Riconoscere i segnali di una “relazione pericolosa”


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violenza sulle donneDaniela Rossi e Diego Divenuto, coppia nella vita e nel lavoro, tracciano l’identikit della relazione violenta, che è, alla base, sempre caratterizzata da uno squilibrio, con la bilancia che pende sempre dalla stessa parte. “Possiamo parlare di violenza in una relazione quando uno dei due non viene rispettato nel suo volere e nella sua individualità, non vengono riconosciuti i suoi bisogni e viene manipolato e costretto dall’altro – spiegano . “Nei casi più evidenti si tratta di un legame in cui uno dei due, generalmente lui, è aggressivo, verbalmente o fisicamente, in modo improvviso o casuale  ovvero non costante”.

In generale chi è  violento agisce per mantenere il potere e il controllo. Né si tratta, si badi, soltanto di aggressioni fisiche. La violenza è anche psicologica, a volte esclusivamente tale. È la capacità del violento di mantenere l’altro soggiogato, dipendente, vulnerabile. Dall’altra parte, chi rimane nella  relazione ricerca un legame affettivo, e resta, e subisce perché si confonde, crede di poter cambiare l’altro, non capisce cosa sta accadendo, si sente responsabile.

La relazione è asimmetrica e c’è uno squilibrio di potere: uno dei due controlla la relazione, i tempi, le finanze, gestisce le relazioni con l’esterno, in poche parole ‘comanda’.

Potere e controllo sono due aspetti fondamentali della dinamica che mette in atto colui che maltratta, che in genere tende ad accusare la “vittima” e a farla sentire inadeguata, incompetente, “sbagliata”.
Le manifestazioni del potere sono evidenti, riconoscibili – anche dall’interno, se si riesce ad essere lucidi e onesti con se stessi. Queste le spie che denunciano che il confine possa essere stato superato.

  1. Controllo del tempo. Lui non dice dov’è, cosa fa e quando tornerà, non comunica cosa intende fare per il fine settimana, lascia quindi in sospeso l’altro che non sa bene come comportarsi e come organizzarsi oppure ne svaluta il lavoro. Frasi tipo “Sei a casa tutto il giorno e non combini niente” oppure “Non mi chiedere sempre cosa faremo sabato, sei ossessiva! Rilassati” sono degli esempi.
  2. Controllo del denaro.  Lei viene obbligata a tenere e mostrare tutti gli scontrini, deve pesare le spese fatte e accusata comunque di non saper gestire i soldi. La motivazione: “Tengo io le spese, altrimenti chissà dove finiamo con le tue mani bucate”. Se lei è casalinga non le viene dato denaro sufficiente oppure si mantiene un controllo serrato sulle spese. Ancora, le finanze della famiglia vengono gestite in modo esclusivo, tenendo all’oscuro l’altro dei movimenti e delle spese fatte, gestendo in modo esclusivo il conto bancario comune.
  3. Controllo degli spazi. Lui vuole decidere e avere l’ultima parola sull’organizzazione degli spazi e della casa. Racconta Daniela Rossi: “Ho conosciuto una giovane mamma terrorizzata al pensiero del rientro a casa del marito. Lui la criticava puntualmente per il disordine lasciato dai due bimbi di 1 e 3 anni. Le dava della ‘sciatta’ e della ‘cattiva madre’, che ‘non sapeva educare i figli che col disordine mentale che aveva sarebbero cresciuti sbandati’ e così via”.
  4. Controllo delle relazioni amicali e familiari. Lui critica le frequentazioni di lei, svalutandole, insinuando cattive intenzioni da parte delle persone più strette. Frasi-spia: “Tua madre pensa solo a tua sorella”, “La tua amica ti chiama solo quando le fa comodo”, “Non vedi che la vicina ci critica e si sente superiore a noi?”.

Attenzione: bisogna sempre agire tutte le cautele del caso. “Nessuno di questi comportamenti è di per sé un verdetto”, avvertono Daniela e Diego. “Quando, però, dietro all’ossessione per gestire le spese di casa c’è la volontà di controllare il proprio partner facendolo sentire sempre inadeguato, è bene farsi qualche domanda”.

Qual è, viceversa, l’equilibrio di una relazione sana? “Al suo interno c’è rispetto, sostegno dell’altro, spazio per ognuno dei due”, chiosano Daniela e Diego. “Paura e mortificazione non dovrebbero essere mai presenti. In una relazione sana sento che sono amata con i miei difetti, che vado bene così. Viceversa, nella relazione maltrattante la vittima sente di dover migliorare, continua ad impegnarsi per corrispondere all’ideale dell’altro, non riuscendoci mai”.

 

Daniela Rossi e Diego Divenuto, ideatori del programma “Coaching per la coppia”, (www.coachingperlacoppia.it ), legati da anni a livello professionale e nella vita, sostengono le coppie nei percorsi di gestioni e risoluzione dei conflitti, riconquista di spazi ed evoluzione personale, superamento di crisi dovute a infedeltà ma anche nascita dei figli, eventi e situazioni che finiscono per ‘rompere l’incantesimo’.

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