Il castagno che parlava ai bambini


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Siamo alla fine dell’estate del 1945 a Santelfo, immaginario paesino lombardo tra lago, pianura e monti innevati. Le vacanze stanno per terminare, e tra pochi giorni i due piccoli amici Francesco e Pietro torneranno a scuola. Hanno rispettivamente nove e dieci anni, quell’età un po’ sospesa tra infanzia e adolescenza, dove a un mondo di fiabe e fantasia già subentra una realtà più fisica e terrestre.

Durante un’escursione per i boschi fanno la conoscenza di Longino, un poderoso castagno secolare di 786 anni. Lo scenario, tra incanto e realtà, è animato dai suoni della natura: il vento, il fruscìo dei fogliami, lo stormire dei rami, il gracchiare delle cornacchie. Tutte le voci del bosco, insomma, parlano alla particolare sensibilità dei due bimbi: si instaura così un vero e proprio dialogo tra loro e la vecchia pianta, in una dimensione dove tutto è vita: dalla vegetazione alle stesse pietre.

L’amore dei boschi e in genere della natura è una costante di Ariberto Segàla, scrittore e già redattore e fotoreporter di Epoca, l’importante settimanale illustrato edito da Mondadori fino al 1997. Segàla ama i percorsi solitari, il dialogo interiore con i paesaggi e forse la fuga stessa dalla civiltà. Lì è la sua pace. Predilige la montagna, ed è intimo amico di guide alpine e guardiani di parchi, da cui raccoglie documentazioni e testimonianze confidenziali. Questa sua ultima fatica fa seguito a una serie di altre opere quasi sempre dedicate al mondo animale e vegetale, come “Le ore della luna” (1992), “L’uomo che sognava il mare”(1993), “Un fiume lontano” (1998). Menzione a sé merita “I muri del Duce” (2001),l’unica ricerca fotografica esistente di motti mussoliniani sparsi per l’Italia su vecchi muri di campagna.

Il nuovo libro si intitola “Il segreto del Patriarca”, e contiene tra l’altro una ricca iconografia di foto a colori scattate dallo stesso autore lungo l’ appennino del nord e soprattutto nel selvatico retroterra della Liguria. Immagini forti, eloquenti: il messaggio si fa drammatico quando il vecchio castagno il Patriarca, appunto rivela che con il riscaldamento del clima, ogni organismo tende nel tempo a spostarsi sempre più su, lungo il monte, in cerca di aria più fresca. Fiori, ragni, coleotteri, insetti, erba: tutti lentamente abbandonano i luoghi dove erano vissuti per milioni di anni, per arrampicarsi a quote superiori, costretti dalla temperatura crescente.

L’ingenua curiosità dei due bimbi interroga l’antica sapienza del castagno. Longino risponde con affetto e saggezza: racconta di sé, della sua antica storia, delle offese del tempo e dell’uomo, dell’ alternarsi delle stagioni, dei grandi cicli della vita e della morte. Ne emerge a poco a poco l’anima stessa della foresta e delle sue creature, tutto un racconto delicato e melanconico, quasi una metafora decadente ma ben vitale della vicenda umana, di un lirismo gentile e smagato: non bucolico né gratuito, ma sempre aderente a una realtà fisica spesso aspra e ingrata. Il grande albero invecchia ancora, i bimbi si fanno uomini. Finché, da anziani, torneranno sul posto: ma Longino non c’è più, abbattuto dall’ottusa avidità degli uomini. Ma ecco, un po’ più in là un castagno giovane: sarà il figlio?

Gian Luca Caffarena



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