Arricchirsi con onore. Elogio del buon imprenditore


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Le intuizioni e gli insegnamenti intramontabili del primo trattato sull’arte di fare business, il Libro della mercatura, un manoscritto rinascimentale rimasto nell’oblio per oltre cinque secoli.

 

Benedetto Cotrugli, uno straordinario, poliedrico umanista, mercante e diplomatico, nientemeno che 500 anni fa ultimava il suo “Libro dell’Arte della Mercatura”, primo trattato della storia sull’arte di fare business,  potenzialmente  destinato a diventare un testo di riferimento della storia economica: innanzitutto perché contiene la prima enunciazione storica della partita doppia, trentasei anni prima del suo “inventore ufficiale” Luca Pacioli, Ma soprattutto perché abbraccia una visione unica, totale, a 360 gradi, di tutti gli aspetti tecnici, psicologici e sociali dell’Arte di fare business.

Il volume da alcuni giorni in libreria, edito da Rizzoli, propone i temi e i passaggi centrali dell’opera originaria, aggregati nelle quindici regole d’oro dell’arte di arricchirsi con onore, seguiti da una appassionante ricostruzione storica della figura di Cotrugli e delle vicissitudini dell’opera e da un elenco di aforismi tratti dall’opera, che ben sintetizzano l’attualità della visione del mercante-umanista.

Mentre la finanziarizzazione dell’economia e le susseguenti crisi sembrano aver minato le regole di base degli affari, la riscoperta di un manuale del ’400 ci ricorda che esiste anche una maniera “sana e profittevole” di arricchirsi e arricchire la società nel contempo. Il Libro de l’arte de la mercatura di Benedetto Cotrugli inquadra il mercante come un “uomo universale”, chiarendo che la precisione e la pulizia contabile sono solo uno dei tre perni su cui si regge l’arte del business, accanto alle tecnicalità operative e finanziarie di una attività d’impresa e alle caratteristiche intellettuali, professionali e umane di chi la esercita. Un trattato, qui a cura e con un saggio finale di Alessandro Wagner, che mette magnificamente a fuoco il concetto di «capitano d’impresa» e il suo ruolo nella società, indicando la strada per quello che Brunello Cucinelli nella prefazione rivendica come un nuovo «capitalismo umanistico».

 



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