Il fascino e la poesia di un’antica terra


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Salve, Piemonte! A te con melodia mesta da lungi risonante, come gli epici canti del tuo popol bravo, scendono i fiumi.

Scendono pieni, rapidi, gagliardi, come i tuoi cento battaglioni, e a valle cercan le deste a ragionar di gloria ville e cittadi…”

G. Carducci

Importanti pagine della storia italiana sono state scritte in questa antica regione che nel corso dei secoli passati è stata teatro di battaglie, scontri e occupazioni militari. Qui, nel novecento sono nati i movimenti operai, il comunismo di Giolitti e Togliatti, contemporaneamente si sono viste le stagioni più significative del capitalismo Italiano, con la nascita della Fiat e di Olivetti. In seguito al forte sviluppo industriale si sono vissuti fenomeni di esodi straordinari, da parte della gente del sud, che arrivava in cerca di fortuna, provocando forti tensioni tra persone di culture così diverse. Nel capoluogo piemontese hanno fatto i primi passi la moda, il calcio, la radio e la televisione, e hanno avuto una primaria importanza il sapere scientifico e tecnologico. Nonostante lo sviluppo, il continuo confronto culturale e economico con il resto d’Europa, il Piemonte vanta ancora il maggior numero di agglomerati rurali, di borghi, di piccoli e affascinanti paesini. La sua gente dimostra tuttora un profondo senso di appartenenza al territorio. Monti, valli, laghi, fiumi, colline e pianure, un territorio polimorfo e straordinariamente variegato che risulta essere la componente primaria del fascino di questa regione. Essa raggiunge il suo massimo fulgore in autunno, quando i colori nelle sue infinite sfumature, i profumi e i sapori, rievocano epoche lontane e una squisita genuinità. Il silenzio profondo, che ancora si può godere in molti luoghi, viene interrotto solamente dai rumori della natura e dai passi di chi solca quei sentieri tra gli infiniti filari di viti o tra i viottoli degli antichi borghi, contrapponendosi a quel fermentio popolare dei momenti di festa che rimangono impressi nell’anima come si riscontra tra le parole scritte da Cesare Pavese.



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