Letto per voi: elogio della nudità


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elogio alla nuditàNasciamo nudi, veniamo fuori dal ventre materno caldo e accogliente come esseri gracili al freddo dell’ambiente fatto di aria. E lì, dopo un tiepido bagnetto e il pianto del nostro primo respiro viviamo il nostro primo rito di passaggio, la vestizione. Eredità di una evoluzione che ci ha voluto animali senza peli, per proteggerci a quasi tutte le latitudini abbiamo bisogno di coprirci. E questa abitudine si è trasformata in cultura, la stessa che ha indotto Adamo ed Eva a provare pudore e vergogna e trovare riparo dalle proprie emozioni negative grazie ad una foglia di fico. Già perché anche nelle popolazioni che vivono in zone molto calde, i genitali sono quasi sempre coperti. Con la prima canottiera e il primo pannolino quindi iniziamo il nostro percorso all’interno di quello che nei secoli è progressivamente diventato un vero tabù. Ne percorre l’interessante storia la collega giornalista Anna Meldolesi nel suo libro edito da Bompiani in cui svela il difficile percorso per riappropriarsi della propria nudità.

La cacciata simbolica dal paradiso terrestre però può essere letta non solo come la perdita di un privilegio, piacevole ma noioso, ma come l’acquisizione del piacere della trasgressione, ben più interessante. E’ un testo più antropologico che femminista, in cui la nudità è documentata nelle sue forme, dalla sottomissione al suo utilizzo come forma di potere. Mostrare il proprio corpo è di certo un forte strumento di protesto se pensiamo alle donne di Femen o alla trans Efe Bal che usa il corpo per comunicare e dare forza alle parole. Ed è lontana dalla retorica della donna sfruttata e sottomessa allo sguardo maschile. La donna può non essere una vittima ma porsi in maniera consapevole e consenziente ad uno sguardo che non può toccarla, così come sostiene Ruth Barcan che considera il corpo e la nudità una forma di potere economico.

L’autrice racconta con grande ricchezza di fonti storie esemplari di nudo, da Inna, leader del gruppo femminista ucraino Pussy Riot che decide di abbattere la croce nel centro di Kiev teatro della Rivoluzione arancione e che lo fa, si, ma in topless, con una sega elettrica in mano e grossi e spessi guanti neri, e rilascia una breve dichiarazione prima di fuggire. Sarebbe stato lo stesso vedere una bellissima donna dai lunghi capelli biondi fare lo stesso gesto? Quanta potenza mediatica ha aggiunto alla sua contestazione? Non faccio fatica a pensare che da vestita avrebbe conquistato le pagine interne dei quotidiani nazionali mentre a seno nudo, sfoggiando la sua femminilità, l’identità e un simbolo potente, ha avuto l’attenzione delle televisioni di tutto il mondo. Due seni. Tutto qua? No, c’è la potenza delle immagini che vedono poliziotti in divisa bloccare e buttare a terra ragazze a seno scoperto, caricarle a forza nelle camionette e portarle via. C’è il contrasto tra repressione vestita e ribellione nuda, la lotta tra aggressività e vulnerabilità. Anche le Femen sono aggressive ma si presentano svestite e quindi ‘disarmate’, vulnerabili e quindi si attirano lo sguardo delle telecamere. La nudità funziona, attrae e seduce anche quando siamo contrari.

Nude per protesta, per seduzione, la cui icona è la ballerina di burlesque Dita Von Teese che è essa stessa essenza e interpretazione sino al nudo maschile, nella sua forma probabilmente becera, che con l’abitudine al sexting ossia fotografare le parti intime, ha rovinato la carriera politica del brillante deputato democratico Anthony Weiner che inoltrò le immagini per errore al pubblico di twitter invece che ad una ammiratrice con cui aveva conversazioni molto private. Il che in parte dimostra quanto poco gli uomini ci sappiano fare con il nudo e anche con la tecnologia, usata ad arte da molte star che con la scusa di video intimi illecitamente messi in rete (a voi se crederci) hanno costruito la loro popolarità e le loro carriere.

Anna meldolesi

Elogio della nudità

Bompiani

Euro 16,00

Pp132

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