Armand Bulku o il suono delle parole: “Io, che ho chiuso Rimbaud in una gabbia”.


Add to Flipboard Magazine.

Nuovi talenti/ Intervista al giovane poeta ebreo albanese di lingua italiana.

bulku-armand

Ebreo albanese di nascita, calabrese di Reggio d’adozione, Armand Bulku, classe 1982, è un giovane e misconosciuto poeta di lingua italiana che ci ha incuriosito. Ecco l’intervista realizzata da Giancarlo De Palo.

 

Armand, ti so un poeta con un suo affezionato e nutrito fan club su Facebook, ma vorrei sapere da te se è poi così facile essere poeti oggi …

“Sinceramente è una domanda che non mi sono mai posto, perché il mio è un dono che non va mai represso. La poesia nella società odierna, il senso della poesia… io considero la nostra società virtuale, caratterizzata dal culto dell’immagine, la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, ecc…, una società nella quale è comunque ancora possibile ritagliarsi un angolo da offrire al dubbio, a qualcosa che resta da costruire su qualcosa. Per questo non mi preoccupo di come possa vivere un poeta oggi: per me è un tuffo nell’acqua calda, qualcosa di ritmico, di sensuale.”

Vogliamo tracciare, anche se ti so schivo, una tua piccola biografia?

“Il mio passato non è stato solo turbolento, ma disastroso, come si capisce dai versi. I miei genitori sono morti in un incidente stradale quando ero ancora molto piccolo, ma conservo un ricordo indelebile di mia madre.

Il problema è che credo che ognuno abbia avuto delle “mancanze a noi dovute”, e forse proprio questa distanza dalla mia vita privata, vissuta nell’infanzia fra collegi e mani sbagliate, hanno creato in me delle cicatrici talmente forti, che oggi sono un uomo che non conosce ancora la serenità e la vera pace dell’anima, ma sa solo assaporare la sconfitta in un determinato modo, mentre mi rendo conto che il mio vero nemico è stato l’autolesionismo dovuto alla mia profonda solitudine, che però benedico, perché è stata anche la fonte prima della mia ispirazione poetica.”

C’è quindi la tua consapevolezza della tua unicità, del tuo valore…

“Vuoi sapere perché c’è tanta verità nella mia arte? La consapevolezza del valore devi averla, ognuno è maestro di se stesso. Ogni persona è fatta a modo proprio, e la sua vanità poggia su qualcosa che ha ricevuto come dono.

Nel 2004, tornando da Edimburgo, scrissi una poesia che diceva: “Io sono arte immersa nell’arte, nessuna ferita e nessun dente pieno di sangue potrà mai toccare qualcosa che esiste già dall’eterno”.

In che consiste questo quid?

“Emotività, dovuta ad un passato che un uomo si porta dentro anche se non vorrebbe. A Roma nel 2005 scrissi un’altra frase forte che ha ricevuto su Facebook più di 30.000 condivisioni: “Ho puntato tutto sull’indifferenza di tutti ed ho vinto”.”

Quindi ti senti misconosciuto?

“Credo che io non sia parte di nessuna situazione artistica. Credo che ogni cosa che ricavo dalla comunità è sempre poca cosa per quanto riguarda il mio valore. Per altri può esserci il mestiere, per me quel che ricevo è sempre poco.”

Questa incontentabilità da dove viene?

“Dalle mancanze a me dovute”, come recitano i miei versi. Io nel luglio 2007 nei Navigli con Alda Merini, alla quale mi ero presentato e nella cui casa ho vissuto,  e che in quei giorni non era in gran forma… ci fermammo a prendere un caffè… anzi lei una cedrata… Allora mi chiese il perché della violenza dei miei testi, ed io le risposi che non avevo bisogno di essere la Bella Epoque della poesia, perché la poesia è uno scrivere ermetico, ed alcune volte si trasforma in adrenalina o in cattiveria. Qualche volta può essere anche scontrosa e pazza, può risultare dannosa.”

Da qui il mito di Rimbaud…

“Nel 2005 a Roma  io chiusi il “Meridiano” con le poesie di Rimbaud nella gabbia di un uccello, e ce lo lasciai per anni, perché da lui per primo mi era arrivata la sua violenza contro la società: è quando ho capito che la sua sostituzione di un mondo fatato alla realtà è una cosa sbagliata.”

Eppure non è sempre stato così, in passato, il destino e la fortuna della parola…

“E meno male. E’ per questo che prima di intraprendere il mio viaggio di autore ho letto 1500 poeti, da Costantino Kavafis a Puskin, da Poe a John Keats. Per non parlare del grande Kalil Gibran… Ho letto anche poeti africani, per cui ho girovagato nella conoscenza della poesia.”

