Venezia. Calatrava alla sbarra per l’arco di luce sul Canal Grande


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SANTIAGO CALATRAVAItalia. Venezia. Finalmente è stata notificata all’architetto catalano Santiago Calatrava, dopo due inutili tentativi, la citazione in giudizio per 3,8 milioni di euro di danni all’Erario italiano relativi ai «macroscopici errori» nella progettazione del Ponte della Costituzione a Venezia, inaugurato nel 2008. Il processo è stato fissato per il 13 Novembre 2013.  Il sindaco Cacciari che faceva dopo aver dichiarato che Calatrava aveva regalato a Venezia il progetto per la costruzione del ponte?

Ve lo raccontiamo noi con gli articoli di quegli anni, già pubblicati sulla rivista LiberoReporter nel 2007.

 

 

Un arco di luce sul Canal Grande? Si, è l’ira dei cittadini

cacciariTutta la verità sulla scandalosa situazione che si è creata per la costruzione del quarto ponte di Venezia. Portati in evidenza fatti, personaggi e molta leggerezza a scapito dei cittadini e non solo.

E’ uno dei più importanti architetti contemporanei Santiago Calatrava, catalano, noto per le sue realizzazioni ardite dal punto di vista tecnologico e autore della  commedia tragicomica che si protrae da undici anni nel teatro veneziano, che ha come protagonisti una serie di “illustri” e di “eccellenze”.  Tutto è iniziato quando l’amministrazione comunale con a capo il sindaco Massimo Cacciari, nel settembre 1996 ha accettato la donazione del progetto del “quarto ponte”, offerta dal prestigioso Calatrava. Il ponte avrebbe dovuto unire  le due sponde del Canal Grande, da piazzale Roma, che rappresenta il terminal automobilistico della città, alla stazione, ossia “le fondamenta Santa Lucia”. Usufruendo delle più avveniristiche tecnologie e la combinazione inedita di materiali nobili, avrebbe voluto essere un arco di luce sul Canal Grande, una passerella sulla via d’acqua più famosa al mondo, l’enorme arco ribassato e trasparente, lungo 94 metri e largo dai 6 ai 9 metri, per un peso complessivo di 470 tonnellate. La struttura è in acciaio, i corrimano in bronzo, le alzate in marmo d’Istria e gli scalini in vetro infrangibile.  A distanza di 11 anni da quel glorioso momento vogliamo raccontarvi tutti i particolari, finora conosciuti solamente da chi ha vissuto questa storia “da vicino”.

Subito dopo aver annunciato al mondo la donazione di questo fantastico progetto, le dichiarazioni rilasciate alla stampa dal sindaco Cacciari riportavano: “È stato fatto anche il piano finanziario e per una spesa di quattro miliardi. L’appalto è previsto entro il ’97 e i lavori non dureranno più di dieci-dodici mesi“. In realtà il progetto donato da Calatrava,  era poco più di uno schizzo e il “piano finanziario” era una cifra puramente “supposta”;  la progettazione e la realizzazione era un onere che si sarebbe dovuto sobbarcare il Comune.

