5 categorie di donne da evitare come la peste


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LA MAMMA . La Mamma è sempre la Mamma, d’accordo. Edipo, com’è noto, interpretò il detto in senso un po’ estensivo, provocando – con grande giubilo dei freudiani ortodossi – l’imbarazzante pasticcio che sappiamo. Un nefasto caso-limite che vorremmo escludere in partenza. Certo, la genitrice è per definizione figura fondamentale nella natura e nella società: concepisce, partorisce, allatta, nutre, svezza e – quando è in grado – dovrebbe anche educare a certe regole fondamentali di gusto e buone maniere. Segue con amorevole cura, nei più delicati passaggi della crescita, l’infante che si fa puer e poi adolescente. D’intesa col papà – sempre che questi non frequenti troppe cene di lavoro (vedi vocesegretaria”), e non si riduca beninteso a un anonimo e progressista spermatozoo di provetta – accompagnerà con delicatezza la creatura nel suo percorso, dai primordi della fase anale a quella genitale, fino alla pubertà e alle soglie dell’età matura. A questo punto, alt: è bene che si fermi, incoraggiando piuttosto nel figlio scelte più autonome di logistica e di vita. Come certi sapienti volatili, che con deciso colpetto d’ala escludono dall’alto del nido l’uccellino che a un certo punto dovrà pure imparare a volare e vivere da sé.

Poiché in Italia questo non accade quasi mai, è importante che il giovane elebori presto una virile e tempestiva strategia anti-mamma, che gli consenta presto di rendersi autonomo e crescere uomo, anziché impantanarsi in una cronica e apatica dimensione di figlio. Scelga da sé abbigliamento, frequentazioni e regimi di vita, si dia orari sobri ma autonomi, possibilmente trovi un proprio alloggio, magari mantenendosi gli studi con lavoretti o piccoli servizi anche manuali. Normalissimi all’estero, disonorevoli in Italia. Insomma: è doveroso prendere forti distanze anche geografiche da eventuali mamme-piovra (o fidanzate-mamme, che non è molto diverso) e dal loro deleterio e ansioso possessivismo, non scevro di un subdolo vampirismo vagamente incestuoso. L’alternativa è ritrovarsi nella casa avita anche oltre i trent’anni: inetti, senza iniziative né abilità, sempre foraggiati dalla famiglia. Fino a quando? Impropriamente si parla di “giovani disoccupati”. Non è vero: anagraficamente adulto, il nostro sedentario-stanziale-parassitario bamboccione (spesso poco motivato anche sessualmente) sa benissimo che perfino oggi, in tempi di crisi, c’è forte domanda di artigiani, falegnami, cuochi, infermieri. Ma non ci pensa nemmeno.

 

LA SEGRETARIA – Dopo la Mamma, è il personaggio più insidioso. Quasi sempre giovane e piacente, se non apertamente provocante, la machiavellica collaboratrice riesce con intraprendenza a insediarsi nei gangli più vitali dell’azienda, da cui nessuno potrà più rimuoverla. Fin qui nessun problema, se è brava ed efficiente. I guai nascono con gli eventuali – ma frequenti – interessi privati in atti d’ufficio.All’indaffarato Brambilla di mezza età – logorato da una moglie arcigna e petulante, professionalmente frustrato e a corto di evasioni – non parrà vero approfittare della dimestichezza data dall’ambiente di lavoro. Tutto facile e gratificante, i primi tempi. Ma in pochi mesi il poveretto si troverà sotto il ferreo controllo di una sorta di seconda moglie, ben più inamovibile (art.18 ancorché riformato) e tecnologicamente attrezzata della prima. Con la quale potrebbe anche concordare sottobanco un ufficioso matriarcato a due. E’ la segretaria che tiene l’agenda, passa (o non passa) le telefonate, è sempre lei che sa tutto di vere o presunte colazioni di lavoro, che controlla gli orari, i flussi della clientela con eventuali visite sospette. Eccetera eccetera. Ormai Brambilla non ha scampo.

