Moda, arte e poesia.


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Un abito è un abito. Cosa può esserci di tanto poetico? Non passa forse di moda in una stagione? Non è solo un oggetto che una volta visto diventa subito vecchio, quasi l’armadio fosse una sorta di acceleratore temporale? Certo, è così molto spesso. Ci sono però, come sempre accade, delle eccezioni.  Ci sono abiti che raccontano poesie, vere e proprie opere d’arte, indossabili oltre che fruibili.

 

 

C’è Anotnio Marras ed è grazie a lui che l’arte entra nella moda, stagione dopo stagione. Sono appena finite le sfilate parigine dove Marras ha sfilato con Kenzo, che disegna dal 2008: uno spettacolo che poco aveva di routine e molto di passione. Ispirata a tre sudamericane non qualunque, Georgia O’Keeffe, Tina Modotti e Frida Kahlo, è stata una sfilata di immagini e colori, di stampe e sensazioni. Una girandola capace di trascinare anche lo spettatore più disinteressato. Che l’arte per Marras sia una grande passione non è certo mistero: mistero, semmai, è come riesca a realizzare due collezioni, quella che porta il suo nome e quella per Kenzo, che si assomigliano senza appartenersi e che raccontano di donne vicine eppure diverse.

Marras ci ricorda che la femminilità prescinde da trasparenze e silhouette.

Ecco, un soprabito di Marras che poetico lo è veramente: l’armadio acceleratore del tempo non può nulla perché si tratta di un capo che non invecchia e che davvero non ci si stancherà mai di indossare.



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