DSCF1877-nostreLa giunta ha approvato il progetto preliminare, redatto dall’Ufficio lavori pubblici del Comune, il 3 Maggio del 1999, per un  importo di 7 miliardi e 440 milioni di lire. Viene nominato l’ingegnere Roberto Scibilia quale responsabile del procedimento e il 22 dicembre l’architetto Calatrava, ha firmato l’incarico per la progettazione del ponte. Il 12 Luglio del 2000, il Comune ha affidato il coordinamento della sicurezza all’ingegner Hermes Redi, dietro un compenso di 109 milioni di lire. Nel frattempo, è cambiata l’Amministrazione Comunale, Paolo Costa era il nuovo sindaco di Venezia e Marco Corsini l’assessore ai lavori pubblici. Il 15 febbraio del 2001 la giunta ha approvato il progetto definitivo del ponte, e i costi nel frattempo sono lievitati a 10 miliardi 521 milioni di lire, la spesa è stata inserita nel Bilancio Comunale come opera di priorità, quindi impegnando fondi della legge speciale per Venezia. Proprio per questo “irrilevante” punto sono scoppiate un mare di giustificatissime  polemiche, in quanto non si può dire che il ponte di Calatrava sia stata una priorità per la città, in considerazione di opere a cui sarebbe stato indispensabile prestare urgentemente l’attenzione, visto il degrado e la pericolosità di edifici, fondamenta, ponti ecc. Inoltre non sono stati analizzati molti aspetti, non sono stati fatti studi sulla viabilità e sull’impatto socio-economico dei nuovi flussi generati dal ponte; non sono state verificate le statiche delle rive che avrebbero dovuto supportare il nuovo ponte; si sono manifestati grossi dubbi su come si sarebbe potuto trasportare il manufatto; sulla proprietà privata di una delle rive; ma la cosa che pare veramente incredibile è che il ponte non sarebbe stato accessibile dai disabili. Nulla è servito, però, a far riflettere gli attori. Il 10 dicembre 2001,è avvenuta la consegna del progetto esecutivo e solo al 9 aprile successivo la spesa complessiva è risultata nuovamente aumentata a 6 milioni 720mila 237 euro. Il 6 maggio 2002 si è svolta la gara d’appalto a licitazione privata, con il criterio del prezzo più basso a corpo. La base d’asta è stata fissata a 4 milioni 532mila euro, al di sotto della soglia che impone la gara europea. 0920_2_Ponte_Calatrava-lorenzonAlla competizione, dunque, hanno partecipato solo imprese italiane, ben 115 sono state le partecipanti. La Cignoni Srl di Lendinara si è aggiudicata l’appalto, in data 30/08/2002, per un importo di 3 milioni 867mila euro. Aperte le danze, fioccavano le nomine e i relativi compensi per i vari responsabili e dirigenti, quali: il direttore  lavori, Roberto Scibilia; i direttori operativi, Luigi Licciardo, Franco Bonzio e Hermes Redi; l’ispettore di cantiere, Edoardo Dal Medico; tre collaudatori, Tullio Campostrini, Giovanni Signor, Enzo Siviero;  un consulente artistico alla direzione lavori, Santiago Calatrava. Il 18 novembre è avvenuta la consegna dei lavori alla società che si è aggiudicata l’appalto, la Cignoni, a cui fu imposto un limite di 456 giorni per la consegna del ponte. Quasi subito i tempi sono stati prorogati di 180 giorni e la prima perizia suppletiva ha aggiunto 647mila euro al già ricco budget. La Cignoni, il 24/12/2002, ha affidato, a sua volta, parte delle lavorazioni, nonché la fornitura di materiali ad esse relative, alla Lorenzon Techmec System, un’azienda veneziana molto stimata nel mondo, che spesso lavora a importanti opere firmate da Richard Maier e da Zaha Hadid. Quest’ultima, essendo un’azienda molto seria e capace, ad ogni nuovo lavoro dedica un’attenzione particolare, analizzando il progetto anche nei minimi dettagli e svolgendo prove in laboratorio per verificare la compatibilità dei materiali. Infatti, già il 03/03/2003, la Lorenzon Techmec System, evidenzia alla Cignoni che nell’analisi del progetto esecutivo eseguito da Calatrava e vagliato con la firma dell’ Ing. Sibillia dal Comune di Venezia, la struttura comporta gravi problematiche progettuali, che, addirittura, potrebbero compromettere la stabilità del ponte. A fronte di questa segnalazione viene fissato il 12/05/2003 un primo incontro con il progettista, ma tutto ciò che sostiene la Lorenzon non viene minimamente considerato, anzi, l’azienda viene sollecitata a procedere con le attività di fabbricazione. Il 21 giugno 2003 è stata fatta una seconda perizia di variante, che ha comportato ancora un aumento dei costi di 365 mila euro. Vista la difficoltà e l’importanza dell’opera, la Lorenzon, chiede il controllo di tutti i processi della commessa, a un Ente Terzo – Istituto Italiano della Saldatura – proprio per certificare la correttezza di quanto compiuto. L’azienda procede con la fabbricazione dei conci 1 e 4, ma non cambia il suo parere a riguardo delle problematiche già discusse e invia una lettera agli interessati (Calatrava, Comune di Venezia e Cignoni) facendo presente che molte strutture devono essere eliminate e ricostruite con grossi costi aggiuntivi e ritardi di consegna. Tanti sono i problemi che non sono stati presi in esame, sia da parte del Comune, che dal progettista Calatrava, nonostante le continue petizioni da parte dei cittadini, dai comitati per la salvaguardia di Venezia e dall’impresa Lorenzon, che per motivi squisitamente etici si è data tanto da fare, per evidenziare le gravissime conseguenze nel caso il progetto non fosse stato modificato. 