Io però so di te che la poesia ti è sgorgata spontaneamente fin dall’infanzia, quando non avevi ancora letto nessuno…

“A sei anni io scrissi: “Cammino in una strada lenta,col pensiero di vedere l’alba come me l’avevano descritta. Io invece la vedo spenta.”

Dov’eri a sei anni?

“A Reggio Calabria, dalle suore di San Vincenzo de’ Paoli.”

Com’è attualmente il tuo rapporto con la religione?

“Eh, non lo so, io credo che l’uomo rinasca più volte nella sua vita. Non certo cambia mentalità o opinione, però comprendo che c’è qualcosa di talmente unico e potente che ti rende libero…. E’ uno stato d’animo però credere in Gesù Cristo. Anche se da giovane avevo l’abominevole abitudine di bestemmiare come un animale. Ma non ho mai perso la consuetudine di lavarmi le mani prima di prendere in mano la Sacra Bibbia: lo feci anche una volta che ne strappai una pagina bianca per farmi uno spinello…”

Eppure tu sei ebreo…

“Sì, di nascita: infatti sono stato regolarmente circonciso, ma dopo aver perso i miei genitori appunto in età precoce, ho avuto un’adozione da una famiglia calabrese cattolica, e sono stato molto influenzato dal periodo che ho vissuto dalle suore, che mi ha portato ad aderire al cristianesimo e a riceverne i sacramenti. E’ stata la religione per cui sono nato. I genitori hanno l’obbligo di portarti dove è meglio stare. La religione scelta per me è stata il cristianesimo. Ne sono grato ai Rapisarda, la mia famiglia adottiva, che mi battezzò come Andrea.”

Vogliamo accennare alla tua precoce perdita della mamma?

No comment.

In te l’aggressività e la superbia si sposano con la gentilezza dei gesti…

“E’ chiaro, perché io nella mia vita mi sono posto sempre un motivo di educazione. Se hai voglia di comunicare con delle persone, devi prima metterle a proprio agio, se no ti alzi e te ne vai, come amo dire.

La gentilezza dovrebbe essere naturale, invece è diventata qualcosa di raro, che io mi tengo, perché ho subito troppa violenza per non apprezzare a priori il fiore delle persone gentili.”

Cosa ha significato vivere a Roma per te?

“In due parole: una tempesta perfetta.”

E veniamo all’Armand di oggi: Armand padre di un bellissimo bambino di due anni, Cristopher… 

“Parlavamo prima della rinascita: con la sua nascita io sono rinato, ma non mi piace parlarne dei miei affetti sono talmente seri che le parole li potrebbero sporcare.

Quanto a me, sto scrivendo ancora come sempre e ripiegando a fare serate di slam poetry. Ho inciso la mia voce su grande base. Chi fortunato può vivere da poeta, oggi? Non è una poesia che paga un affitto o riempie la pancia, come ho dovuto imparare a mie spese. Il dolore, la fatica e il sudore: anche questa è poesia, se li sopporti per la persona che ami.”

Con grande soddisfazione, mi accenna poi ad oltre 150 persone che si sono tatuate le sue poesie sul loro corpo.

Il tuo attuale soggiorno a Reggio, prima di rientrare a Milano, ormai tua città d’adozione, perché lì vive la tua famiglia, è stato un tuffo nelle radici, per citare le parole della “Santa” ne La grande bellezza…

“E’ bello a volte camminare non nei vicoli ciechi delle tante città straniere che ho calpestato, ma nelle strade dove tu da bambino hai sorriso. E’ bello camminare perché riconosci la via di casa senza che nessuno te la indichi. Capisco che il tempo passa e diventa freddo, in lotta ad aggredire chi la mia felicità la mette sotto il fango. Capisco che nulla può toccarmi se non chi della mia vita si è preso qualche cosa via per sempre. E questa città lo ha fatto.”

“So di essere tra i migliori poeti al mondo, e questo non mi impaurisce, anzi mi dà modo di rinfrescare e non distruggere ciò che ho vissuto: la vita. Voglio essere ottimista.”

In bocca al lupo, Armand.

 

GDP
(rubrica: nuovi talenti)

 

RIQUADRATO – Versi di Armand Bulku.

L’invidia è un tumore. (40.000 condivisioni su Facebook).

Dedicato a chi piange la notte, perché gli altri dormono e non lo possono sentire.

Dedicato a chi soffre, ma che fuori vive con gli altri, facendo finta di niente.

Dedicato a chi nella vita sbaglia, e trova ancora la forza di riprovarci.

Dedicato a chi asciuga le lacrime degli amici e non chiede mai nulla in cambio.

Dedicato ai tuoi occhi fragili che adesso stanno leggendo me, che tra un po’ avrai già dimenticato.

Ma fa niente: la vita è fatta così.

 

Lieve è questa piccola paura che ha fatto dei miei ricordi giganti senza cuore.

 

Armand Bulku



Devi essere registrato per inviare un commento Entra o registrati