Zio Vanja al Mercadante


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Il 12/6/2014, un classico, “Zio Vanja”, al Mercadante nell’ambito del Napoli teatro festival, con interpreti russi che si sono confrontati nel capolavoro di Anton Cechov sotto la guida di un regista già conosciuto alla platea napoletana, Andrej Konchalovsky. Per questa versione, quest’ultimo ha scelto di adottare un linguaggio diretto con l’uso della lingua di scrittura, su un registro tragicomico. La vicenda ruota intorno alla casa di campagna ereditata dal professor Serebrjakov, cognato di zio Vanja e padre di Sonia. La prima moglie, sorella di Vanja, è morta e il professore si è risposato con Helena, donna tanto bella quanto annoiata. Tra amori e vicissitudini di vario genere, Serebrjakov comunica a Vanja che è intenzionato a vendere il podere e questo fa emergere tutto il temperamento dello zio, che alla fine tenta di uccidere il professore a colpi di pistola che, però, non andranno a segno. Alla fine il professore ed Helena torneranno in città, lasciando a Vanja la possibilità di continuare ad amministrare la tenuta. “Zio Vanja” è uno dei vertici del teatro cechoviano, affidando all’interazione dei personaggi l’approfondimento psicologico e il peculiare esistenzialismo di Cechov. Nell’allestimento di Konchalovsky si è potuto fare una riflessione profonda sulla società del tempo, votata al fallimento perché incapace di dare speranza nel futuro, ma allo stesso tempo il parallelo con il nostro presente non era difficile. I suoni e i video della modernità, aggiunti nei cambiamenti scenici ne sottolineavano continuamente la modernità delle situazioni. Concentrare l’azione sui cinque protagonisti e accentuarne le differenze di età ha permesso di mettere in risalto la lotta di una generazione che cerca disperatamente di crearsi il proprio futuro senza riuscirci. Lo spettatore è stato portato ad analizzare i personaggi e la situazione con lo stesso sguardo clinico usato da Cechov, come al microscopio. La distanza tra platea e spazio scenico è stato eliminato nell’interazione col dietro le quinte, per immergere lo spettatore nell’azione. La ricostruzione minuziosa di atmosfere sospese e vagamente inquietanti, l’indifferenza abulica dei personaggi intorno agli eventi, l’indefinito senso di attesa di una catastrofe incombente hanno reso la drammaturgia accattivante, nonostante i limiti dei sottotitoli per il profano della lingua russa. Chiudiamo il nostro pensiero con le ultime parole di Sonja come augurio per una lunga vita dello spettacolo sui palchi europei: «Che fare? Bisogna vivere! Noi vivremo, Zio Vanja. Vivremo una lunga, una lunga sequela di giorni, di interminabili sere….»

Anna D’Ambra



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