Rosso profondo, la saggezza di un presidente del Consiglio. Succede solo a teatro
Con le parole di una poesia di Majakovski si chiude il monologo di Luigi Munari interpretato da Domenico Clemente in scena al teatro Millelire di Roma,dove si racconta l’Italia e l’italiettadiun presidente del Consiglio di un governo a direzione socialista cui, nel giorno del suo insediamento, viene data la notizia di essere affetto da un tumore che lo porterà sicuramente alla morte.
Avere pochi mesi di vita e niente altro da perdere pone il protagonista a guardare il mondo e il suo ruolo con occhi ed un approccio diverso, abbandonando tutti gli schemi e tutti i freni istituzionali.
Da giovane voleva pane e lavoro per tutti, una casa per ciascuno, le tasse per chi ha i soldi. Tutti sogni abbandonati sulla strada del potere, fino a quando, a un passo dall’ aldilà, decide di portarli a compimento: sovverte la mafia scatenando la ripresa dell’economia, tira fuori il coraggio e provoca scandalo continuo nel dire la verità.
Comportamenti scomposti che gettano nel panico la classica politica amica ed avversa, scatenando il favore della gente. Due elementi che lo traghettano sull’orlo di un precipizio pericoloso fino al momento in cui gli viene comunicato che la sentenza di morte contenuta nella sua cartella clinica gli è stata ascritta per sbaglio.
Improvvisamente tutto quello che era diventato semplice da fare torna torbido e la vera condanna, per lui, è rimanere in vita. Riprendere la commedia del suo ruolo istituzionale e riconsegnarsi al lunapark che aveva sbeffeggiato gli rimane impossibile. Con un lancio dalla finestra il presidente del Consiglio muore. Mai si saprà se per mani oscure o per propria volontà.
Domenico Clemente entusiasma per la sua capacità di sdoppiarsi, triplicarsi e quadruplicarsi, e con il solo cambio di posizione sulla ribalta, di postura, di intonazione della voce, di dialetto regionale sullo sfondo di una scenografia che riporta solo due poltrone rosse, rappresenta una moltitudine di personaggi e persone, ormai devastanti caricature di sé stesse e del nostro Paese che così “bel” non è più.
Lavinia Macchiarini
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