Le opere, il loro stato di conservazione, gli interventi previsti


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La MADDALENA PENITENTE di Caravaggio

olio su tela, cm 122,5 x 98,5

310px-Michelangelo_Caravaggio_063Il dipinto costituisce un’opera cardine della prima attività romana dell’artista Caravaggio (ca 1595) e raffigura la peccatrice che ha appena rinnegato la passata vita mondana: ha abbandonato in terra un filo di perle e dei monili insieme al vasetto di unguento, suo attributo caratteristico. Come nel Riposo nella fuga in Egitto (Galleria Doria Pamphilj), l’artista mostra qui la sua particolare abilità nella pittura di natura morta. La figura è intera e quasi compressa in basso. I toni chiari sono tipici della fase giovanile del pittore, mentre una lama di luce obliqua taglia la stanza spoglia, anticipando quella illuminazione spiovente che avrebbe reso la sua pittura ricca di contrasti e chiaroscuri esasperati, modello in seguito per la pittura di mezza Europa.

 

“Dipinse una fanciulla a sedere sopra una seggiola con le mani in seno , in atto di asciugarsi i capelli, la ritrasse in una camera, & aggiungendovi in terra un vasello d’unguenti con monili e gemme la finse per Maddalena. Posa alquanto da un lato la faccia e s’imprime la guancia, il collo e’l petto in una tinta pura, facile, e vera, accompagnata dalla semplicità di tutta la figura, con le braccia in camicia, e la veste gialla ritirata alle ginocchia dalla sottana bianca di damasco fiorato. Questa figura habbiamo descritto particolarmente per indicare  li suoi modi naturali, e l’imitatione in poche tinte fino alla verità del colore”.

Così Giovan Pietro Bellori descrive questo capolavoro, emblematico della fase giovanile del pittore, per l’atmosfera chiara, lo schema semplice ma innovativo, l’atmosfera malinconica e sognante.

Per molto tempo si è ipotizzato che il dipinto provenisse dalla collezione di Olimpia Aldobrandini, confluita in quella Pamphilj nel 1647 in seguito al matrimonio dell’omonima nipote della Aldobrandini con il principe Camillo Pamphilj. Recenti studi ne indicano invece la provenienza dalla collezione di Gerolamo Vittrici, comune al Riposo nella fuga in Egitto ed alla Buona Ventura (ora al Louvre) donata a Luigi XIV dai Pamphilj.

 

A seguito delle indagini diagnostiche eseguite per la pubblicazione in corso di stampa (Caravaggio. La tecnica e lo stile), il dipinto è risultato in un buono stato di conservazione e questo soprattutto per il numero limitato di interventi di restauro che ha sostenuto. L’opera presenta un’alterazione della lettura cromatica dovuta all’invecchiamento superficiale della vernice che ossidatasi rende visibile una patina giallastra. Da sempre custodito nell’attuale sede, il quadro subì il primo intervento di restauro documentato nel 1713 ad opera del restauratore Domenico Michelini che lo foderò, lo ripulì, lo stuccò e ne curò certamente la presentazione estetica ritoccandolo. Un secondo intervento, di cui si hanno scarse notizie, venne eseguito dal restauratore Frattini nel 1926. Le numerose esposizioni a cui il dipinto ha preso parte negli ultimi sessant’anni fanno presupporre ulteriori interventi di restauro quantomeno  estetico. Certamente soltanto dall’osservazione della tipologia della struttura di sostegno e del supporto ausiliario si può dedurre un intervento non troppo in là nel tempo.

INTERVENTO PREVISTO

Per ovviare all’alterazione tonale dovuta all’invecchiamento della vernice e ristabilire la cromia originale,  l’intervento consisterà nell’eliminazione della vernice ossidata attraverso una pulitura estremamente superficiale, per mezzo di soluzioni non tossiche e all’avanguardia.

 



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