Lettera da Bruxelles: “Più dolce vita che UE”


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Isabella Rosa Pivot, studentessa di Scienze Politiche, ha lavorato lungamente nella struttura italiana che rappresenta la Valdaosta nel Parlamento Europeo, dove sono ammessi anche uffici di rappresentanza regionale. Da Bruxelles ci invia questa testimonianza personalissima e fresca.

 

Bruxelles Grand Place Felipe Pilotto PhotgraphySe Roma è la città di tutti, Bruxelles è la città di nessuno. In senso positivo. Bruxelles è una trottola inarrestabile, cui è impossibile attaccarsi e girare alla sua velocità, persino per chi vi è nato. Ogni cosa, in questa stupenda capitale che amo chiamare “del lusso insonne”, è follia elegante, di quella follia creativa che mosse le penne macchiate dei grandi scrittori.

Per le strade si alternano facciate romane con architetture moderne, strutture high-tech e capolavori delle Fiandre del XVII secolo. Spesso le quattro stagioni si confondono in un’unica giornata, bagnando gli alberi e ghiacciando le mura, per poi asciugarli in un colpo di calore serale.
Sassofoni alticci offuscano le maracas del locale accanto, e il centro diventa incontro di ogni gusto e classe sociale. Espressioni e accenti di ogni parte del mondo vibrano tra le forchette tintinnanti di locali elegantemente cosmopoliti..
Bruxelles è un cuore pulsante senza radici, una via di passaggio, un ponte di lancio. E’ l’aria che respiri prima di trattenere il fiato.
Ciò che imbriglia questa città al resto dell’umanità è il Parlamento Europeo e la connessa burocrazia. Le istituzioni dominano la vita urbana della città e ne governano ritmi e andamento. Imponenti edifici grigi e continue scartoffie diplomatiche rallentano la trottola per le incessanti esigenze istituzionali e amministrative.

 

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La prima volta che vidi il Parlamento ne restai sopraffatta:una costruzione imponente e moderna, che oscura la Place de Luxembourg, ricca di movimentati baretti. Tra le bandiere colorate che sventolano di fronte alle grandi vetrate, sfrecciano centinaia di uomini e donne appesantiti dalle loro valigette. Macchine nere e taxi fumanti attendono i politici al varco dell’ingresso.

imagesL’estensione di questo Leviatano e la smisurata popolazione dei suoi addetti spiegano gli esorbitanti costi di impianto e manutenzione, eccessivi come quelli della burocrazia che lo gestisce. Per quest’ultima nessuna meraviglia: l’Italia che, com’è noto, detiene tutti i monopoli dell’ elefantiasi parlamentare, si è formata storicamente con la travagliata macerazione dei suoi istituti rappresentativi. Paradossale, invece, è che questa generazione di tecnocrati-pendolari, assieme alla connessa amministrazione, stia sempre a lamentarsi del continuo e forzato trasloco tra le due sedi di Bruxelles e Strasburgo, considerati gli innumerevoli mezzi di trasporto superveloci riservati agli addetti ai lavori. Forse più sorprendente è che, in realtà, tale alienante spola sia di fatto inesistente: infatti, se in teoria le sessioni plenarie mensili dovrebbero competere a Strasburgo e solo quelle supplementari a Bruxelles, in pratica la stragrande maggioranza dei deputati corre ogni settimana al suo distretto. Non è questo l’unico paradosso, basti pensare al Segretario Generale, che dovrebbe trovarsi nel Lussemburgo, mentre è stabilmente insediato a Bruxelles.

 

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“La pigrizia è sempre mentale e non fisica” mi aveva risposto in conclusione Richard Howitt, membro del Parlamento Europeo per il Labour Party, quando un martedì uggioso chiaccheravamo a tal proposito in attesa di una conferenza sui diritti umani di cui era relatore. Di quell’uomo mi avevano colpito il sorriso onnipresente e l’umiltà che trascinava con sé, nel linguaggio e nella disponibilità al dialogo: forse era impietosito dal mio inglese “all’italiana”.
Ecco, questa è una delle caratteristiche più folgoranti della città. Chi fa parte della trottola tende ad uniformarsi a una regola orizzontale, per la quale ogni giocatore partecipa allo stesso livello di importanza.
Una comune sera infrasettimanale come tante, di quelle in cui la pigrizia mentale assalirebbe chiunque, raggiungo un paio di amici in un ristorante italiano della zona, giusto per evitare il collasso psicofisico. Uno di loro è appena stato eletto nelle elezioni di quartiere: Geoffroy Coomans, tipo in gamba e belloccio, che bazzica nel mio stesso entourage. Diplomatico ma schietto, non accetta mai nessun invito, eppure te lo ritrovi da tutte le parti. Tipico leader con il dono dell’ubiquità. Tempo di salutarlo con il rituale francese dei due baci sulla guancia ed ecco che mi accorgo della presenza di un nuovo adepto. Accanto a lui è infatti seduto Nigel Farage, deputato europeo e co-presidente del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia., sempre molto critico verso “il centralismo di Bruxelles”. Personalmente non sarei tanto d’accordo: ma nonostante le divergenze riscontro una bella disponibilità al dialogo e un’apprezzabile considerazione delle mie parole. Bruxelles è anche questo.

