Archivio

News

Gli ultimi articoli pubblicati

SplashTV. Mascelloni e gnoccone. Il corpo: un cruento campo di battaglia

SplashTV. Mascelloni e gnoccone. Il corpo: un cruento campo di battaglia
Add to Flipboard Magazine.

Quando il tele-shopping “da casa tua” abbaglia i nostri occhi con la fantalogia di una bellezza eterna e senza un grammo di cellulite, capiamo con rintocchi ossessivi e invadenti che snellire i fianchi, rassodare le cosce, alzare i glutei e appiattire le pance sono i diktat inaggirabili del nostro modo di sentirci e rapportarci agli altri. Un universo autoreferente, suppliziante e euforizzante al tempo stesso, tutto proteso contro la limitatezza e le debolezze naturali dei nostri corpi, si spalanca senza ritegno nelle fosforescenze catodiche proponendoci il radioso avvenire di una socialità armoniosa e weight-watcher. Il mondo di Jill Cooper, la super-trainer che impazza ogni notte nelle televendite di Mediashopping su Canale5 è costellato di panche multiuso, elastici modulari, schienali imbottiti, display crono-calorici per misurare, goccia a goccia, la ciccia in eccesso che si perde. E’ un fuoco di fila di addominali scolpiti, polpacci da ciclista, bicipiti alla David di Michelangelo, mascellone a forma di microonde. E su tutto domina la sua filosofia del dimagrimento d’assalto che garantisce “risultati unici e visibili da subito”. Con le icone di gnoccone modello Miami e super boy con le piste da biglie dove i comuni mortali hanno solo una patetica sacca gastrica, a farla da padroni. Stentorea, vibrante nel tono e nelle affermazioni, ti entra nel cervello in pochi attimi, riportandoti alla miseria del tuo “vergognoso” sovrappeso. Una Vanna Marchi in versione wonder-woman. Indistruttibile. Insopportabile. Per le orecchie e per l’anima…

Si potrebbe dire: ognuno è libero di fare ciò che vuole, di scolpire la sua silhouette, di ingrassare e dimagrire, di curarsi o lasciarsi perire, senza dare fastidio a nessuno. Ma nel feroce individualismo di un post-capitalismo febbrile e spettacolarizzato, che esalta l’apparenza e l’esser-diversi al costo di una devastante vacuità, la stessa “libertà” corre il rischio di venire degradata a populistica chance di riscatto della miseria della propria esistenza, e quello che sembra un atto di volontà, oltre ogni giudizio e senza obbligo, trasformato in un condizionamento sottile su menti predisposte sotto un cielo che ci abitua continuamente a rinunce, sacrifici, disdette, crisi di identità. Su questo il lungometraggio di Erik Gandini del 2009 Videocracy segnalò un interessante percorso di ricerca mettendo in parallelo la storia di un operaio da periferia dello star system con gli osannati parvenu della scuderia di Lele Mora. Nella deflagrante, spesso delirante, importanza attribuita negli anni recenti a tutto quanto fa attrazione, seduzione, pornografia, l’Occidente senz’altro intende emanciparsi da un atavico senso di colpa verso l’occultamento della dimensione non spirituale dell’esistenza, innescato dalla tradizione clericale e dai meccanismi perversi e repressivi del consumismo. E non a caso la corporeità sbandierata e venduta come modello vincente a livello massmediale, è più vicina al significato di Korper che non a quello di Leib, le due parole che in tedesco significano, appunto, “corpo”. Korper è il corpo biologico, anatomico, da tavolo settorio o da somma efficiente ed efficace di funzioni; sono gli organi, le masse, le parti esposte e fisiologiche che ci garantiscono lo stare al mondo. Leib è il corpo della vita, delle relazioni, del progettare con gli altri, del sentire più allargato (Liebe vuol dire amore).  Non solo. Il corpo oggi è diventato un controverso, spesso cruento, campo di battaglia dove si incistiscono processi di liberazione altrimenti non governabili o raggiungibili nei territori economico-politici, o che del decalage di questi ultimi porta segni indelebili, marchi e ferite. Il corpo diventa sempre più una soglia di sussunzione al Capitale come offerta di sé, o la sua colonna infame come evidenza di povertà, fatica, morte, spoliazione di diritti, nudità nel senso della merce totale. Quando la corporeità diventa evanescenza perché sparisce di fronte al Dio o alla Grazia, o si profana nella sua pura contingenza, si ha un effetto di concentrazione, di segno esaurito, semanticamente annullato, senza aperture che Jean-Luc Nancy definisce in Corpus (Cronopio) univocamente piaga: “Corpi di miseria, di carestia, corpi abbattuti, corpi prostituiti, corpi mutilati, corpi infetti, corpi gonfi, corpi troppo nutriti, troppo body-builded, troppo eccitanti, troppo orgasmici (…) figura dell’estenuazione del segno-di-sé”. E poco oltre: “Ci sono due livelli di banalità dei corpi: quella del modello (le riviste, la canonica dei corpi affusolati, vellutati) – e quella del qualsiasi (corpo qualsiasi, difforme, rovinato, vecchio)”. Dunque, una perdita di singolarità, di ecceità nell’esposizione della pelle, della propria vitale figura che si ravvede nel pre-cadaverico, nell’effige dell’uomo martoriato, sottomesso, marginalizzato senza speranza, traghettato da una argine all’altro della mera sopravvivenza, come nella meraviglia per l’occhio, nella bellezza architettata, nell’effetto plastificato, nell’immagine-protesi. La televisione “tronistizzata” e svuotata di linguaggi collettivi autentici è il massimo acceleratore per l’idea di un corpo che non è più macchina di piacere e sperimentazione ma macchinazione recondita e doppiogiochista, non più ordito simbolico profondo ma ordigno di stupefazione e rapida finalizzazione, non più veicolo che conduce lungo un cammino ma vettore sparato su un target da colpire, non più sensualità e nascondimento ma pura sensorialità e trasparenza assoluta. Uno strumento flessibile, misurato, modulare e, soprattutto desoggettivizzato. Fare del proprio corpo ciò che si vuole, significa sempre più aver introiettato l’alienazione del manipolare se stessi nelle fibre, nei tratti, nei gesti, nelle sostanze, nel segreto e nel secreto di noi, secondo coordinate che sempre più “sembrano” appartenerci. Perché dovrebbe interessarci il senso, la totalità psicofisica, l’idea olistica di benessere, lo smarrimento metafisico dell’esserci, se è la catena di montaggio cuore polmoni gambe seno fondoschiena labbra occhi capelli sesso che prosciuga la verità della nostra identità e del nostro con-vivere, in un mix di logica televisiva e ricatto economico?

Carmine Castoro

redazioneBonVivre

Articoli correlati

Lascia un commento

Read also x