0828_2_Ponte_Calatrava-lorenzonIn primis nessuno ha tenuto in considerazione i delicati equilibri di Venezia che, come è noto, poggia sopra a un cuscino di argilla galleggiante, chiamato“caranto”, così che la città risulta fluttuante, tanto da essere pressoché antisismica. Per costruire i palazzi e le chiese, i veneziani, hanno architettato, fin dai tempi più remoti, un sistema ingegnoso. Conficcavano i pali di olmo, lunghi circa 4 metri, dentro il caranto, e successivamente segavano le teste dei pali emergenti a misura unica. Fatto ciò ponevano due strati di tavole di larice incrociate e a quel punto era possibile iniziare la costruzione in muratura e pietra d’Istria. Proprio gli antichi “costruttori” di Venezia avrebbero dovuto lasciare in eredità quel bagaglio indispensabile di conoscenza e di esperienza per non andare incontro a pericolosi crolli. Ai nostri illustri ingegneri e architetti basterebbe ricordare che dove lo strato di caranto non era dello spessore idoneo non si costruiva, ecco perché Venezia esiste ancora. Questi “banali” consigli non sono stati tenuti a debito conto dal progettista; poi in stato di avanzamento lavori e dopo aver speso già un mare di quattrini, i “sordi” – intesi come non udenti – finalmente prendono coscienza che il ponte non poteva stare in piedi. Modifiche sostanziali vengono apportate al progetto originario, tra l’altro senza l’approvazione della Commissione di Salvaguardia, interventi indispensabili per non compromettere la staticità delle rive del Canal Grande. Intanto il tempo passa tra perizie e brutte sorprese, i costi nel 2005 aumentano ulteriormente di 1.500.000 di euro. Il fabbricante della struttura vera e propria, la Lorenzon, nel frattempo ha prodotto e assemblato 4 conci e ha attenuto soddisfazione quando i responsabili dei lavori si sono resi finalmente conto, una volta realizzati come da progetto iniziale, che i conci 5 e 6 non erano adeguati e sotto dimensionati staticamente. 0486_3_Ponte_Calatrava-lorenzonAlla Lorenzon arriva l’ordine di riprogettare i conci e provvedere all’acquisto dei materiali che comporta una quantità di acciaio superiore al 50% in più rispetto al progetto originario. Potreste pensare che anche i peggiori guai abbiano una fine, ma non è questo il caso più rappresentativo per tale teoria. La vedova di Giuseppe Creazza, l’ingegnere che lo stesso Calatrava aveva incaricato di studiare i problemi tecnici, aveva scritto alla “Nuova Venezia” quotidiano locale veneziano, raccontando che il marito, prove alla mano, aveva bocciato il progetto come “inidoneo all’attuazione per gravi carenze geotecniche e strutturali”. Su esposto di  Carlo Ripa di Meana, la Corte dei Conti provvede ad aprire un’inchiesta e la Guardia di Finanza acquisisce negli uffici tecnici comunali tutta la documentazione per verificare l’esistenza di un danno erariale. Cambia nuovamente il sindaco e ritorna il filosofo Massimo Cacciari, si, a questo punto è proprio il caso di dire che la situazione va presa con filosofia. Arrivati al novembre 2005, la Lorenzon, dopo aver investito un mare di denaro, risulta essere il principale finanziatore dell’opera perché ancora oggi non ha potuto nemmeno percepire le cifre a copertura dei “maggiori costi”. Al termine delle ispezioni della Corte dei Conti, a febbraio del 2006, viene sottoscritto un nuovo programma dei lavori, dove si prevede che la Cignoni inizi le attività propedeutiche in acqua e la Lorenzon termini la struttura principale entro il 31/05/2006, data peraltro rispettata da quest’ultima e debitamente comunicata. Un colpo “gobbo” arriva inspiegabilmente dalla Cignoni, che subito dopo aver lasciato completare alla Lorenzon i lavori di carpenteria, richiede con un’azione legale al Tribunale di Rovigo, la requisizione gratuita del manufatto. Incredibile ma vero, nel giugno 2006 arriva la notifica da parte del Tribunale dove si chiede l’applicazione dell’art 700 con procedimento d’urgenza. La sentenza di primo grado respinge le richieste della Cignoni ma i giudici che formulano la sentenza di secondo grado sono favorevoli a quanto richiesto da quest’ultima “per la salvaguardia dell’immagine della Città di Venezia”. DSCF1876-nostreIn ogni caso, riconoscendo la fondatezza di quanto esposto dalla Lorenzon, quanto meno, obbligano la Cignoni a rilasciargli una fideiussione, la cui escussione sarà legata all’esito di un arbitrato. Di fatto la Lorenzon viene estromessa dai lavori, li continuerà la Cignoni che fino a quel momento nulla aveva fatto, anche se per legge dovrebbe svolgere almeno il 60% dei lavori. La Lorenzon ha intenzione di coinvolgere in solido anche il Comune di Venezia che sta utilizzando soluzioni e miglioramenti del progetto esecutivo di proprietà esclusiva della Lorenzon Techmec System. La commedia non è ancora finita, si riapre il sipario; nel 2006 è stata fatta un’altra perizia suppletiva e altri 900.000 euro vanno ad accrescere il piatto ricco e nel 2007 il Comune spende altri due milioni e mezzo per l’ultima perizia e il varo in bianco con la consulenza del professor Giorgio Romaro.

