Langhe: solo Pavese, Fenoglio e Revelli hanno saputo immortalarne l’atmosfera


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“…questo paese, dove sono nato, ho creduto per molto tempo che
fosse tutto il mondo. 
Adesso che il mondo l’ho visto davvero 
e so
che è fatto di tanti piccoli paesi,
non so se da ragazzo mi
sbagliavo poi di molto”.
Cesare Pavese

Mete del turismo internazionale, le dolcissime langhe, sono caratterizzate da morbidi profili di colline che si rincorrono, dai vini più pregiati e dall’unicità del Tartufo bianco che ha portato sotto le luci della ribalta questo magico e antico territorio. Pavese, Fenoglio e Revelli hanno saputo immortalarne l’atmosfera, data dalla natura e da quell’incomparabile patrimonio artistico-culturale che racchiude meravigliosi castelli, chiese, abbazie, ville gentilizie, palazzi, borghi contadini e casolari. La capitale delle langhe è Alba. Nella pittoresca piazza del Risorgimento, sorge il Duomo dedicato a S. Lorenzo, con la sua torre campanaria a base quadrangolare e con le decorazioni composte da archetti ciechi e finestre monofore e bifore. Sulla facciata notiamo i simboli degli evangelisti, ovvero, l’angelo, il leone, il bue e l’aquila, che con le iniziali, formano il nome di Alba. Da non perdere all’interno gli otto altari laterali, la cappella del SS. Sacramento e lo splendido coro ligneo costituito da 35 scanni intarsiati con elementi vari. In alto è sospesa la pala raffigurante la gloria di San Lorenzo tra gli angeli. Qui l’arte, la cultura e l’enogastronomia, si fondono in percorsi unici, creando un’alternanza continua al visitatore. Le Enoteche Regionali disegnano un itinerario ideale alla scoperta dell’enologia d’autore. Barolo  è al centro degli undici Comuni che producono il “rosso” omonimo, celebre in tutto il mondo. Dal castello  che ospita  l’Enoteca, oltre al Museo Etnografico e la scuola alberghiera si raggiungono in pochi minuti il belvedere di La Morra, il centro storico di Monforte D’Alba, e l’imponente castello di Serralunga, fortezza medievale che domina il borgo arroccato  ai suoi piedi. Uno dei  manieri  più noti della zona ospita l’Enoteca  di Grinzane Cavour. Il Conte Camillo Benso vi soggiornò a lungo. Oggi vi si trovano i Cavalieri del Tartufo e dei Vini d’Alba. Altra località da vedere assolutamente è Barbaresco,patria dell’omonimo vino, per poi salire a Mango, dove il Castello dei Marchesi Busca ospita l’Enoteca Regionale Colline del Moscato. Il piccolo centro domina la valle Belbo, dove, a Santo Stefano Belbo, è visitabile la casa natale dello scrittore Cesare Pavese.  Bra, capitale del Roero è dominata dalla costruzione della Zizzola, ma merita una visita anche il Santuario della Madonna dei Fiori, la Chiesa di S. Chiara ed il gotico quattrocentesco di Palazzo Traversa, sede del Museo Civico di Storia e Archeologia. La chiesa dei Battuti Bianchi, San Giovanni Decollato  e la parrocchiale di  S. Andrea completano l’itinerario turistico della città. Subito dopo si trova Pollenzo. Lungo il muro di cinta della Riserva Reale si possono ammirare la chiesa di S. Vittore, il castello neogotico ed il Torrione. Pochi chilometri più avanti si giunge a Cherasco, la città delle Paci, e a Palazzo Salmatoris, dove Napoleone siglò il noto contratto. Ora si possono visitare mostre d’arte di rilievo internazionale. Al di la di tutto ciò che di materiale si può vedere, bere o mangiare, è l’atmosfera che si “respira” in questo magico luogo che fa scaturire un’insolita meraviglia, la sensazione di sentirsi piacevolmente coinvolti in una favola antica. Un mix esaltante, dato anche dalla gente di Langa, pacata, serena, timida e rilassante. Di primo acchito pare introversa, ma disponibile alla discussione, e quale occasione migliore per stringere amicizia é accettare da bere, “‘na bôta stôpa”, magari accompagnata da una rustica “merenda sinòira” a base di pane, salame e tôma. Ma il “delirio” si raggiunge in epoca di tartufi, quando nell’aria si odora quell’inebriante ed emozionante profumo che ammalia il gourmet con meccanismi di suggestione, ancora oggi oggetto di studio, e fanno del magico “fungo” un’attrazione fatale. Gli antichi lo consideravano cibo degli Dei, con poteri afrodisiaci  utilizzati dall’ardente Giove, mentre i ricettari romani, consigliavano di cuocere i Tuberi sotto la cenere e di consumarli con il miele. La consacrazione, però, arriva solo negli ultimi due secoli, alle corti dei nobili, anche se la cucina povera del territorio non disdegnò mai un’insalata di tartufo.

E’ stato Giacomo Morra, geniale nell’identificare nel Tartufo Bianco il marchio “Alba”, e tutta la tradizione culinaria che oggi il mondo ammira. La strategia fu molto articolata: da un lato, nell’Italia della ricostruzione, Alba si affacciava sul mercato nascente del turismo interno, dall’altro i Tartufi marchiati “Morra” partivano per le tavole dei potenti del pianeta, con un ritorno di immagine enorme. L’operazione ebbe un positivo impatto locale, infatti sul territorio si affermarono molte professionalità, compresa quella del trifolau, cioè il cercatore di Tartufi. Solo una controindicazione: queste zone sono sconsigliate a chi non ama le cose belle della vita, a chi non ha nel cuore a poesia, a chi non sente le vibrazioni delle emozioni e soprattutto a chi non si concede ai piaceri.

 

 

 



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