Gli innocenti del Lebensborn


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Ognuno di noi conosce gli orrori dell’Olocausto, il tentativo nazista di eliminare quelle razze chiamate inferiori, molti sanno che il 10 febbraio si celebra la “ Giornata del ricordo”, in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, ma ancora troppo pochi sono informati sul Lebensborn (sorgente della vita), quel progetto del gerarca nazista Heinrich Himmler di creare una “ super-razza” incoraggiando l’accoppiamento di militari tedeschi con donne ritenute di “ alto valore razziale”, in particolare scandinave e soprattutto norvegesi. Del progetto se ne occupò lo stesso Führer, tanto che i nati da queste unioni passarono alla storia come i “ Figli di Hitler”. In cambio, gli ufficiali e soldati tedeschi, erano garantite promozioni in campo, mentre i piccoli nati nel medesimo giorno di Himmler (7 ottobre), venivano premiati. Le donne, ospitate in veri e propri istituti, potevano ricevere assistenza adeguata durante e dopo il parto, erano accudite e avevano la facoltà di affidare il loro bambino, qualora avessero deciso di non tenerlo con sé. Di ogni bambino, quei piccoli dai capelli biondi e con occhi rigorosamente verdi o azzurri, se ne sarebbe comunque preso cura il regime considerandoli da subito cittadini tedeschi, perchè membri di una “ razza di valore”. Tra i tanti nomi sconosciuti del progetto Lebensborn, uno noto. Quello di Annie Frid Lyngstad, la cantante degli Abba, concepita dalla madre durante una relazione con un soldato della Wehrmacht, riuscita a fuggire con la bambina dopo la Liberazione, fuga che salvò entrambe.

Infatti, queste nascite diventarono in seguito un problema nazionale pesante e scomodo. Dopo la Liberazione di Oslo, a guerra finita, la domanda: che farne di tutti quei “ Figli di Hitler”? Sangue tedesco da parte di padre da un lato, cromosomi di una madre “poco seria” dall’altro.
La sorte di questi bambini sarà diversa a seconda dei casi: i più fortunati (quelli considerati “non troppo tedeschi”, là dove le SS riusciranno a distruggere gli archivi con l’identità dei padri), verranno adottati o ricongiunti alle loro madri. Destino ben più crudele per i piccoli nati in Norvegia. Qui gli archivi ritrovati intatti, riserveranno l’internamento a 14.000 donne “macchiatesi della colpa” di aver amato un tedesco. Ritenute pazze, anche i loro figli saranno considerati ritardati e rinchiusi in istituti per cure mentali.

Quei bambini di un tempo ora hanno circa 70 anni. La storia di queste persone è stata di dominio pubblico solo negli anni ottanta, quando un piccolo gruppo di “Figli di guerra”, Warchildren, ha deciso coraggiosamente di riunirsi in un’associazione per urlare la propria rabbia, il proprio passato, per avere un equo risarcimento dal loro governo, dopo tanti anni di persecuzione. Risarcimento che non è mai arrivato perché (questa la giustificazione) il fatto è ormai caduto in prescrizione.

Per saperne di più sull’argomento vi consigliamo uno spettacolo teatrale e un libro.

“Al rovescio: i Figli di guerra” è un momento di teatro che la giovane regista e attrice di Cento per Cento Teatro ha avuto il coraggio di mettere in scena, per rompere il silenzio di anni, di vergogna e drammi realmente vissuti. Da un anno la compagnia emoziona il pubblico con repliche in tutt’Italia ricevendo consensi e riconoscimenti.

Il libro è un saggio sull’argomento: “ I Figli di Hitler” curato da Kjersti Ericsson ed Eva Simonsen tradotto da Boroli Editore (206 pag. 14,00€) accende una luce e una speranza per queste vittime innocenti, campioni di una “razza-prima”, perseguitati dal dopo guerra ad oggi.

Emanuela Biancardi



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