La Genova magica di Marco Pepè


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Ha origini calabresi, gitane e anche nobili, in quanto il nonno zingaro della madre aveva sposato una giovane baronessina di quei luoghi.
Marco Pepè detto Alex si direbbe un personaggio indecifrabile. Ricci mediterranei, carnagione vagamente levantina, occhi vivacissimi da “Sarracino”. Bel ragazzo, anzi bell’uomo, perché non dimostra affatto i suoi cinquant’anni. Nato e presto inurbato a Genova, reca in sé il fascino e i misteri del profondo Sud agricolo e paleorurale, tutto un mondo di fattucchiere, ombre e casolari diroccati e deserti, da sempre popolati dagli inquieti spiriti dei trapassati. La mamma, “guaritrice di campagna” per hobby, toglie il malocchio ai compaesani, parla con i defunti e tira giù pagine e pagine di scrittura automatica, con tutto quello che le dettano le anime. Intanto il giovane Marco si esercita con i tarocchi, e comincia a comunicare con spettri burloni o dispettosi, che spostano molto bruscamente arredi, specchiere e suppellettili. Non dispone delle sofisticate attrezzature dei ghostbusters hollywoodiani, ma può contare su un’ acutissima sensibilità naturale.

A Genova, già a vent’anni, ha un’impresa di pulizie con 60 dipendenti. Ma il Nord tecnologico non lo distoglie dal suo incessante contatto con l’Aldilà (“oggi le streghe vanno in motorino”). Aiuta un cronista del Secolo XIX, il quotidiano della città, che per le notizie meno spiegabili ricorre alla sua consulenza. Collabora con la polizia nella lotta al satanismo. Ma intanto, per un’innata attitudine allo spettacolo, sogna di calcare le scene come attore. Vorrebbe recitare, ballare, cantare. Non andrà proprio così, eppure quella certa propensione allo spettacolo lo porterà a inventarsi incredibili Ghoust Tour, lunghi e tortuosi percorsi notturni con gran seguito di turisti e curiosi, attraverso le magiche oscurità dei carruggi della Genova vecchia: dove ogni piazzetta, ogni vicolo testimonia di ombre, aneddoti e spesso di certi antichi e cruenti fattacci, tra folklore e sortilegi. Non mancano giochi di gruppo, cacce al tesoro, piccoli quiz con premi e cotillon. Nel tempo il pubblico cresce, fino a raggiungere le cinquemila presenze. Tutti si divertono. Pepè e il suo gruppo folk di teatranti improvvisano recite, eventi e situazioni d’ogni tipo. C’è di tutto, tra mimi, giullari, saltimbanchi, carnevali e processioni strapaesane per la Madonna. Ed ecco realizzata, nella forma forse meno prevista, l’antica vocazione alle scene. Nel ’92 ripropone alla città il tradizionale Falò di San Giovanni in chiave spettacolare, con tarocchi e segni zodiacali viventi. Qualche anno dopo una giunta comunale bacchettona vieta la manifestazione, giudicata poco compatibile con una festività religiosa. Pepè non si scoraggia, e ripropone il suo estroso repertorio la notte di Halloween, con il favore dei commercianti locali. Nuovo, grande successo, tra maschere e maree di bambini. “Ma non è un’attività – mi spiega – perché è tutto gratis e nessuno paga”.

Nel frattempo, Marco “Alex” Pepè è diventato un personaggio, per non dire un’istituzione. Se lo contendono Rai e Mediaset, ovvero trasmissioni televisive come Uno Mattina e gli show di Costanzo e Bonolis. Scrive e pubblica tre bei libri: I misteri di Milano, Genova magica e Genova stregata. Studia seriamente, si documenta, raccoglie personalmente ogni testimonianza con scrupolo filologico. Da tempo collabora con due settimanali: “Di Tutto” e “In famiglia”, dove riferisce di certi strani fenomeni che si producono nei più remoti cascinali di campagna. Senza toni macabri né compiacimenti morbosi. Anzi, con la semplicità e la naturalezza di chi parlarla usualmente con tutti, vivi e morti. “Figure che appaiono e scompaiono, brevi flash, piccoli spostamenti. Percezioni fuori dallo spazio-tempo”. Non ha niente di finto o fasullo, non si atteggia a guru. E gli credo.



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