Ci sono voluti trent’anni per riportare ad Aidone, in provincia di Enna, sua terra di origine, la Dea di Morgantina. Meglio conosciuta come Venere, ma in realtà rappresenta Demetra o Persefone, ha vissuto una storia molto travagliata trascorso per lo più nelle aule dei tribunali. Proveniente dal sito archeologico di Morgantina, nel cuore della Sicilia, è una statua alta 2,24 metri, scolpita nel V secolo a.C. da un diretto discepolo di Fidia, uno scultore operante nella Magna Grecia. Si tratta di un acrolito, tecnica scultorea largamente utilizzata nella penisola italiana a dominazione greca in cui il corpo è realizzato in pietra calcarea siciliana, che doveva essere colorata, mentre le parti nude, testa, braccia e piedi sono in marmo pario. La preziosa statua, sulla quale ci si gioca la scommessa di rilancio turistico della Sicilia centrale non toccata dal mare, fu trafugata da Morgantina nella seconda metà del Novecento. Il ricettatore dell’opera, certo Renzo Canavesi, ottantenne svizzero, secondo la ricostruzione dei magistrati del Tribunale di Enna, vendette la statua all’inizio degli anni Ottanta per la cifra di 400 mila dollari ad una società londinese, la Robing Symes Ltd, la quale a sua volta la vendette al Paul Getty Museum di Malibù, nel 1986, per 10 milioni di dollari. I magistrati ennesi condannarono Renzo Canavesi a due anni di carcere ed il pagamento di una penale di 40 miliardi di lire: 20 miliardi per il valore della statua e 20 miliardi per danni morali.
Una sentenza esemplare che per la prima volta vide il verificarsi del reato di esportazione clandestina di opere d’arte italiane. Il Tribunale di Enna, anticipando gli accertamenti scientifici disposti dal museo che la ospitava, accertò che la pietra calcarea della statua proveniva dalla Sicilia. Al termine di un lungo contenzioso tra Italia e Stati Uniti, durato anni, in cui è da sottolineare la partecipazione attiva e appassionata della comunità aidonese alla rivendicazione della statua, la Dea di Morgantina è stata restituita all’Italia il 17 marzo 2011 ed è oggi esposta al museo archeologico di Aidone, piccola cittadina in provincia di Enna. Sull’identificazione della dea rappresentata, se in un primo momento si pensava fosse una Venere, adesso si è portati a credere che rappresenti Persefone: molti infatti sono gli indizi che portano a questa tesi, come ad esempio la presenza di parecchi santuari nella zona di Morgantina in onore di Persefone oppure l’assenza di una spalla scoperta tipica di Venere. Ciononostante la prestigiosa statua attesa da anni è tornata a casa e su di essa si ripongono le speranze di un forte rilancio economico di un area dell’entroterra siciliano fortemente depressa, con una economia a prevalenza agricola che a causa della crisi congiunturale ha messo in ginocchio questo territorio. Soprattutto ci si auspica un incremento turistico costante ed incisivo, anche se Aidone e le piccole cittadine limitrofi, pur conoscendo da tempo il rientro della Dea, non hanno visto sviluppare le proprie infrastrutture stradali e turistiche. Le strutture che possono ospitare turisti sono poche e visto l’interesse riposto sulla Dea di Morgantina, questa situazione, se non si corre ai ripari, potrebbe comportare non pochi disagi, rischiando di trasformare questa forte attrazione in un semplice oggetto a cui dedicare qualche ora del proprio tempo. Ma non è mai troppo tardi. Il giorno dell’inaugurazione, al museo archeologico di Aidone, le personalità istituzionali intervenute a partire dal Ministro della Cultura, Giancarlo Galan, dal senatore Francesco Rutelli e dal Governatore siciliano, Raffaele Lombardo, hanno puntato dritto sullo sviluppo della zona attraverso la valorizzazione turistica, la riqualificazione del territorio e della viabilità. “Nella zona – ha sottolineato Raffaele Lombardo – ci sono tre grandi distretti e tre grandi parchi, che mettono insieme tre grandi civiltà, sicula greca e romana.” Tornare a casa, è sempre bellissimo. Ma la Dea di Morgantina ha un compito arduo: quello di contribuire al difficile rilancio economico della Sicilia, troppo spesso maltrattata e abbandonata al suo destino.
Giancarlo Giandinoto