Il “Pannunzio” di Torino, anima liberale della cultura


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Fin dai primi decenni del Novecento ha agito in Italia una forza culturale minoritaria quanto vitale, del tutto autonoma rispetto ai grandi blocchi dell’ideologia e della geopolitica nazionale e internazionale. Un’élite intellettuale di pensiero legata costantemente ai valori del Risorgimento e del riformismo laico e liberale, difficilmente inquadrabile nei parametri prevalenti oggi e allora. Forze eterogenee, che agiscono nel tempo con riferimenti e personaggi anche disparati. Nomi come Leo Valiani, Ennio Flaiano, Arrigo Benedetti, Ernesto Rossi e tanti altri non diranno forse molto alle masse giovanili di oggi: eppure, lungo un filo rosso che accomuna esperienze personali e politiche anche distanti – partito d’azione, movimenti liberali e radicali, esponenti repubblicani e frazioni di socialdemocrazia o centrosinistra – parliamo di uomini e idee che hanno lasciato testimonianze decisive di attivismo civile e pensiero critico di stile un po’ illuminista, attraverso i tormentati anni della storia nazionale anche recente.

In un contesto tanto inquieto e variegato, la figura di Mario Pannunzio (1910-1968) trova uno spazio tutto speciale per varietà di interessi, apertura mentale e impegno politico-giornalistico. Già negli anni Trenta, il giovane Pannunzio è al centro dei fermenti dei caffè letterari romani. Giornalista e critico cinematografico, fonda riviste e collabora a periodici come Omnibus di Longanesi, il primo vero rotocalco italiano. Durante l’occupazione tedesca dà vita a un foglio clandestino, “Risorgimento Liberale”. Finita la guerra, nel 1949, ecco il settimanale Il Mondo, che in pochi anni diventa un importante polo di aggregazione per tutto il riformismo che non si identifica nei sistemi ideologici dominanti. Grafica e impaginazione raffinate, foto eleganti, scrittura di qualità. Presto nasce l’associazione degli Amici del Mondo, mentre fioriscono i convegni promossi dal settimanale, all’insegna di una laicità severa ma non faziosa sui grandi temi della vita italiana, dagli abusi edilizi all’invadenza di un certo clero.

Mario Pannunzio muore nel 1968. Nello stesso anno, a Torino, Pier Franco Quaglieni, Mario Soldati e Arrigo Olivetti con altri esponenti universitari, fondano il Centro Pannunzio, apartitico, che ne riprende e sviluppa l’eredità. Diretto da un comitato di studiosi, il Centro può vantare una medaglia d’oro conferita dal presidente Pertini nel 1979 per le sue molteplici benemerenze . Oggi il “Pannunzio”, per prestigio e reputazione, è tra le principali istituzioni culturali nazionali. Aperto a tutti, conserva nei suoi annali l’ intera collezione de Il Mondo, con relativa documentazione storica. Promuove eventi, ricerche, convegni, gruppi di studio, pubblicazioni, presentazioni di nuove opere, premi letterari intitolati allo stesso Pannunzio e a Mario Soldati. Lo stesso nostro collaboratore Gian Luca Caffarena, che è stato tra i vincitori del premio Soldati, il prossimo lunedì 9 aprile alle 18 presenterà nella sede torinese (via Maria Vittoria 35 H) il suo ultimo romanzo “Il Velo”, edito da Melangolo.

Anima e motore dell’associazione è tuttora il professor Pier Franco Quaglieni, già fondatore dell’istituto e docente di storia contemporanea. Alla presidenza gli è recentemente subentrato il giornalista Alan Friedman, Tra gli aderenti storici, varrà la pena di menzionare figure di padri fondatori come La Malfa e Saragat. Tra i premiati, ricordiamo Spadolini, Montanelli, Claudio Magris, Piero e Alberto Angela. Dove l’antica tradizione del Novecento si coniuga con le problematiche di maggior attualità, in un elegante tocco sabaudo di sobrietà e rigore.

 

LP



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