Vivere solo dei frutti della terra: è’ solo un’utopia moderna o qualcosa di concreto? Si può davvero tornare indietro per ritrovare le smarrite radici umane?
Chissà, forse è un primo passo per un ritorno alle origini, alla natura primordiale; oppure solo una “rarità” che abbandona l’universo ‘civilizzato’ e lascia perplessi e divertiti gli uomini moderni che volano con internet e gli aerei ma non con le idee .
Quella di Devis Bonanni è invece una trasvolata con rotta rivoluzionaria, un atto di coraggio, questo è certo. La sua è una straordinaria storia che prevede di entrare in un gioco per vivere secondo natura, sovvertendo le regole imposte: esistere e persistere nei favori e nelle insidie dell’ambiente naturale e non secondo i ‘massimi sistemi’, questa la sua scommessa vitale. Devis Bonanni, 28 anni, ha raccontato la sua fuga da quella sociale ‘gabbia moderna’ che ci confina in angusti spazi e in ferree regole, in un libro “Pecoranera” – edito da Marsilio – euro 15,50.
Devis è un ragazzo ‘anarchico’ che vive a Raveo, un gruppetto di case con qualche centinaio di abitanti sulle montagne carniche. Il primo amore di Devis è l’orto: cinquanta metri quadri di “foresta”; un groviglio inestricabile al centro del paese. Incurante dei rimproveri urlati dalla nonna, inizia a zapparlo; impone la sua scelta, fatta di sudore fisico e sforzi mentali, e l’orto lo ricambierà con i suoi profumi, gli odori, e quei sapori che finiranno sulla tavola degli increduli familiari. E’ solo il primo passo. Il secondo sarà la visita illuminante degli ecovillaggi.
La sua filosofia anarchica comincia pian piano a fondersi con il desiderio per la vita contadina.
Devis, allora un 23enne tecnico informatico, si licenzia dall’azienda per cui lavora e inizia un percorso fatto della durezza dei campi, ma grazie al quale scopre la bellezza del vivere all’aria aperta, un altro modo di respirare, un nuovo modo di sentire scorrere le stagioni.
E’ un moderno modello di Robinson Crusoe quello che s’installa in Carnia con le vesti del ragazzo umile e determinato; ma lui è un naufrago volontario verso un’isola aperta solo ai suoi occhi.
Un giovane contadino che si muove in ‘direzione ostinata e contraria’, e bene lo descrive nelle sue pagine. Scrive proprio per quello che è Devis, ovvero come un essenziale montanaro; ma un montanaro orgoglioso di esserlo, e che trasmette la purezza delle sue idee con stile incisivo, sentito, schietto. Non vi sono tratti ‘morti’ nel suo libro: è un concentrato di vitalità allo stato puro, una chimica della terra che conquista e genera germogli dopo ogni capoverso.
Non mancano momenti di crisi nel percorso di Denis: “Ti stancherai presto”, “Sei troppo intelligente per lavorare la terra”, sono tra le frasi ricorrenti. Dovrà superare le incomprensioni con la famiglia e i compaesani, le diffidenze e le ironie. Troverà altri compagni di avventura che si alterneranno. Le ‘sue’ coltivazioni intanto perseverano e crescono, e anche quando arriva lo sconforto per una devastante grandinata, Devis è prima travolto dalla rabbia, ma poi capisce che la natura dà e toglie con quel ciclo continuo di generazione e distruzione che sono le essenze della vita terrena. Ritrova il suo equilibrio, un ‘suo’ ecosistema che si sposa con l’ambiente, forse in modo definitivo. Devis vive con i prodotti della sua terra: gli bastano duecento euro.
Una volta, anni cinquanta, si cantava e si favoleggiava con la “Casetta in Canadà”. Adesso, se ‘sentiamo’ il suono della campagna, possiamo sognare un prefabbricato in Carnia con un pezzo di terreno. Alla faccia dello spread e delle manovre economiche.
Danilo Stefani