cultura_ydntb.T0Premi Nobel, fisici e dottori, politici e bancari, miliardari e pittori, professori e architetti. Gli amici si alternano a seconda del meteo, facendomi sfiorare il loro lusso, mentale e di vita, senza pregiudizi di classe sociale.
Gala nelle ambasciate, cene stimolanti, sfilate, mostre d’arte, party privati e altro ancora: ogni cosa a Bruxelles sembra allontanare in un lampo di paillettes i tuoi problemi, o meglio, quelli del mondo.
Di giorno scrivania e computer dettano legge, magari alternandosi con qualche piacevole conferenza, la maggior parte delle volte inutile quanto gli argomenti trattati, ma ottimo spunto di conversazione. Una sottospecie di evento mondano alla luce del sole: le istituzioni che le organizzano offrono abbondanti banchetti e parecchio bla bla. Incontri allestiti talvolta all’interno dei palazzi istituzionali, talvolta nelle sale di rappresentanza o anche in rinomati hotel, che convergono regolarmente su temi molto generali: come l’ambiente, la condizione delle imprese, i giovani, la disoccupazione o le energie rinnovabili. I relatori, spesso politici o ricercatori universitari, si alternano ciascuno con le proprie slides, e al termine di complesse discussioni tecniche formulano conclusioni a forma di punto di domanda. Seguono le dita alzate dagli ascoltatori più complici, che non devono trarre in inganno: tutte domande già concordate in precedenza, a tavolino. Non mancano radioline collegate agli interpreti disponibili, ma raramente l’italiano fa parte delle lingue selezionate. Qualche pausa caffè nell’inframezzo se la conferenza è di mattina. Nel pomeriggio invece è offerto un buffet, per lo più etnico. E’ questo il momento cruciale. Subito si scatena un caotico e avido assalto alle vivande, che evoca un documentario sulla fame atavica del Terzo Mondo o sui leoni della savana a caccia di gazzelle. Successivamente la sazietà degli stomaci consente le discussioni politiche, tra proposte concrete e opinioni lobbistiche, poi tutto converge in un laconico indistinto pessimismo.
Al calar della sera la trottola diventa giostra: drinks and house in una fumante atmosfera dandy, con l’incenso che copre le invettive politiche tra policy men locali. E poi, fino all’alba, musica e fumo.
Il sabato pomeriggio, preludio del week end e culmine della vita metropolitana, inizia con pesce fresco e champagne nel chiosco sotto St. Catherine, rimasuglio religioso di un antico porto, con la pioggia grondante sui tendoni di plastica. Spesso, tra cioccolatini rubati e profumo di rugiada, un vecchio signore seduce la sua fisarmonica. Presto il sole diventa stella ed il tavolo da pranzo si fa palco. Cominciano così a tremare i bassi del mixer. Luci rosse sfumano smorfie di dissenso e sguardi furtivi.
namur_zzqb7.T240Il mio locale preferito, mèta prediletta degli after-hours più lancinanti, è il Bar Rouge, il “bar della proibizione” nascosto dietro l’imponente Place de Namur, così intitolata in omaggio alla grande capitale della Wallonia. I divanetti aranciati violano qualsiasi legge belga, e se potessero parlare racconterebbero di escorts chiomate, baci troppo venali, sigarette spente sul legno e polverine magiche. Il bello di quel locale, che a me può offrire ben poco, è una speciale attrattiva psicologica : in preda a quei piaceri segreti, politici e personaggi di alta rispettabilità appaiono più delicati e vulnerabili. Altro sito assai affascinante ai miei occhi è il vicino Spirito Martini: discoteca chic e snob insediata in un’antica chiesa gotica. Dove il deejay si affaccenda dietro a un organo spettrale, mentre il privé ospita gambe lunghe e giacche di Armani. La crème de la crème bruxellese è lì in cerca di un esplicito svago, forse dopo qualche gala troppo formale.
Questi gala rappresentano un’ obbligazione sociale di non poco conto: è lì che si svolge il vero lavoro politico. Le riunioni, le ore in ufficio, le discussioni, le relazioni, le conferenze stampa: tutte copie photoshoppate di decisioni già prese altrove tra uno spumante e l’altro, inseguendo le pitture ottocentesche delle ambasciate mondiali.
Ben pochi dipendenti istituzionali possono essere definiti anche lavoratori diurni. Gli orari sono assai flessibili rispetto a quelli nazionali: la giornata inizia alle 9.00-9.30. non prima. La presenza è più che altro formale e d’immagine e il poco lavoro vero ruota attorno alla comunicazione internet di conferenze e delibere. L’onere si riduce ulteriormente per i parlamentari, cui si chiede poco più di un atto di presenza. Gli unici a salvarsi sono forse gli uffici regionali, per l’intensa opera di valorizzazione delle micro-culture. Ma le rispettive nazioni, a cominciare dall’Italia, riducono questo impegno a una mera operazione di facciata, o poco più. Peccato davvero.

PRIMABRUXELLESQuesta è Bruxelles. Gerontocrazia radicata, formalismo avido, falsa utilità delle attività politiche, cospirazioni respirate e ansimate. Ma anche ambiente aperto e liberale, modernità, opportunità di lavoro e studio, tra svago e conoscenze nuove.Mobilità sociale e possibilità di crescita personale in ogni situazione. Se poi, come spesso accade, la chiarezza è offuscata da vari gradi di fumo, l’incessante trottola permette a tutti di partecipare della sua velocità, magari allontanando qualche nube.

 

Isabella Rosa Pivot

 



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