Kafka a Pietrarsa


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Nell’ambito del Napoli Teatro Festival, al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, si è svolto lo spettacolo “Amerika” tratto dal romanzo di Kafka con la regia di Maurizio Scaparro. Una giusta location, mare e vecchie locomotive, e un vero lavoro di cesello di traduzione e regia per dar vita ai mali, alle contraddizioni ed alla vitalità Kafkiana. E’ la storia di Karl Rossmann, interpretato magistralmente in tutta la sua vigoria giovanile dall’attore Giovanni Anzaldo, un sedicenne praghese, costretto dai suoi genitori ad emigrare in America per espiare una ingenua colpa d’amore, che si perderà in una realtà a lui incomprensibile. Imbarcato sulla prima nave diretta a New York troverà lo zio imprenditore, l’attore Maria Morosi, ad attenderlo che gli prospetterà un roseo futuro lavorativo alle sue dipendenze: qualche tempo dopo, però sarà scacciato, solo per aver accettato un invito senza la sua approvazione. Ritrovatosi abbandonato, il ragazzo comincerà a vagare senza meta fino a che non incontrerà due vagabondi, un francese e un irlandese: i due promettono di aiutarlo a trovar un’occupazione, ma intanto gli vendono i vestiti senza permesso, mangiano a sbafo il suo cibo e gli rubano i suoi ricordi fotografici. Questa situazione alquanto incresciosa continuerà fino a che il giovane non riuscirà a trovare lavoro come ragazzo d’ascensore presso il rinomato “Hotel Occidental”; ma anche qui perderà il suo impiego, a causa di un malinteso e la codardia di un italiano. Cercherà di fare il servitore, insieme al francese e l’irlandese, nell’appartamento di una cantante ambigua e capricciosa di nome Brunelda, ma andrà via disgustato. Un giorno, finalmente, vedrà un manifesto con la pubblicità del Nature Theatre of Oklahoma e l’annuncio della ricerca di collaboratori: il ragazzo sarà assunto come operaio tecnico e mandato in treno da New York a Oklahoma City. Gran bello spettacolo, ma innanzitutto bella regia per aver saputo sviscerare da un testo, lasciato incompiuto, la fantasia, il carattere sociale e la sensibilità musicale dell’autore. Kafka non conosceva l’America e questo aspetto si coglie benissimo nelle contraddizione ed esagerazioni sceniche: il miraggio del nuovo continente che sperimenta e avanza sulla vecchia e conservatrice Europa; il melting pot, uno dei nomignoli della città di New York per indicare la convivenza di persone di culture tra loro molto diverse, si sente vicinissimo, attuale ed imbarazzante per la ritrosia italiana, di oggi, nell’accettare l’altro; la musicalità dei ricordi e delle nuove conoscenze nei ritmi sapientemente accostati di vecchie musicalità europee con il rag-time ed altro. Interessate, la velocità dei cambi scenici e degli stessi attori in più personaggi, particolarmente di Ugo Morosi, che si alterna nei panni dello zio, del capo cameriere, di Brunelda, etc.., per indicare la forza del potere paterno negativo; e dell’attrice Carla Ferraro, segretaria, cuoca, attrice, etc…, per sottolineare che qualsiasi mano si stenda benevola e materna, non avrà alcuna forza contro la chiusura mentale. Il tutto è stato impreziosito da un accompagnamento musicale dal vivo, grazie agli adattamenti del pianista Alessandro Panatteri, alle percussioni del batterista Andy Bartolucci e al clarinetto di Simone Salza.

Anna D’Ambra



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