Pensiamo che a chiunque venga spontaneo chiedersi del perché di tutto questo e per cosa, soprattutto. Abbiamo scoperto che accanto alla vecchia stazione, negli anni ’30 del secolo scorso, è stato costruito il grande palazzo della direzione compartimentale delle ferrovie e dietro di esso una parte dello scalo merci.

rb093507-ovovia-lorenzonOra, con la ristrutturazione di tutto l’apparato ferroviario rimangono inutilizzati due palazzoni che sembrano due enormi scatoloni, tra l’altro, posizionati in un luogo morto, dove attualmente non vi è alcun passaggio. La società delle Grandi Stazioni Spa, di cui il 32,71% è di proprietà di Edizione Holding S.p.A. (Gruppo Benetton), il 32,71% di Vianini Lavori S.p.A.(Gruppo Caltagirone) e il  32,71% di  Pirelli & C. S.p.A.(Gruppo Pirelli), li ha rilevati, assieme al resto delle strutture attigue. Pare che a qualcuno sia venuta un’idea “folgorante” per far rendere questi immobili, che consistesse nell’affittare la parte soprastante, alla Regione Veneto, affinché conglobasse tutti i suoi uffici sparsi per la città in un unico luogo e nei piani terra degli edifici creare spazi idonei per attività commerciali. Per rendere l’area appetibile sotto il profilo commerciale, sarebbe bastato far costruire un ponte, così da favorire un forte flusso di passaggio.

