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Un mostro chiamato Girolimoni

Un mostro chiamato Girolimoni
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Per tanti anni il nome di Girolimoni è  stato associato alla figura di un pedofilo nell’immaginario collettivo.

Forse mai nella cronaca italiana si è avuto un abbinamento così forte tra un reato e il suo presunto autore. Bilancia non è il sinonimo di Serial Killer, come la Franzoni non è il sinonimo di matricida. Girolimoni è invece questo, il sinonimo di pedofilo. Ironia della sorte l’abbinamento in questo caso è non solo incorretto sulla tipologia dei reati assegnati, l’uccisore delle “nostre” bambine, purtroppo, non può ritenersi solo pedofilo, ma anche sull’autore che come vedremo è risultato già dopo pochi mesi dall’arresto totalmente estraneo ai fatti.

Ma forse, come tra l’altro viene accennato anche nel bellissimo film di Damiano Damiani su giro limoni del 1972, è stato proprio il nome della vittima di uno dei più grandi errori giudiziari dello scorso secolo a “aiutare” l’abbinamento che riportavamo prima. L’oblazione è stata impedita dal nome, Girolimoni, un nome singolare, raro, con una riflessione onomatopeicamente sinistra per chi lo pronuncia. Questo è stato uno degli elementi che sommati al periodo fascista, non dimentichiamoci nei primi anni di tale periodo quindi con la voglia di dimostrare la superiorità del regime rispetto i tempi precedenti, alla presenza di alcuni investigatori che se, per mera bonarietà non si vogliono definire disonesti è quanto meno corretto definire incapaci, hanno portato all’arresto di un innocente ma ancor di più alla sua rovina sociale.

Quando ci si trova ad affrontare la cronaca nera di quasi un secolo prima si devono superare  due grosse difficoltà, la prima relativa alla difficoltà di trovare il materiale storico per poter analizzare il caso trattato con il giusto rigore scientifico, la seconda difficoltà e di trarre un libro che possa essere attuale, che possa insomma appassionare il lettore.

La prima è dovuta alla “curiosa” mancanza degli atti istruttori svoltisi nel periodo fascista, l’archivio di stato non li possiede e ad oggi non è possibile capire dove siano finiti quei atti così importanti. Ed è per questo che soltanto il periodo di preparazione di questo libro è durato più di un anno, Fabio e Armando hanno dovuto svestirsi dei panni degli scrittori ed hanno necessariamente dovuto assumere quelli degli investigatori. Alcune ricerche, che non vengono pienamente descritte nel questo libro, hanno permesso addirittura di recuperare tre delle quattro autopsie effettuate sulle bambine o la tesi di laurea discussa a Perugia dal Dosi. Tanto materiale che pur non contribuendo direttamente alla stesura del testo ha permesso di conoscere veramente i protagonisti. Ma da veri detective non si sono basati solo sul carteggio ma hanno rivissuto l’epoca passando per le stesse strade che avevano, ormai tanti anni orsono, visto i fatti. Hanno intervistato gli ultimi testimoni, anche se indiretti, la signora Angela Puliani, la mamma di Maria Durante, la donna che rinvenne il cadavere della “Biocchetta”, o l’intervista alla figlia di  Dosi…

Un libro storico, pieno di date fatti ed avvenimenti che però è riuscito a superare la seconda difficoltà, quella relativa alla “attualità”, i fatti narrati sono scorrevoli, mentre si leggono le vicende il lettore rivive una atmosfera che potremmo dire “dei bei tempi andati”. I vicoli con i bambini vocianti, i giochi in strada, l’abbigliamento dei signori di una volta, con il loro cappello, o delle popolane che percorrevano i vicoli di Roma. Si può dire il lettore arrivato alla fine abbandona il libro con una certa malinconia, certo questo saggio narra di fatti di cronaca drammatici ma il lettore, giunto alla fine, si sente di dover abbandonare i vicoli narrati dai suoi padri o dai loro nonni.

Se dovessimo trovare un solo termine per descriverlo si potrebbe senz’altro utilizzare “atmosfera”.

 

Un innocente trasformato in mostro

Gino Girolimoni: un nome che a Roma vuol dire infame. Il nome di chi avvicina le bambine, le cerca. le vuole, le prende. Un nome usato ancor oggi nelle strade, quando qualcuno si comporta in modo viscido. Già, ma chi era davvero Gino Girolimoni? Un uomo benestante, coinvolto nella Roma degli anni Venti in una storia molto più grande di lui, così, dall’oggi al domani. Arrestato, accusato di ben sette tra stupri e omicidi a danno di bambine. Una belva, un martirizzatore: come si affrettarono a scrivere i giornali. Peccato che Girolimoni fosse completamente innocente, peccato che ogni prova fosse inventata di sana pianta per placare l’isteria, la follia che ormai s’era impossessata dei quartieri della città, della gente. Una vita distrutta, mentre il suo nome diventava così un’icona ante litteram dell’errore giudiziario. Con gli anni si fa strada l’ipotesi di un secondo colpevole, un sacerdote inglese, che avrebbe commesso i reati che vennero addebitati al povero sor Gino , . Un’idea che s’è fatta strada, anche perché il reverendo la fece franca, alla fine. Ma anche lui: era davvero colpevole? Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani, con l’aiuto di esperti di primo piano, ricostruiscono la vicenda dandone il quadro storico e criminologico completo. Rifacendo le indagini, passo passo, strada per strada, sospetto per sospetto, con le tecniche investigative di oggi. Un’operazione mai tentata prima, che illumina il caso Girolimoni facendo rileggere la storia con una luce diversa. Cosa portò all’incriminazione di Girolimoni? L’inglese era davvero colpevole? Cosa accadde davvero a Roma, tra il 1924 ed il 1928? Chi era il peggior serial killer pedofilo della storia italiana?

redazioneBonVivre

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