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Barney: versione e trasgressione

Barney: versione e trasgressione
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Si può vivere in maniera dissoluta e dissacrante, avere rapporti difficili o inesistenti con i propri tre figli, essere accusati dell’omicidio del proprio miglior amico e risultare simpatici? Apparentemente è impresa ardua: ma non sempre è così. L’eccezione, con un atto di ravvedimento dai luoghi comuni più abusati – e che con superficialità portano a conclusioni scontate – ce la fornisce Barney Panofsky personaggio letterario creato da Mordecai Richler, scrittore canadese di grande talento scomparso nel 2001. Barney è un ebreo canadese; un padre e marito (di tre mogli), in antitesi perfetta con l’uno e con l’altro ruolo. E’ alcolizzato irrecuperabile. Non conosce né un’etica né una coscienza cui rispondere. Un gaudente spregiudicato nella Parigi degli anni cinquanta dove vive con un gruppo di artisti in cerca di affermazione.

In “La versione di Barney”, l’autore fa parlare il protagonista in forma autobiografica.

Ormai vecchio e afflitto dal morbo di Alzheimer, Barney si affida alla penna per difendersi dalle accuse di uno dei suoi compagni – Terry McIver -, per l’omicidio del suo più caro amico, “Boogie”.

Lo scopo di ottenere la riabilitazione non sarà altro che un pretesto per raccontare la sua intera vita. Barney gode nel raccontare un’esistenza godereccia; si fa strumento che porta a compimento tutto il “vorrei, ma non posso”, smascherando tutti gli alibi che, insieme a invisibili catene, compiono il loro scopo di bloccare ciò che deve rimanere precluso agli altri essere umani. Non è una ricetta per la felicità quella che esprime Barney, è il seguire la via delle passioni ovunque esse conducano.

 

Divisa in tre capitoli, uno per ciascuna moglie avuta, questa “versione” si avvale del paradosso, asse portante del libro, di un personaggio straordinariamente colto e insieme così anticonvenzionale e rude; è infatti pervaso da erudite citazioni e da grande ironia (a volte anche greve).

In un’intervista rilasciata nel 2000, l’autore afferma: “Barney è molto critico nei confronti di se stesso, si sente in colpa e inadeguato come si sente la maggior parte delle brave persone. E’ certamente un personaggio complicato”. A suo modo è anche un sentimentale che percorre la vita attraverso altre strade.

Non è un libro di facile lettura: diventa rilassante se lo si scuote ogni tanto, pesante se lo si affronta di petto, visti anche i numerosi flashback e vuoti di memoria del protagonista. L’attenzione per l’approccio alla lettura, quindi, si confronta – e crea una singolare analogia per il lettore – con la spigolosità e “diversa umanità” del protagonista.

Il libro ci offre un punto di osservazione su altri orizzonti: non un libro “diversamente educativo”, beninteso, ma una scrittura rivoluzionaria che alla sua uscita (la prima edizione è del 1997) suscitò enorme clamore e successo – soprattutto in Italia, dove nel solo 2001 realizzò più di 100.000 copie vendute grazie all’edizione pubblicata da Adelphi -.

E’ uscita in questi giorni la versione cinematografica del libro, interpretato da Paul Giamatti e Dustin Hoffman. Perciò niente scuse: che Barney si legga o si veda, ci aspetta con le sue trasgressioni in versione godibile e con la sua umanità alternativa.

redazione

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