A tutto qusto si aggiungano le insidie delle normative che regolano i rapporti tra sessi diversi negli ambienti di lavoro. So di un mite e corretto professionista perseguitato da una segretaria grafomane. Il poveretto, sommerso da verbosi rapporti scritti e maree di appunti, foglietti e dossier redatti dalla piacente e frenetica ragazza, un bel giorno innocentemente sbottò: “Signorina, la prego: basta relazioni scritte, solo rapporti orali.” Il brav’uomo intendeva ovviamente concisi riassunti a voce, per guadagnare tempo e liberarsi una buona volta di tutta quella massa cartacea. Ma venne frainteso, e qui cominciò un indicibile calvario. Con l’appoggio di CGIL e femministe, la giovane intentò e vinse una causa di molestie. Il magistrato del lavoro le riconobbe risarcimenti stellari. La Procura aprì un dossier. Alla fine, il professionista, già duramente provato, venne definitivamente e pubblicamente ridicolizzato ad Annozero da un’impietosa arringa di Santoro.

 

 

LA BELLA PSICANALISTA DEONTOLOGICA – Micidiali, anche qui, gli interessi privati in atti d’ufficio. L’analista è perspicace, corretta, fa il suo lavoro occupandosi di te, come deve. Ma se è bella, ha fascino intellettuale, e magari mette un certo pathos nel suo impegno, scattano inesorabili nel maschio complessato – lo è, perché altrimenti non sarebbe lì – i meccanismi del transfert e delle più irriferibili proiezioni: non è plausibile che una donna così piacente e ricca di verve si occupi tanto di me solo per scrupolo professionale. Quelle gambe nervose e inquiete, e tutto quel ragionare di eros e libido: di certo trattasi di segnali precisi, o quantomeno di sottili ammiccamenti.

Così il paziente si fa coraggio, e comincia a corteggiare con qualche avance la fascinosa terapeuta. Col risultato in assoluto più frustrante: che lei, doverosamente, interpreterà corteggiamento e avance con professionale distacco e in termini strettamente psicanalitici. Punto. Da evitare.

 

LA PROGRESSISTA O LA LIBERISTA, se siete rispettivamente liberisti o progressisti. Certo si fa bella figura affermando che punti di vista opposti non sono un problema ma una risorsa, che è dalla dialettica che scaturisce la Verità, che il contraddittorio e il confronto vivace sono il sale della coppia moderna. E via dicendo. Balle, a meno che non abbiate il superiore distacco di un Ghandi. Si tratti dell’apologia più sfrenata di Berlusconi e del libero mercato, o di un puntiglioso riepilogo dei diritti dei gay, siete comunque votati a una convivenza problematica e sofferta di aperti litigi o sorde guerriglie, specie nelle ore dei telegiornali (“Hai sentito come gliele ha cantate?!”).Il tutto in nome di un Mondo Migliore. Alla larga.

 

LA MILANESE IN CARRIERA – Giustamente il Manzoni celebrava la tempra della donna lombarda, fortemente attiva sotto “quel cielo di Lombardia così bello quando è bello.” Purtroppo, o per fortuna, Milano è l’unica metropoli che abbiamo in Italia, un po’ la New York di noialtri. Laica, nervosa, edonista, modaiola. L’imprenditrice milanese fa tutto bene: sa gestire l’azienda con dedizione e serietà totali. Ma anche arredare, vestirsi ( cool, fashion, trendy, vintage: oh yeah), tenere ottime PR in privato e in pubblico. Ma negli amori è dispersiva: non ha tempo, non ha testa, oddìo l’aereo: più che relazioni maneggia frettolosamente i ritagli, con accoppiamenti spesso molteplici e svagati, che denunciano un’anima più frastornata che dissoluta. Pericoloso frequentarla, letale innamorarsene. Chi la conosce la evita.

Gian Luca Caffarena

 



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