Infatti, ad operazione-ponte conclusa, il Comune di Venezia ha stralciato la parte dei piani particolareggiati dando il permesso di aprire i negozi. Sembra quasi collimare tutto ciò. I notabili che hanno acconsentito alla realizzazione di quest’opera, hanno dichiarato: “finalmente a Venezia si costruisce qualche cosa dopo oltre 200 anni di inerzia”.

Daniela Russo

 

Calatrava, monumento alla demagogia e allo sperpero

DSCF1875-nostreLiberoReporter incontra il mitico Luigi Gigio Zanon. Veneziano da sempre, storico, esperto “de a storia de Venesia” che ha saputo ricostruire minuziosamente dal 407 ai giorni nostri, portando in evidenza fatti e particolari inediti, estrapolati da antichi scritti. Ama questa città più di se stesso, e la difende dai nuovi barbari che devastano un patrimonio unico al mondo, per ignoranza o per imperizia, per leggerezza o per malizia. Sapendo di mettere il dito in una delle tante piaghe, gli chiediamo che ne pensa del ponte di Calatrava… E lui inizia a raccontare:I costruttori di un tempo hanno tenuto conto della morfologia lagunare e delle particolarità di Venezia che, come sapete, è stata costruita su uno strato di argilla “galleggiante”. Hanno edificato i ponti in modo che la spinta del loro peso risultasse verticale. Il ponte di Calatrava invece risulta avere una spinta laterale. Dal lato del Piazzale Roma non ci sono stati eccessivi ostacoli, in quanto le fondazioni sono state fatte in un terreno molto antico, sul quale erano già stati costruiti diversi manufatti, palazzi e il convento di S.Chiara, in questo caso la spinta laterale viene assorbita dal vecchio terreno che si è compattato nel corso dei secoli. Sul lato della ferrovia, invece, ci sono stati gravissimi problemi, determinati proprio dalla spinta laterale del ponte che non trova un sostegno adeguato. Inizialmente le fondazioni dovevano essere fatte a“U”, ma nel corso dei lavori è stato notato che il terreno era molto friabile, pertanto hanno iniziato a dover infiggere  nel terreno dei lunghi pali di cemento armato, fino a una profondità di 32 metri, fino sfondare lo strato di argilla e arrivare alla falda acquifera. A quel punto abbondano le iniezioni massicce di colate di cemento armato, fino a produrre un rigidissimo plinto, largo e profondo”.

E questo che cosa ha provocato?
Immediatamente si riscontrano i danni che questo irrigidimento del sottosuolo provoca sulle fondamenta e sulle rive. Semplicemente si staccano. Tendono a cadere verso il canale. Allora, insistono con altre iniezioni di cemento. Alla faccia della morfologia Lagunare e di Venezia, che dovrebbe “galleggiare” sopra lo strato argilloso!”
Ma il ponte poggerà su fondamenta sicure?

Visto che la riva non è stabile, gli ingegneri progettano di costruire due specie di palancolate infisse nel sottosuolo con sopra dei martinetti idraulici che dovranno sostenere il ponte. Questo significa che non si fidano dei plinti laterali e temono che l’enorme spinta del manufatto possa creare dei seri problemi”.
Invece con la ditta Lorenzon che è successo in realtà?

La struttura del ponte è costruita dalla ditta Lorenzon che ovviamente si avvale dei disegni forniti dal progettista. In fase di costruzione dell’opera, la ditta costruttrice, si accorge che i calcoli sono errati, ed informa chi di dovere, ma gli viene risposto di continuare: no problem. Terminato il lavoro, eseguito a regola d’arte, arrivano gli ingegneri, prendono le misure e si “accorgono” che manca qualche cosa come 10 centimetri.” Continua dicendo – “Allora arrivano nuovi ordini, è necessario che si rifacciano i due conci laterali. E le spese in più? No problem! Che fare dei conci sbagliati? Il Comune non degna nemmeno di una risposta la ditta che, dopo tutto, ospita anche la struttura sbagliata, occupando parti vitali di spazio aziendale. La Lorenzon si appresta a rifare i due conci laterali sulla base delle migliorie apportate al progetto, altri milioni buttati via, fior fior di milioni gettati al vento”.  Che ne pensa della questione tra la società appaltatrice Cignoni e la Lorenzon?

