure dalla regione sternale dove si trova un buon deposito di cartilagine costale, infine dall’osso della cresta iliaca. Va detto che ne viene prelevata una quantità minima che poi viene rimodellata, cesellata con strumenti raffinatissimi per adattarla alla zona di destinazione”.

“E’ intuibile quindi come sia necessaria una manualità di altissimo livello che non si può improvvisare” precisa il Professor Dini “E’ come lavorare su un gioiello e incastonare una pietra su una montatura. Gli innesti trasferiti sulla piramide nasale si integrano naturalmente con i tessuti propri. Nei casi di interventi secondari (ma capita di intervenire anche su nasi operati già tre-quattro volte) talora può essere necessario trapiantare una notevole quantità di cartilagine oppure l’osso se il primo intervento è stato troppo demolitivo. Indebolire troppo la punta del naso in un intervento di rinoplastica estetica determina importanti problemi di respirazione. Quando non si possa utilizzare la cartilagine del paziente è possibile acquistare il tessuto da una Banca dell’Osso che offre garanzia di sicurezza per ciò che riguarda eventuali infezioni dei donatori che possono riguardare anche patologie importanti come HCV (epatite C) o HIV” .

Indicazioni L’innesto può servire a modellare un naso troppo insellato, dare proiezione ad un punta, raddrizzarla se asimmetrica o a sostenerla nel tempo quando vi sia bisogno di accorciare un naso, allungare un naso troppo corto, ridare simmetria alla piramide nasale quando ci sia una deviazione del setto, rimodellare un naso post-traumatico o che sia deformato congenitamente come nel caso degli esiti della labiopalatoschisi

Un materiale sicuro La cartilagine comunque non è soggetta a rigetto e non induce reazioni allergiche, inoltre non avendo irrorazione sanguigna mantiene intatte le proprie caratteristiche ed è soggetta ad un riassorbimento molto limitato nel tempo.

La curiosità Anche Leonardo da Vinci si era interessato alle proporzioni ideali del volto, non solo di fronte lasciandoci il suo ‘quadrato di Leonardo’: in un volto visto di profilo l’unione della punta anteriore superiore dell’orecchio, il punto più mediale del sopracciglio, l’incisura del labbro inferiore e l’angolo della mandibola devono formare un quadrato perfetto.

 



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