Festa della donna, festa dell’ipocrisia


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MimosaPartiamo dal presupposto che entrambi i sessi fanno parte del genere umano, e nel 2014 in uno stato occidentale, è quantomeno offensivo ridursi a festeggiare una componente del genere umano. Significa che già in partenza ci si ritiene una  “specie protetta”, negandoci di fatto pari diritti e doveri. Ma che c’è da festeggiare? Che cos’ha da festeggiare una donna, spesso sola,  che deve conciliare lavoro, marito, figli, gestione della casa e affrontare mille casini che avanzano quotidianamente?

Se è vero che le donne  conquistarono diritti sacrosanti, come  il diritto di voto  alle elezioni politiche del 1946, negli anni 70 ottennero grandi modificazioni sul matrimonio,  la libera unione, il divorzio e nel 78 l’approvazione  della legge sull’aborto,  oggi la posizione è decisamente diversa. Molte volte gli argomenti che riguardano le donne si farciscono di ipocrisia. Diciamo la verità, ci sono donne che dopo aver contestato il comportamento maschile, si sono infilate i pantaloni e sono diventate molto peggio degli uomini, fino ad arrivare a pagare un essere umano per avere delle prestazioni sessuali, o per ridursi a vedere uno spogliarello o per passare da un letto all’altro.  Forse non era questo l’intento delle donne che si sono battute nel periodo delle rivoluzioni.   Dal lato opposto abbiamo un genere femminile ancora fragile forse, tanto da non ottenere la giusta protezione quando denunciano maltrattamenti in famiglia e persecuzioni da ex amori allontanati. Parlo di fragilità perché tendenzialmente ogni cittadino, maschio o femmina che sia, davanti a problematiche che ledono la propria persona, non sono sufficientemente protetti dalla legge.  Polizia e carabinieri più di tanto non possono fare, ma i giudici che preferiscono dare pene esemplari per reati fiscali anche modesti, e qui mi fermo perché l’argomento meriterebbe un’attenta analisi,  piuttosto  che  a chi compie delitti verso la persona,  rappresentano un grande fallimento umano.  Analizzando gli omicidi avvenuti negli ultimi anni, ci rendiamo conto che avrebbero potuto essere evitati se la legge fosse intervenuta senza rilasciare in libertà persone pericolose o addirittura recidive.

Ma senza arrivare ai casi più estremi, basta vedere che cosa accade nella vita di tutti i giorni. Ci sono donne che pur lavorando in un ambiente prevalentemente maschile, sono in grado di farsi rispettare, dimostrando autostima, consapevolezza e considerazione per la propria persona. Altre che tanto si lamentano ma passano il loro tempo a rinnegare la propria dignità, assumendo comportamenti provocatori, attingendo nell’attenzione altrui qualche briciola di falsa autostima.

Allora facendo un bilancio arriviamo a capire che la Festa della donna è diventata la festa dell’ipocrisia. Un giorno come un altro per acquistare una mimosa

Daniela Russo



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