Premi Oscar: DiCaprio finalmente! Iñàrritu fa bis ed entra nell’Olimpo


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Delle dodici candidature Oscar ottenute – miglior film, migliore regìa, migliore attore protagonista, migliore attore non protagonista, miglior montaggio, miglior scenografia, miglior fotografia, migliori costumi, miglior trucco, migliori effetti speciali, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro – The Revenant. Redivivo, Una storia vera ne ha effettivamente conseguiti tre, un quarto del totale: alle 3,33 (ora italiana)  un premio tecnico, di fondamentale importanza però per la perfetta riuscita di una simile opera d’arte: l’Oscar a Emmanuel Lubezki (alla sua terza volta) per la migliore fotografia. Alle 5,35 è arrivato il premio al regista messicano Alejandro González Iñárritu, che ha inusitatamente e clamorosamente bissato lo stesso premio vinto l’anno scorso con Birdman  (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza), che si classificò anche come miglior film.

Nella lunga notte di Los Angeles, gli accesi fans dell’attore italo-americano Leonardo DiCaprio hanno dovuto aspettare le 5,51 per vederlo finalmente agguantare l’agognata statuetta, sfuggitagli per un soffio per ben quattro volte dall’ormai lontano 1994. I numerosi fans riuniti a Roma speravano anche in una sua denuncia del dramma dei nostri due Marò perseguitati dallo Stato indiano, denuncia che però purtroppo per ora non c’è stata.

Anche se The Revenant non ha vinto anche il premio di miglior pellicola, ha tutti i titoli per essere considerato un film cult, che i premi ricevuti hanno soltanto consacrato, per essere stato girato con maestrìa – e chi vede il film se ne accorge – in condizioni straordinariamente rigide.

E’ un lavoro dalla storia molto travagliata e continuamente rimandata a partire dall’agosto 2001, quando cioè vennero acquistati i diritti del libro inedito The Revenant di Michael Punke, che si ispira alla storia vera del cacciatore di pelli Hugh Glass, il quale nel 1823 partecipò ad una spedizione lungo il fiume Missouri, insidiata dagli indiani, che avevano già ucciso 33 uomini della spedizione stessa, e, sulla via del ritorno, viene aggredito da un’orsa gelosa della sua prole. Sebbene egli riesca, infine, ad ucciderla, ne viene prima fisicamente devastato e quasi… stuprato. Abbandonato dai compagni e moribondo (il più magnanimo di essi, il Comandante della missione, lo lascia con una scorta, solo al fine di assicurargli una degna sepoltura), rimane in compagnia del figlio Hawk, del giovane e premuroso Bridger e del cacciatore Fitzgerald, che invece non è dotato di nessuna virtù cristiana e lo tradisce, avendo fretta di raggiungere il loro capo per riscuotere il lauto compenso promesso, prima cercando di indurlo al suicidio in modo – afferma – di non mettere a repentaglio la vita del figlio, e poi uccidendogli il figlio stesso.

Hugh riesce invece a sopravvivere malgrado tutto e a vendicarsi proprio grazie agli indiani  del tradimento subìto.

Girato in condizioni estreme, anche a meno 30-40 gradi sotto zero, nella Columbia Britannica, a Calgary, e, nelle ultime scene, quando in quelle regioni quasi inaccessibili all’uomo era sopraggiunta una troppo “mite” primavera, nella Terra del Fuoco, in Argentina, per le scene finali, il film ha in Leonardo Di Caprio un protagonista monstre, che ha saputo sfruttare le malattie, le tossi e i raffreddori contratti su quell’incredibile set, per meglio servire l’opera d’arte cui prestava il proprio corpo e la propria anima, dandogli così toni di forte impatto realistico.

Le riprese del film si sono iniziate ufficialmente nel settembre 2014, e avrebbero dovuto concludersi entro marzo 2015, ma la lavorazione è poi durata fino ad aprile-maggio, “perché – spiegò il regista a Lorenzo Pedrazzi – lavoriamo davvero per poche ore al giorno. Ma è stato chiaro fin dall’inizio che avremmo avuto piccoli momenti preziosi un po’ alla volta: era tutto programmato. Questo non solo per creare più intensità, ma anche per le condizioni climatiche. Stiamo girando in paesaggi così remoti che per raggiungerli impieghiamo il 40% della giornata. Quei posti, però, sono così meravigliosi e potenti che sembrano immacolati, mai toccati dall’uomo, ed è ciò che ho sempre voluto”.

Di eccezionale qualità fotografica, il film è stato girato sempre con la sole luce naturale, col continuo contrasto sulla candida neve dei fuochi che vi si accendono continuamente. Un prodigio che ripete quello del grande Stanley Kubrick nel più bel film sul Settecento mai realizzato: Barry Lindon.

 

Giancarlo De Palo

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