Storie di vita. Lontano, lontano, nella Korea del Sud


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COREA DEL SUDUn lungo volo con rotta polare mi condusse per la prima volta nella Korea del Sud, all’inizio degli anni ’80, in un mondo completamente diverso dal nostro.

Il primo impatto non fu niente di speciale: un grande aeroporto moderno, una grande città, colonne di macchine sulle strade; poi ci fu la prima sorpresa, molti tetti avevano una croce illuminata da lampadine, pensai che fossero molto religiosi, non lo sapevo, ma il nostro Agente mi spiegò che erano seguaci della Chiesa dell’Unificazione del Rev. Sung Myung Moon.

Dopo una giornata a pianificare il lavoro, era la mia prima volta in Korea, partimmo verso nord per visitare il primo cliente, non lontano dalla Korea del Nord. Il panorama era simile a quello della Cina orientale, l’Agente mi disse che in inverno faceva molto freddo e cadeva molta neve.

Fummo accolti cordialmente in uno stabilimento che faceva sentir freddo solo a guardarlo, fummo accolti in una saletta arredata con una stuoia per terra e basta; mi spiegarono che il proprietario era molto conservatore, per cui dovetti sedermi in terra a gambe incrociate, come gli indiani. Ci servirono un buon tè e degli stuzzichini: erano spicchi d’aglio!

Passammo qualche ora discutendo e poi ci trasferimmo in un ristorante, per fortuna c’erano le seggiole, avevo le gambe anchilosate. Mi spiegarono che usavano sia la cucina coreana che quella giapponese.

Mi accompagnarono poi a fare il giro turistico, mi portarono a Panmunjom, a vedere la sala dove venne stipulata la pace dopo la guerra sanguinosa.

Nei dintorni di Panmunjom, il mio amico mi mostrò che tutte le strade e le gallerie erano minate per contrastare un’eventuale invasione dal Nord. Scopersi anni dopo che anche le strade e le gallerie sul confine Italia – Svizzera erano minate…

A mio parere le donne in Korea erano molto più belle degli uomini, a meno che non si vestissero con l’abito tradizionale che le faceva assomigliare a dei grandi sacchi. Imparai un’altra cosa: decisamente era un Paese maschilista, le donne si avvicinavano sempre all’uomo con riverenza, anche le ragazze moderne che studiavano dovevano adeguarsi.

I molti anni di permanenza americana avevano indubbiamente portato qualche modernizzazione per cui a mio giudizio sembrava un Paese con due anime: la prima orientale originale e l’altra moderna importata.

Tornai molte volte, trovai sempre un’ottima atmosfera, ma a volte mi ritrovavo a disagio, forse per l’odore che aleggiava in giro: incenso e aglio.

Era il 1986, il mio solito albergo a Seoul era in pieno caos: dopo due giorni sarebbero arrivati in visita ufficiale il Presidente americano Reagan con la moglie Nancy e il corteo sarebbe passato davanti all’albergo che, nel frattempo, a parte i vecchi clienti come me, era stato adibito ad accogliere la stampa.

Controlli a non finire, mi venne dato un “badge” da mettere al collo e un pass da mostrare per entrare in albergo. Il giorno dell’arrivo decisi di starmene in stanza che aveva una finestra a bovindo che si affacciava sulla strada principale, l’arrivo era previsto nel pomeriggio, ma fino dall’alba la strada era transennata e i tetti erano abitati da cecchini americani e coreani.

Mezz’ora prima dell’arrivo, sentii bussare alla porta: un americano alto, capelli a spazzola, vestito di grigio, si presentò dicendo:”Io sono americano, sono qui per lavoro, vendo macchine per il legno, vorrei vedere il mio Presidente ma purtroppo la mia camera si affaccia sul retro, posso guardarlo dalla sua finestra?”

Educatamente lo feci accomodare in una delle due seggiole nel bovindo, gli offersi da bere ma non volle niente.

Ritengo di essere una persona molto buona e aperta, ma non sopporto chi mi racconta delle storie pensando che io sia un minorato mentale.

Andai all’attacco:”Ha cambiato di stanza? Ieri notte è entrato in una camera più avanti di questa che si affaccia sulla via principale come la mia.” Mi disse che mi sbagliavo, forse lo confondevo con altri.

“Mi ha detto che vende macchine per il legno?” domandai, risposta affermativa, continuai:”Non sapevo che vendere macchine per il legno fosse un mestiere pericoloso. Gli animali nei boschi?”

Mi rispose che le macchine erano per le segherie. Insistetti:”Non capisco bene, ma se non è in contatto con animali feroci, a cosa le serve la pistola Smith & Wesson calibro 38 Special con canna da 2” che porta nella fondina ascellare destra, per cui è mancino? Quel filo dietro il padiglione auricolare è forse una ricetrasmittente?”

Dissi che forse era meglio che chiamassi la polizia, avevo paura che potesse attentare al Presidente Reagan, anche se non capivo come a quella distanza potesse centrare un bersaglio con una canna da 2”!

A malincuore si dichiarò, era un Agente dei Servizi Segreti, ma ci voleva tanto?

Un’altra volta invece feci un gran di ridere, dopo….

Avevo due tecnici che stavano riparando un impianto ed erano alloggiati in un bell’albergo con laghetto e relativo tempietto.

Finito il lavoro, i due tecnici fecero una passeggiata intorno al lago, che era pieno di carpe molto grosse, poi uno di loro andò a riposare e l’altro, pescatore appassionato, decise di andare a pescare.

Ricuperò nella borsa da lavoro le attrezzature e si recò sulla sponda……mi fu facile poi ricostruire il resto della storia ascoltando le varie versioni delle persone coinvolte.

Appena catturata la prima carpa, da dietro il tempio spuntò un bonzo infuriato che gridava in coreano, il mio collega non capiva la lingua, ma, stufo di sentirsi gridare addosso si mise a gridare in inglese e in italiano, incominciarono a darsi spintoni e dall’albergo arrivarono velocemente due fattorini a sedare la rissa.

Arrivò anche la polizia che prelevò il mio collega e lo portò in galera. Il portiere chiamò il collega che dormiva che chiamò me, che chiamai il rappresentante e in un’ora di guida arrivammo sul posto.

L’Agente, coreano, chiarì subito il problema, fece liberare il tecnico che finalmente capì il problema: le carpe erano sacre! Se la cavò con un’oblazione al tempio….. Tutto finì con una bella bevuta.

L’aeroporto di Seoul fu uno dei primi a vietare il fumo: costruì un locale con pareti di vetro dove si poteva fumare, additati dai non fumatori che stavano fuori a guardare, veramente stressante.

Visitai la Korea del Sud anche d’inverno, molto freddo, neve, ghiaccio sulle strade.

Arrivai al confine della Korea del Nord con la Cina, un traffico enorme e una povertà che si sentiva a fiuto….

Sandro Emanuelli

 

 



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