I Virtuosi di San Martino in “La Repubblica di Salotto”


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Da 18  al  27 maggio  – Palazzo Santa Chiara, Roma.  Perfettamente in bilico tra musica e teatro, tra forma canzone e improvvisazione attoriale, tra interpretazione sonora e feroce parodia sociale, con un occhio sempre attento alla nostra quotidianità, spunto fertile di un’ironia irriverente e di un’inventiva sui generis, capace di fotografare fenomeni di costume e personaggi tra i più diversi. Più che di un’ennesima celebrazione per i fasti della nostra Repubblica, si tratta di una ricognizione comica, sarcastica, sprezzante, “politically incorrect” dell’Italia di oggi, divisa tra nuovi autoritarismi ed esaltazione ottimistica di stereotipi televisivi, mediatici, fondati sul consumo e sull’arricchimento facile. Con, di pari passo, il declino della cultura di opposizione, incapace di produrre modelli di riferimento realmente alternativi, e che finisce con l’allinearsi alle proposizioni del potere, relegandosi in salotti dalle frequentazioni sempre più trasversali. Tutti in un salotto “buono” a fare e a disfare, a dire e contraddire, a organizzare piccole lobby e il futuro culturale del paese.

Con la solita comicità, più di parola e calembour, che di gesto o di azione, i Virtuosi compiono un viaggio teatrale e musicale in questa nuova Italia, ispirandosi a Berhnard, Petrolini, Brecht, ed orchestrando questo percorso secondo le modalità care soprattutto a Kurt Weill, attingendo alle forme musicali più eterogenee e persino alla cosiddetta tradizione “colta”, spesso ridimensionata salacemente a luogo comune.

In questa “Repubblica di Salotto”, i Virtuosi scovano nuovi personaggi, nuovi mostri: dal cantautore morto alla giornalista televisiva, dal leccapiedi ossequioso al camorrista disoccupato, dal “moderato” al regista di teatro off. Tutti accomunati da un linguaggio ormai consunto, che, predisposto dai Virtuosi in veste teatrale, rivela comicamente il proprio tramonto.

Il tentativo è quello di istillare nei linguaggi correnti, nei luoghi comuni e nelle nuove acquisizioni culturali, il segno della crisi, il germe della risata liberatoria, convinti che sarà una risata a seppellire la piattezza dei nostri tempi.

Dunque un teatro musicale comico, irriverente, che non conosce e non vuol conoscere padroni, che non intende essere “di genere”, ma che anzi si prefigge di usare i cosiddetti “generi” per rivelarne l’inadeguatezza critica.

Perfettamente in bilico tra musica e teatro, tra forma canzone e improvvisazione attoriale, tra interpretazione sonora e feroce parodia sociale, con un occhio sempre attento alla nostra quotidianità, spunto fertile di un’ironia irriverente e di un’inventiva sui generis, capace di fotografare fenomeni di costume e personaggi tra i più diversi.

Più che di un’ennesima celebrazione per i fasti della nostra Repubblica, si tratta di una ricognizione comica, sarcastica, sprezzante, “politically incorrect” dell’Italia di oggi, divisa tra nuovi autoritarismi ed esaltazione ottimistica di stereotipi televisivi, mediatici, fondati sul consumo e sull’arricchimento facile. Con, di pari passo, il declino della cultura di opposizione, incapace di produrre modelli di riferimento realmente alternativi, e che finisce con l’allinearsi alle proposizioni del potere, relegandosi in salotti dalle frequentazioni sempre più trasversali. Tutti in un salotto “buono” a fare e a disfare, a dire e contraddire, a organizzare piccole lobby e il futuro culturale del paese.

Con la solita comicità, più di parola e calembour, che di gesto o di azione, i Virtuosi compiono un viaggio teatrale e musicale in questa nuova Italia, ispirandosi a Berhnard, Petrolini, Brecht, ed orchestrando questo percorso secondo le modalità care soprattutto a Kurt Weill, attingendo alle forme musicali più eterogenee e persino alla cosiddetta tradizione “colta”, spesso ridimensionata salacemente a luogo comune.

In questa “Repubblica di Salotto”, i Virtuosi scovano nuovi personaggi, nuovi mostri: dal cantautore morto alla giornalista televisiva, dal leccapiedi ossequioso al camorrista disoccupato, dal “moderato” al regista di teatro off. Tutti accomunati da un linguaggio ormai consunto, che, predisposto dai Virtuosi in veste teatrale, rivela comicamente il proprio tramonto.

Il tentativo è quello di istillare nei linguaggi correnti, nei luoghi comuni e nelle nuove acquisizioni culturali, il segno della crisi, il germe della risata liberatoria, convinti che sarà una risata a seppellire la piattezza dei nostri tempi.

Dunque un teatro musicale comico, irriverente, che non conosce e non vuol conoscere padroni, che non intende essere “di genere”, ma che anzi si prefigge di usare i cosiddetti “generi” per rivelarne l’inadeguatezza critica.



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