Il faro di Punta Sardegna e la sua guardiana


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Sull’elenco fari è il numero 1030, il  faro di Punta Sardegna si trova davanti allo spettacolare arcipelago della Maddalena,  nelle vicinanze di Palau, immerso nella macchia mediterranea  Il  faro che fu costruito nel 1913 dal Genio Civile,  è costituito da una torre quadrangolare alta 13 metri che poggia su due piani sottostanti ma la particolarità è che la lanterna sorge sopra uno dei terrazzi e non sulla piccola torre quadrangolare che svetta sul caseggiato. 

La lanterna custodisce un apparato lenticolare fisso, con portata di 11 miglia, dalla caratteristica luminosa di 5 secondi (1 – 4). Il piano focale dell’ottica si trova a 35 metri sul livello del mare. Le pareti esterne della struttura sono percorse dal reticolo metallico della Gabbia di Faraday, un impianto di parafulmine che isola l’intera struttura del faro.

La corrente elettrica arrivò qui nel 1932, e ciò rese più efficiente l’alimentazione della luce della lanterna e portò a un notevole miglioramento della condizioni di vita del personale farista.  L’ultimo guardiano presidiò il faro fino al 1975, anno in cui il segnalamento venne automatizzato.  Molti fanalisti susseguirono nella custodia di questa sentinella del mare, tra questi una donna, Genoveffa Balzano, e la famiglia del Sig. Mario Morlè de La Maddalena. Una donna farista è un caso rarissimo.
Dopo anni di abbandono di questa affascinante sentinella del mare rivive una seconda giovinezza. Infatti è stato dato in concessione all’ Università di Trieste che  in collaborazione con il Comune di Palau e Il Gruppo di Ricerca per la geologia marina dell’ Università di Cagliari, si è impegnata per la realizzazione di un Osservatorio sulle Coste e sull’Ambiente Naturale Sottomarino (Oceans) per la difesa del patrimonio marino e costiero delle Bocche di Bonofacio. 

In Sardegna,come altrove, esisto moltissimi fari dismessi come il vecchio faro dell’Isola di Razzoli, o il faro presente sull’ imponente promontorio di Capo Figari, una falesia calcarea alta più di trecento metri, strutture abbandonate che lentamente si sgretolano sotto il peso del tempo e nell’indifferenza delle Istituzioni, provocando la perdita di un patrimonio preziosissimo.  Basterebbe poco per salvarle,  forse solo la volontà di farle rivivere, trovando delle soluzioni anche utili alla società oltre che all’economia locale.

 

Ringraziamo la Marina Militare per la collaborazione



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