Aumentano del 12% gli interventi plastici sugli stranieri.


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CHIRURGIA ETNICALa globalizzazione tende a uniformare in tutto il mondo i modelli estetici facendoli convergere sui canoni di bellezza occidentali. Non a caso in tutte le grandi città asiatiche l’industria della bellezza è uno dei maggiori business del momento; in India si moltiplicano le scuole per modelle dove si insegna dizione, trucco, portamento e recitazione e cresce in tutta l’Asia la convinzione che la bellezza e la perfezione fisica per una donna siano sufficienti da sole ad assicurare denaro, felicità e amore. Già nel 1991 il NYTimes riferiva che I pazienti di chirurgia plastica di colore, ispanici o di origine asiatica, erano il 20% del totale.

Tutte queste attenzioni per l’estetica ed esigenze di perfezione non sono recepite solo dai ceti sociali più elevati ma crescono tra la gente comune. Una pelle chiara è vissuta come scorciatoia per il successo. Nei civilissimi Stati Uniti ancora oggi a parità di mansioni un nero guadagna meno di un bianco e allo stesso modo chi mostra tratti etnici marcati e riveli una origine legata a paesi ancora poveri o in via di sviluppo. Quindi già da alcuni anni è aumentato il ricorso a pratiche di medicina estetica e chirurgia plastica per modificare i tratti  allo scopo di minimizzare gli elementi distintivi e caratterizzanti l’origine etnica.  Il Sud e l’Est del mondo aspirano a modelli di vita occidentali e ritengono che modificare i propri tratti possa rappresentare una scorciatoia per un lavoro migliore, un salario più alto, successo, popolarità e accesso ad ambienti socialmente più elevati.

Gli interventi più richiesti della chirurgia plastica cosiddetta etnica sono la cantoplastica, ossia il rimodellamento degli occhi orientali per una forma più arrotondata e meno ‘a mandorla’, la rinoplastica per i soggetti mediorientali sia donne che uomini ma anche per gli afroamericani che chiedono anche la cheiloplastica ossia la riduzione del volume delle labbra e liposuzioni per il rimodellamento corporeo.

“Un fenomeno tutt’altro che marginale” sottolinea il Prof. Mario Dini, Specialista in Chirurgia Plastica,Ricostruttiva ed Estetica a Firenze e Milano, “e dalle complesse implicazioni psico-sociali che non possono essere sottovalutate dal medico. In realtà moltissime pratiche vengono eseguite da soggetti a basso reddito che cercano soluzioni economiche e spesso rischiose. Persone che si affidano a strutture dei loro paesi dove talora non vigono strette norme di sicurezza e igiene. Per non parlare dell’enorme sottobosco dei trattamenti fai-da-te e dell’uso di prodotti spesso vietati che in molti casi portano a danni molto difficili da risolvere”.  Il Professor Dini si è fatto accompagnare in questa analisi dalla Antropologa Culturale Genevieve Makaping estremamente attenta alle questioni della razza: “Il rischio di accettare incondizionatamente di intervenire su questi soggetti rispondendo sempre ‘si’ alle loro richieste è di lasciarle in un limbo culturale. Le persone che cercano di cancellare o minimizzare i propri tratti originari non sono completamente assimilate agli occidentali e si allontanano dal proprio gruppo sociale che spesso critica e stigmatizza questa scelta perchè si sente a sua volta discriminato”. Ma allora come regolarsi? “Le persone hanno spesso idee ‘fantastiche’ e attribuiscono ad un intervento sul corpo il potere di cambiare la propria vita” spiega Dini “La maggior parte delle volte non è così. E’ coerente pensare che una donna senza seno sia a più agio dopo averlo fatto ingrandire in modo che la sua immagine interiore corrisponda a quella reale, ma le questioni legate alla ‘razza’ sono molto più delicate, profonde, antiche. Il paziente straniero che desidera assimilare il suo aspetto a quello occidentale, universalmente considerato di successo, spera che il bisturi possa cambiare la ‘cultura’ e questo non è possibile. Stiamo quindi dicendo che modificare i tratti tentando di minimizzare l’origine geografica o razziale è sempre un errore?No, o almeno non in assoluto. Facciamo un esempio: il naso mediorientale è oggettivamente grande e sul volto delicato di una donna può appesantire e indurire i lineamenti. La rinoplastica quindi può migliorare l’aspetto e rendere una donna più bella in assoluto mentre schiarire la pelle con metodi aggressivi è uno stereotipo. Il rischio di assecondare tutte le richieste è di andare incontro ad una delusione e a una insoddisfazione. I media hanno fatto una enorme pressione per trasferire il concetto che la pelle chiara (uno degli stereotipi più comuni) sia legata alla possibilità di avere successo, ma questo è il frutto della necessità del marketing delle aziende di vendere prodotti sbiancanti e creme solari ad altissima protezione”.  “Questa pressione all’omologazione nasce in parte dalla mancanza di supporto e mediazione sociali nei paesi di origine e in quelli di destinazione. Molto spesso gli emigrati sono lasciati a loro stessi, con poche capacità di sviluppare i propri talenti e schiacciati da uno stigma che parte da loro stessi” continua la dottoressa Makaping.

L’India Times ha indicato la “beauty conscious” come una delle dieci tendenze più importanti di quest’anno appena iniziato: sempre più indiani vorranno investire in trattamenti cosmetici e nell’uso di prodotti con tecnologie d’avanguardia. E questo sarà valido sia per gli uomini sia per le donne. Nonostante ricerche genetiche abbiano ormai dimostrato che siamo discendenti di un unico gruppo che ha lasciato l’Africa per l’Eurasia circa 50mila anni fa, il colore scuro della pelle è sempre stato associato a ostilità, emarginazione, persecuzioni, razzismo, disprezzo, stigma, povertà. “Il volto ‘globale’ è in fondo una illusione. L’omologazione non è la soluzione. Al contrario dobbiamo lavorare affinché i vari tipi di bellezza siano valorizzati proprio per le loro peculiarità. Il modello donna longilinea, bionda e bianca è solo un prodotto dei media. E ormai sono stati svelati i ‘dietro le quinte’ che permettono di creare queste creature caratterizzate da ‘ultracorpi’ ideati al PC che non esistono in natura. La ricerca di un miglioramento soggettivo è legittima e va sostenuta, ma nei casi di trattamenti che abbiano come scopo la cancellazione di un tratto etnico vanno analizzati con grande accuratezza. Sono i casi in cui il rapporto medico-paziente assume una importanza cruciale.

 



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