Premio Sakharov a Malala Jousafzai, la libertà di espressione passa attraverso il diritto alla scuola


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Opening of the Library of BirminghamAlla sua venticinquesima edizione il Premio Sakharov è stato consegnato oggi nella sede del Parlamento europeo di Strasburgo a Malala Jousafzai, la sedicenne pakistana vittima  sopravvissuta ad un agguato di talebani. Volevano impedirle di andare a scuola e, per farlo,  le spararono in faccia.  Ci sono voluti mesi e trattamenti intensivi in Inghilterra per restituirle una vita e proprio nel Regno Unito, dove adesso vive,  ha dichiarato che ogni ragazza e ogni bambino deve potere ricevere un’istruzione.

L’aggressione non ha spezzato la sua voglia di continuare a combattere, anzi – riferisce –  l’unica cosa che sono sparite dalla sua vita sono la debolezza, la paura e la perdita della speranza.

Dopo aver ricevuto il Premio dalle mani del presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz  – una targa  e un emolumento di 50000 euro – Malala ha affrontato la platea dell’emiciclo composta da numerose centinaia di deputati e giornalisti, con una flemma, un tono e una determinazione persuasiva degna di un oratore di lungo corso.

Più volte  si è indirizzata agli uditori  come “cari fratelli e care sorelle” facendo percepire  ad ognuno un profondo senso di appartenenza  ad un unico universo piuttosto che alla territorialità del singolo. Nel suo discorso  ha citato Voltaire e la difesa della libertà di espressione e  ha ricordato come, per la sopravvivenza di tutti, sia fondamentale quella dei più deboli.

Malala  ha   sottolineato volontà e determinazione come fattori essenziali per risolvere i problemi  di ben 57milioni di bambini che non ambiscono ad uno smarthphone o  un videogioco ma  desiderano avere solo un  libro ed una penna. Quasi a ricordare agli adulti che l’acquisto di qualsiasi   oggetto che rappresenta solo uno status symbol fine a sé stesso mai potrà portare alla comprensione del senso della vita e del cammino verso la conoscenza e compassione dell’altro.

L’assegnazione del premio è avvenuta alla presenza di  altre  22 personalità insignite in passato. Dal 2008, in occasione del suo  ventennale, è stata istituita un network  allo scopo di rendere il Premio anche uno strumento di amplificazione delle iniziative a sostegno della difesa dei diritti umani e della libertà di espressione.

In  una speciale conferenza stampa a latere, Wej Jingsheng, il padre del movimento della democrazia cinese, ha stigmatizzato come i Paesi industrializzati, in particolare Stati Uniti, Giappone e anche l’Europa, una volta entrati nel mercato cinese diventino più tolleranti alla mancanza del rispetto dei diritti umani. Il capitalismo, dunque, ancora una volta  fa genuflettere i popoli  a discapito dei valori assoluti di primaria importanza umanitaria.

Quale valenza ha l’assegnazione del premio Sakharov  e quali prerogative deve avere il vincitore? Alla prima domanda la risposta di Salima Ghezali, Guillermo Farinas, Berta Soler, Taslima Nasreen e lo stesso Wej Jingsheng, che prima di Malala hanno ricevuto il Sakharov, sottolineano come il riconoscimento non è  solo uno stimolo personale ad andare avanti ma anche una potente cassa di risonanza mediatica  che pone l’accento sulle problematiche condivise  nei vari angoli della Terra. Diversi invece i pareri  sui criteri  con cui il premio deve essere assegnato.

Per Taslima Nasreen che dall’età di tredici anni scrive libri sui diritti umani negati  con risoluto criticismo al fondamentalismo religioso, il riconoscimento dovrebbe essere attribuito solo a chi ha perseguito un obiettivo. Per Ghezali, invece, ogni assegnazione contribuisce ad abbattere il muro del silenzio e a dare una opportunità in più per combattere.

Intervistata, Ghezali racconta come ha  perso una parte di sé con la morte di suoi allievi durante la guerra civile algerina, così come ha perso  parecchie insegnanti che sono morte  nel compimento della loro missione, cercando di insegnare.

“Sono cresciuta durante la guerra civile di indipendenza – spiega Salima con la commozione negli occhi – e quindi  sono cresciuta  credendo che essere algerina significa anche lottare per la libertà  e per l’eguaglianza. Si  può lottare anche senza armi di aggressione o distruzione ma semplicemente con la determinazione di fare ogni giorno ciò che è giusto, senza fermarsi, credendo in quello che facciamo, per distruggere l’oppressione e costruire la nostra libertà”.

Interrogata sui prossimi progetti  Ghezali si mostra inorridita dalle idee che stanno portando le sorti del mondo alla distruzione totale. “Il mondo è sempre più pazzo. I ricchi sono sempre più ricchi e i deboli sempre più indeboliti. Il potere economico è cieco di fronte ai bisogni sociali, cieco di fronte all’ambiente, chiunque detiene il potere crede di poter comprare qualsiasi cosa e risolvere qualsiasi questione attraverso risoluzioni belliche; gli Stati Uniti non sono più depositari del sogno americano. Snowden è sulla buona strada ma il percorso verso la redenzione è ancora molto lungo.

Per godere della libertà bisogna attenersi alle regole. Questo è quanto dobbiamo insegnare alle nuove generazioni: senza regole non c’è libertà. Non un paradosso ma una concreta, scientifica verità.

 

Lavinia Macchiarini



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