Tra santi e falsi dei


Add to Flipboard Magazine.

Gli affascinanti itinerari nel cuore delle leggende popolari e della cristianità, per chi vuole camminare con la fantasia tra Parma, Piacenza e Reggio Emilia in Destinazione Turistica Emilia.

Il fascino di una meta si deve anche alla potenza delle sue contraddizioni. Per quel che riguarda Destinazione Turistica Emilia, il senso del sacro e quello del profano si alternano e si intrecciano con estrema naturalezza sui sentieri e sulle suggestive conformazioni del territorio, ancora prima dell’intervento dell’uomo, al quale si devono solo le leggende confezionate nei secoli per spiegare l’inspiegabile. Così, camminare sui tracciati segnalati tra Parma, Piacenza e Reggio Emilia, è come spostarsi in una narrazione fantastica, elaborata a quattro mani da santi e diavoli.

Il moto dei piedi funge da interruttore per l’immaginazione, quando l’itinerario che si snoda sotto le suole attraversa i luoghi cruciali della Via Matildica del Volto Santo. Gli aspetti secolari e quelli religiosi si confondono in una rete di sentieri che rievoca con la sua sola esistenza l’epoca dello splendore feudale della Gran Contessa e allo stesso tempo i lunghi e commoventi pellegrinaggi su strade di fede ed espiazione dirette in simboli della cristianità. Sfilando tra borghi e castelli, ci si muove nel tempo dal sangue di Cristo della Chiesa di Sant’Andrea fino al Volto Santo, da Mantova a Lucca, passando per Reggio Emilia e lasciandosi progressivamente alle spalle l’epopea di Matilde di Canossa, con la facoltà di abbandonare la via e lanciarsi alla scoperta del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e della sua Area Mab-Unesco dalla rupe di Canossa all’Ospitale di San Pellegrino in Alpe, affacciato sulla Garfagnana, sono solo uno dei motivi di interesse che giustificano una scarpinata interregionale tra sacro e profano.  Per Informazioni: Via Matildica del Volto Santo – http://www.viamatildica.it

I resti della Veleia-romana, nell’Appennino piacentino, sono il punto di partenza per una camminata di tre ore nei boschi di castagni e faggi, culla di oscure leggende. Sul fondo della valle del Chero – tra i campi e le vigne delle morbide colline – uno dei maggiori siti archeologici di età romana dell’Emilia vede il bosco diventare la costante di un itinerario ombroso che conserva uno dei suoi scenari più suggestivi in corrispondenza delle Pietre del Diavolo, porta rocciosa e vagamente inquietante di un sentiero abbandonato. La loro presenza è legata a una leggenda che ha a che fare con la decadenza della città romana di Veleia: adirato per la conversione degli abitanti alla religione cristiana, il diavolo che abitava sulla cima del monte scosse violentemente la terra, provocando una frana, ma perse l’equilibrio imprimendo le proprie impronte caprine sulle due rocce, punto di passaggio obbligato per i pellegrini diretti al santuario della Madonna del Monte, che si raggiunge – nella sua forma odierna – attraversando il Prato delle Lame ai piedi del Monte Moria e poi una fitta foresta. Apprezzato anche dai birdwatcher – che sugli enormi castagni possono ammirare esemplari di cincia, picchio muratore, rampichino e balia dal collare – il percorso circolare può concludersi con una consigliatissima visita a ciò che resta della colonia romana di Veleia, con i basamenti delle terme, alcuni quartieri abitativi e il piazzale del foro. Per informazioni: Parco Monte Moria – www.parcomontemoria.it

Secondo un’antica leggenda medievale, anche le guglie rocciose e i torrioni arenacei detti “Salti del Diavolo” – la cui formazione risale a 80 milioni di anni fa – sarebbero in realtà le orme del maligno, messo in fuga da un’eremita che abitava la Val Baganza, nei pressi di Calestano (PR). La vena rocciosa composita e allineata di circa 5 km, radicalmente estranea al paesaggio circostante, costituisce una delle attrattive più curiose della Via degli Scalpellini, così chiamata per via dell’assidua frequentazione degli artigiani, che qui venivano a rifornirsi di arenaria sommitale, materiale ideale per sculture ed elementi architettonici come portali, fontane e camini delle case della vallata e delle pievi romaniche della Via Francigena. Si potrebbe quindi dire che, in questi luoghi tra Cassio e Chiastre, il sacro e il profano si incontrano concretamente, come se il diavolo non si fosse del tutto rassegnato ad abbandonare il campo.

Con una lunghezza di 135 chilometri, dei quali 110 in Emilia Romagna, la Via di Linari è infine stata percorsa nei secoli dai pellegrini che la utilizzavano come itinerario alternativo alla Via Francigena, su cui si innestava all’altezza della città di Fidenza (PR), per raggiungere la Toscana attraverso il Passo del Lagastrello e ricongiungersi con la Via Matildica del Volto Santo. Il 2019 vedrà il posizionamento della segnaletica ufficiale e il tracciato diventerà ancora più “leggibile” già da Torrechiara (PR), che identifica anche il punto in cui la strada si insinua all’interno della Riserva MAB UNESCO. Tra le tappe disposte lungo la strada, si incontrano la Cappella di Moragnano e le rovine della cappella di Roncarola, preludio al passaggio nella Valle dei Cavalieri. Le bastie e le case fortificate ricordano un tempo immortalato nei blocchi di pietra romanici di Caneto, Zibana e Palanzano, mentre è la figura di un viandante mosso dalla fede a essere impressa nel concio della cappella di Rimagna.

Per informazioni: Cammini Emilia Romagna https://camminiemiliaromagna.it/it/via_di_linari/

 



Devi essere registrato per inviare un commento Entra o registrati