Visto lo svolgimento dei fatti e il tempo passato senza aver avuto alcun pagamento, la Lorenzon chiede giustamente alla Cignoni di essere saldata per i lavori precedenti, altrimenti non consegna il manufatto. Al che la ditta Cignoni si rivolge al Tribunale di Rovigo, invocando l’urgenza ex articolo 700 del C.C. per ottenere il lavoro ordinato ma non pagato.

Il Tribunale dà ragione alla Cignoni, asserendo che vi è l’urgenza perché si tratta si salvaguardare l’immagine della città di Venezia. Pertanto il manufatto deve essere urgentemente consegnato per l’immediata installazione. Questo succede a novembre del 2006 e l’installazione avviene in agosto del 2007. Ma… non c’era l’urgenza per il buon nome di Venezia?”.
Gigio Zanon prosegue dicendo: “Il trasporto l’ha eseguito la Fagioli, per l’indiscussa capacità ed esperienza degli addetti, le operazioni sono avvenute nel più perfetto dei modi e con un anticipo di 5-6 ore sulla tabella di marcia. Quando si è trattato di innestare il concio centrale fra i due laterali lo appoggia sopra i martinetti delle due palancolate laterali e non si innesta direttamente dove avrebbe dovuto, rinviando l’operazione a tempi più sicuri. Perché? Si nota benissimo dalle fotografie “ufficiali” che tra i conci laterali e quello centrale vi è un dislivello, a occhio, almeno di 20 centimetri. Ma non basta: l’arcata centrale è posta “in tiro” con dei robusti tiranti, affinché non poggi direttamente sui plinti di spalla laterali, e l’ingegnere capo ha affermato che bisogna “monitorare” il ponte fino a che non si sia assestato”.

In mezzo a questa confusione non abbiamo capito il compito della società Cignoni, cos’ha fatto?

Nulla! Ha solo incassato i soldi e non li ha nemmeno dati a chi ha lavorato e li sta aspettando”. Gigio diventa livido dall’ira e dice “Per questo bel lavoro il munifico Calatrava percepisce più di 92.000 euro all’anno per la sua consulenza. Sono stati spesi milioni di euro che invece avrebbero dovuto investire per risanare la città dal degrado in cui versa.

E i problemi non saranno certamente finiti qui, ne vedremo ancora tante! Compreso il funzionamento dell’Ovovia, rimedio inventato per abbattere le barriere architettoniche del ponte fuori norma e far contenti i più che mai sconcertati disabili. Dopo che Calatrava aveva dichiarato che i disabili potevano benissimo prendere il vaporetto per passare da una sponda all’altra, il Comune ha partorito la soluzione Ovovia. Ma sapete quanto ci metterà un disabile per transitare da una parte all’altra delle sponde? Da 30 minuti a 1 ora di viaggio”.

Perchè questa discrepanza negli orari?

Se uno trova  “l’uovo” già a portata di mano in mezz’ora felice e contento si trova dall’altra parte, altrimenti dovrà attendere che il meccanismo dalla parte opposta si avvii verso di lui attendendo per circa 30 minuti che sommati ai 30 per passare fanno 60 minuti. Che grande trovata l’“Ovovia”!”.

Daniela Russo

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di ottobre 2007 in LiberoReporter Magazine. Lo ripubblichiamo in BonVivre per ricordare i passaggi salienti di questa tenebrosa storia e per aiutare i nostri lettori a riflettere sull’epilogo “Calatrava portato in giudizio per danno all’erario”

 

 

 



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