Premio Sakharov a Denis Mukwege, il medico che ricuce corpo e anima delle donne vittime di violenze


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“La nostra colpa è il silenzio”. Forse sono queste le parole  pronunciate da Denis Mukwege  a cui è stato assegnato il Premio Sakarov 2014, che faranno eco nella mente e nel cuore di chi sa e non denuncia le violenze sulle donne.  Mukwege, che  dirige un ospedale nella Repubblica Democratica del Congo, in questi ultimi quindici anni ha curato migliaia di vittime di stupro commessi da miliziani. Una violenza che nel continente africano è numericamente così alta da essere equiparabile a sterminio di massa.

“I corpi delle donne sono diventate un vero campo di battaglia – ha sottolineato il medico – e per questo è importante assicurare un risarcimento per le sopravvissute e i sopravvissuti agli stupri, combattere l’impunità di chi ha commesso questi crimini”.

“Ogni donna violentata – ha dichiarato Mukwege facendo percepire alla platea i profondi ed intimi valori che guidano la sua professione di medico e il suo spirito di uomo – la identifico in mia moglie, ogni bambino con i miei figli, ogni madre con mia madre”.

Quello assegnato dal Parlamento europeo nell’emiciclo di Strasburgo è un riconoscimento che ha la missione di puntare i riflettori sull’impegno  di chi difende la libertà di pensiero e che vuole fungere da cassa di risonanza mediatica mondiale, di cui i cinquecentomila cittadini dell’Unione europea sono solo i principali testimoni.

Quest’anno la cerimonia si è conclusa con un gioioso canto dal sapore tribale proveniente dalla tribuna affollata di cittadini congolesi, giustamente noncuranti del protocollo Ue, che ha ricondotto a sentimenti di vittoria del sacrificio personale sulla bestialità, dello spirito di solidarietà collettiva sulla la malvagità dei singoli.

“Il primo scioccante caso di cui mi sono occupato  – ha raccontato il dottor Mukwege a margine della premiazione – era una donna a cui, dopo  aver subito violenza da parte di sette uomini, hanno sparato nel ventre, distruggendo per sempre l’apparato genitale. Pensai che l’uso dell’arma da fuoco fosse stato perpetrato da un malato di mente. Purtroppo nel corso degli anni ho dovuto constatare che il gesto è un rito voluto con determinazione, per aggiungere la deturpazione fisica perenne alle sofferenze psicologiche della vittima. E così, io che ho scelto di fare il medico per occuparmi di vita e ridurre la mortalità  neonatale, mi sono ritrovato a curare le ferite del corpo e dell’anima causate dalla stupidità umana”.

In Italia la violenza di genere culmina sempre più spesso con il  femminicidio: sono state 157 le donne uccise nel 2012 e 179 nel 2013, un incremento della ferocia di uomini che  troppo spesso si sono dichiarati “pieni di amore” fino all’istante precedente il gesto letale. Una sopraffazione fisica scatenata dall’insano desiderio di impossessarsi della vittima, negando in maniera incontrovertibile la sua possibilità di scelta. I recenti strumenti legislativi, anche contro la sola violenza psicologica, stanno finalmente  cominciando a punire chi si rende responsabile di crimini fino a poco tempo fa privi di effetti e sentenze legali.

E’ proprio la lotta  all’impunità  uno dei prossimi obiettivi stigmatizzati da Mukwege. E per questo, nell’emiciclo di Strasburgo, ha esortato anche i suoi connazionali ad impegnarsi nel mettere a punto in prima persona i sistemi di giustizia e “permettere così gli interessi di tutti e non solo di alcuni”. Un messaggio ulteriore per dare nuova linfa e nuova energia ad una battaglia che pare non finirà presto.

Lavinia Macchiarini

 

 

 

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